Bruxelles: alla Settimana della speranza la testimonianza dei monaci di Tibhirine
L’amore per l’Algeria vissuto fino alla morte dei monaci di Tibhirine “sono un segno
dato al nostro tempo alle società europee. Invitano a progredire con fiducia sull’esperienza
dell’alterità tra i popoli europei, tra religioni differenti, tra credenti e umanisti,
tra uomini e donne per costruire un’Europa che non sia solo un mercato economico ma
soprattutto un’arte del vivere insieme”. Con queste parole padre Christian Salenson,
dell’Istituto cattolico del Mediterraneo di Marsiglia, ha presentato ieri mattina
a Bruxelles la figura di Christian de Cherge, priore dei monaci di Tibhirine rapiti
e uccisi da un gruppo di terroristi islamici nel maggio del 1996. A questa testimonianza
di “dialogo e comunione” vissuta fino allo spargimento del sangue è stata dedicata
la terza giornata di riflessione e preghiera della Settimana della speranza: un vero
e proprio pellegrinaggio nel cuore dell’Europa alla ricerca dei segni di speranza
seminati dalla presenza cristiana in questo continente. Promossa dai vescovi della
Comunità europea (Comece), la Settimana si conclude domani con una messa nella Chiesa
di Notre-Dame au Sablon celebrata dal nunzio apostolico presso l’Unione europea, monsignor
Alain Lebeaupin. “Le nostre costruzioni politiche - ha detto il professore di Marsiglia
- possono sembrare in questi tempi laboriose ma non dobbiamo mai cessare di credere
che si iscrivono in un disegno misterioso del Padre che è un disegno di unità e riconciliazione:
non l’unità di Babele che livella e schiaccia le culture ma l’unità della Pentecoste
che coltiva e si arricchisce del rispetto di tutte le differenze”. Era stato questo
sogno di riconciliazione a guidare la vita di Christian de Cherge fino a fargli decidere
di non lasciare l’Algeria nonostante minacce e pericoli perché “i fiori dei campi
non cambiano posto per cercare i raggi del sole. Dio si prende cura di loro facendoli
fecondare laddove sono”. Christian de Cherge credeva nell’Algeria, anche se l’Algeria
dubitava di se stessa. E questa fiducia vale anche per l’Europa di oggi: “I popoli
europei dubitano di se stessi - ha aggiunto Salenson -, si ripiegano su se stessi,
si chiudono nelle loro particolarità, si dividono al loro interno. Questi popoli hanno
allora bisogno di uomini e donne che segretamente nella preghiera e pubblicamente
nell’amore disinteressato li conducano ad avere fiducia in se stessi e ad aprirsi
agli altri, sapendo che ogni popolo ha un posto unico nel cuore di Dio”. (R.P.)