2013-06-26 15:20:50

Obama annuncia la svolta “verde” e impegna 8 miliardi di dollari


“Gli Stati Uniti vogliono essere il Paese leader globale nella lotta al cambio climatico”: è quanto ha affermato il presidente statunitense, Barack Obama, presentando martedì alla Georgetown University di Washington l’ambizioso piano per la riduzione delle emissioni inquinanti. Obama propone una riduzione entro il 2020 del 20% dell'energia elettrica consumata dal governo federale, che sarà compensata da fonti rinnovabili. Obama assicura che sono pronti otto miliardi di dollari in garanzie sui prestiti per i progetti finalizzati a ridurre le emissioni da carbone e da altre materie prime fossili. Fausta Speranza ne ha parlato con Dennis Redmont, già direttore dell’agenzia Associated Press Italia:RealAudioMP3

R. – È una promessa che Obama aveva fatto durante la campagna elettorale: quella di avere una “agenda verde”, ecologica. Aveva promesso di abbassare la proporzione dell’emissione di gas sotto i livelli del 2005 prima dell’anno 2020. Ha scelto questo momento perché è in pratica un presidente che non ha più bisogno di essere eletto perché già al secondo mandato, perciò deve prima fare fede alle sue promesse elettorali, poi deve avere quella che viene chiamata “legacy” - cioè un’eredità - dove possano dire che Obama ha fatto il massimo. Poi, se questo sarà approvato o no, è ancora tutto da vedere perché in America c’è una grande lobby dell’industria del carbone e quando si parla di questo vuol dire abbassare la produzione di carbone, cosa che per l’America potrebbe rappresentare un punto in meno del prodotto nazionale lordo.

D. – A livello politico, chi potrebbe dare voce a questa lobby contraria ad un’evoluzione in senso ecologista?

R. – In generale, sono certamente i repubblicani, ma anche una “lobby delle energie” che tenta di essere un po’ trasversale e che adesso, per esempio, si lamenta del fatto che gli Stati Uniti non approvano un gasdotto che verrebbe dal Canada - chiamato "Keystone pipeline" - che potrebbe portare dal Canada nuove risorse energetiche. L’America si trova tra la sua indipendenza energetica con vecchi mezzi e il fatto che non vuole dipendere dall’estero. Perciò, vorrebbe ribilanciare le sue provvigioni dal Medio Oriente per essere più autosufficiente. Insieme con questo, c’è tutta un’altra industria che bisogna incentivare, ma anche tutta una serie di misure di efficienza – per esempio abbassare il carbone delle macchine, riscaldare le case più efficientemente – e l’America ha più strade da percorrere paradossalmente che l’Europa.

D. – Potrebbe significare l’adozione del Protocollo di Kyoto dopo l’apertura di Clinton e lo stop di Bush?

R. – Diciamo che il Protocollo di Kyoto tutti lo considerano morto, però gli Stati Uniti sono impegnati con la promessa di abbassare i gas dal 17%, sotto i livelli del 2005 prima del 2020. Obama ha fatto questa promessa alle Nazioni Unite, durante la Conferenza sul clima a Copenaghen, nel 2009, e vuol mostrare che è un uomo di parola.

D. – Però, dell’adozione di Kyoto non se ne parla…

R. – Diciamo che il problema è che tutti hanno dato voce a buoni propositi, ma dall’Italia ai Paesi europei, dagli Stati Uniti e soprattutto i Paesi in via di sviluppo, quando si è trattato di realizzare non c’è stata una corrispondenza con i fatti.

D. – Bisogna dire che dopo l’adesione della Russia in realtà poteva diventare concretamente operativo proprio con l’adesione da parte anche degli Stati Uniti…

R. – Sì ma l’adesione della Russia è stata un po’ come per altri Paesi: la Russia è un Paese ad alta concentrazione di produzione energetica e non ha adottato concretamente gli standard imposti dal trattato di Kyoto, dopo averli forse votati ma non tradotti poi in azioni.

Ultimo aggiornamento: 27 giugno







All the contents on this site are copyrighted ©.