Ccee: a Varsavia le sfide di secolarizzazione, disoccupazione ed emigrazione
È stato il vice-presidente del Ccee e presidente della Conferenza episcopale polacca,
mons. Jozef Michalik, ad aprire ieri pomeriggio i lavori dell’incontro dei segretari
generali delle Conferenze episcopali in Europa che si incontrano a Varsavia fino a
domenica 30 giugno presso la sede della Caritas polacca. Mons. Michalik - riporta
l'agenzia Sir - si è soffermato sulla situazione della Chiesa cattolica in Polonia
e le sfide attuali poste dalla società quali la grande disoccupazione e la forte emigrazione
che preoccupano particolarmente la Chiesa locale. Mons. Wojciech Polak, segretario
della Conferenza episcopale polacca, ha sottolineato l’importanza che riveste il tema
della nuova evangelizzazione in Polonia, a Varsavia in particolare dove il beato Giovanni
Paolo II disse, nel 1979, che “la Chiesa ha portato alla Polonia Cristo, cioè la chiave
per la comprensione di quella grande e fondamentale realtà che è l’uomo. Non si può
infatti comprendere l’uomo fino in fondo senza il Cristo. O piuttosto l’uomo non è
capace di comprendere se stesso fino in fondo senza il Cristo” (1979, Piazza della
Vittoria). Per il vescovo Polak, “anche l’Europa non riuscirà a comprendere e a capire
se stessa senza Cristo, la viva speranza per le nostre Chiese e i nostri popoli”.
Dal canto suo mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea-Mare (Romania) e vice-presidente
della Comece ha affermato che “le conseguenze del secolarismo hanno provocato un’ingiustificata
emarginazione di Dio e questa ha comportato un forte disorientamento dell’identità
personale, per cui si diventa incapaci di giustificare se stessi e l’orientamento
della propria esistenza”. Oggi “manca sempre più una visione del futuro”, ha detto
il presule. Inoltre, “stiamo assistendo a un disfacimento della cultura della famiglia
e del bene comune che vengono sostituite dall’egocentrismo”. Non solo: “La cultura
contemporanea è diventata pragmatica, scettica nei confronti della conoscenza di Dio
e delle realtà spirituali fino all’agnosticismo, segnata da un indifferentismo religioso
che si esprime tramite il promuovere un umanismo senza Dio e senza Gesù Cristo”. Per
mons. Bercea, ci troviamo anche “davanti all’emergenza di una cultura modellata dai
mass media”: “Il flusso informativo invade quantitativamente la capacità cosciente
di percezione dell’individuo, ma 'getta’ senza discernimento informazioni sia vere
che false; promuove con la stessa facilità sia le trasgressioni etiche e l’immoralità
sia i valori perenni della verità umanista e dei fondamenti cristiani della cultura
europea”. A ciò si aggiunge una classe politica europea “priva dei valori fondanti
dell’unità culturale proposta dai Padri fondatori”. Perfino coloro che si dicono “cristiani”
in politica “omettono di ascoltare la voce dei cristiani credenti”. Di fronte a questo
quadro “la nuova evangelizzazione è necessaria oggi più che mai”. Per dare “risposte
adeguate” mons. Bercea ha offerto alcune piste: “È importante che si chiariscano le
fondamenta dei contenuti basilari della fede e della cultura ed è per questo che si
deve approfondire il significato teologico e pastorale della nuova evangelizzazione”.
Occorre “promuovere e favorire lo studio, la diffusione e l’attuazione del Magistero
pontificio relativo alle tematiche connesse con la nuova evangelizzazione”. Far conoscere
e sostenere iniziative legate alla nuova evangelizzazione significa “restituire ai
cristiani un’identità credente forte per i contenuti che la sostengono e ricca per
un profondo senso di appartenenza alla Chiesa”. L’avvicinarsi, poi, “tramite la preghiera
agli altri cristiani è una via verso la reciproca conoscenza, verso la guarigione
delle ferite della storia ed è un passo verso il ristabilire l’unità della Chiesa
divisa dai vani desideri degli uomini che non conoscono il vero Dio”. È necessario,
infine, “favorire l’utilizzo delle forme moderne di comunicazione, come strumenti
per la nuova evangelizzazione”. (R.P.)