Il vescovo ausiliare di Buenos Aires: con il suo stile il Papa rende vive le parole
del Vangelo
Misericordia e tenerezza: sono fra le due prime parole usate da Papa Francesco all’inizio
del suo Pontificato. Nelle Messe della mattina a Casa Santa Marta ma non solo, il
Papa è tornato anche su altri termini che in qualche modo sembrano caratterizzare
il suo magistero, come magnanimità, amore ai nemici, comunione. A più di tre mesi
dall’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio al Soglio di Pietro, ripercorriamo
alcuni aspetti del suo pensiero con l’aiuto del vescovo ausiliare di Buenos Aires,
mons. Eduardo Garcia che conosce Papa Francesco da oltre 20 anni. Il servizio è di
Debora Donnini:
Magnanimità,
amore ai nemici, annunciare il Vangelo, andare alle periferie esistenziali, essere
cristiani gioiosi. Papa Francesco più volte ha dipanato questi concetti che sembrano
rimandare ad una questione centrale: la conversione personale. Conversione legata
ad un rapporto con Gesù Cristo a cui il Papa esorta. Sentiamo mons. Eduardo Garcia:
“El
Papa, lo que va haciendo es un discernimiento de la vida… Quello che sta
facendo il Papa è un discernimento della vita a partire dal Vangelo e chiaramente
lì c'è il tema della conversione, lì c’è la fonte della nostra vita di fede. Io credo
che ogni mattina il Papa, quando fa la sua riflessione sul Vangelo, lo applichi concretamente
alla vita: da lì passa la nostra vita cristiana, per fare questo discernimento di
leggere la nostra vita alla luce del Vangelo. E’ chiaro che in questo ogni mattina
il Papa è molto concreto perché non parla di temi, ma parla del Vangelo e lo porta
nella realtà. In questo appare la sua radice 'gesuita': discernere la vita”.
Un
altro aspetto affrontato dal Papa è quello dell’amore al nemico di cui ha parlato
come di una “saggezza tanto difficile, ma tanto bella perché ci fa assomigliare al
Padre, al nostro Padre” che “fa uscire il sole per tutti, buoni e cattivi. E ci fa
assomigliare al Figlio, a Gesù, che nel suo abbassamento si è fatto povero per arricchirci,
a noi, con la sua povertà”. Ancora mons. Garcia:
“Es el centro también de
nuestra fe... E’ anche il centro della nostra fede: Gesù che viene a riconciliarci
con il Padre che ci riconcilia fra di noi. Credo che quello che il Papa stia facendo
sia di tornarvi su, affinché non dimentichiamo le radici e il fondamento della nostra
fede. Il Papa proclama l’amore universale di Gesù”.
Un'altra parola-chiave
di Papa Francesco sembra essere “magnanimità”, larghezza di cuore tanto che, sempre
in un’omelia della Messa a Casa Santa Marta, ha detto che “il cristiano è una persona
che allarga il suo cuore, con questa magnanimità, perché ha il ‘tutto’, che è Gesù
Cristo. Le altre cose sono il ‘nulla’. Sono buone, servono, ma nel momento del confronto
sceglie sempre il ‘tutto’, con quella mitezza, quella mitezza cristiana che è il segno
dei discepoli di Gesù: mitezza e magnanimità”. Papa Francesco, dunque, usa parole
dirette per discorsi profondi teologicamente e umanamente…
“El Papa usa
palabras simples, que pueden entender todos… Il Papa usa parole semplici,
parole che possono essere comprese da tutti, che può comprendere l’uomo comune. Quando
parla di magnanimità, parla di un cuore grande, di un cuore che sia capace di amare
tutti, un cuore che sia capace di offrire, di soffrire e soprattutto di un cuore che
sia capace di amare coloro che più hanno bisogno, i più poveri. E lui unisce due cose,
perché quando parla di magnanimità, parla anche delle 'periferie', le 'periferie esistenziali':
la vita che è ai margini a livello economico, sociale, in diversi aspetti... Parla
di avere un cuore grande per amare queste realtà, per poterle portare nel cuore, per
poterle aiutare: di un cuore grande come quello di Gesù Cristo. Credo che questo sia
il messaggio del Papa e quello che fa abitualmente: avvicinarsi alle periferie, perché
sono proprio quelle che ama più il Signore, sono i prediletti. Questo quello che mi
ha raccontato: dopo un’udienza del mercoledì, dopo aver salutato molti infermi, qualcuno
gli ha detto: 'Non le sembra che siano molti e bisognerebbe che ve ne fossero meno?'.
E Lui ha risposto: 'Facciano venire tutti quelli che possono, che io li saluterò tutti,
perché loro mi apriranno la porta del Cielo'”.
In un recente discorso a
una delegazione del Comitato Ebraico Internazionale per le consultazioni interreligiose,
il Papa ha detto: “Per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita”,
facendo tra l’altro riferimento alla Dichiarazione Nostra Aetatae del Concilio
ecumenico Vaticano II. Papa Francesco quando era cardinale a Buenos Aires aveva relazioni
di grande amicizia con esponenti del mondo ebraico come ci conferma mons. Garcia:
“El
ha tenido dos posiciones… Ha avuto due posizioni. Credo non sia soltanto
un atteggiamento formale, diciamo così, per compiere quello che dice il Concilio,
ma ha sempre avuto verso membri del popolo ebraico anche un atteggiamento affettivo,
di amicizia concreta, che va al di là di quello che ci invitano a vivere i documenti.
E’ molto amico di un rabbino, con il quale ha condiviso un programma televisivo per
molto tempo, ha fatto il prologo a un suo libro e anche il rabbino ha fatto il prologo
a un libro dell’allora cardinale Bergoglio. Lui ha dunque un atteggiamento di buone
relazioni, ma anche affettivo e di vicinanza con membri del popolo ebraico”.