Turchia: i ministri degli Esteri Ue sbloccano il negoziato per l'adesione
I ministri degli Esteri Ue, riuniti a Lussemburgo, hanno sbloccato il negoziato con
la Turchia. A confermarlo la presidenza irlandese di turno sottolineando che la Conferenza
intergovernativa di adesione all’Unione Europea avrà luogo dopo la presentazione del
rapporto annuale della Commissione sui progressi fatti da Ankara in termini di giustizia
e rispetto dei diritti politici, previsto per ottobre. Come valutare questo risultato?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Bruna Soravia, docente di Storia
dei Paesi islamici presso Università Luiss-Guido Carli di Roma:
R. – Ogni valutazione
è naturalmente sottoposta al giudizio della cronaca, nel senso che, come sappiamo,
tutto quello che viene detto in ambito mediorientale è soggetto al cambiamento immediato.
Quello che si può ipotizzare è che sicuramente vi sia un interesse da entrambe le
parti a riprendere questi colloqui. L’interesse dell’Unione Europea ad indirizzare
il corso degli eventi in Turchia e, più in generale, nell’area mediorientale, in questo
momento, é un interesse evidente del governo turco a legittimarsi come governo democratico,
nonostante, appunto, le repressioni delle manifestazioni a piazza Taksim, appoggiandosi
all’Unione.
D. - Una delle condizioni da sempre poste da Bruxelles è stato
il rispetto dei diritti umani e politici. Quanto accaduto nei giorni scorsi con le
proteste di piazza Taksim può influire in qualche maniera in questo processo di avvicinamento?
R.
– Questo è il motivo che è stato preso dalla Germania per opporsi alla riapertura
di questi colloqui. A me sembra che la Turchia abbia in realtà già iniziato a muoversi
da tempo nella direzione di accogliere la maggior parte delle richieste sostanziali
europee. Io credo, ad esempio, che l’inizio dei colloqui di conciliazione con il Pkk
curdo, alla fine di maggio, vada considerato in questo senso.
D. – Sappiamo
che la Turchia è un partner strategico della Nato. Nel gioco di forze tra Unione Europea
e Alleanza Atlantica chi la spunta?
R. – La spunta quello che ha più peso internazionale.
Sicuramente, in questo momento, fino a pochissimo tempo fa, la Turchia si muoveva
in un’ottica che risponde di più al piano generale di pacificazione del Medio Oriente,
lanciato dal governo americano, dopo il 2011. Anche quello che la Turchia ha fatto,
quindi, e ha dichiarato di voler fare nei confronti della Siria, va visto in quest’ottica.
E anche in questo senso, l’Unione Europea ha interesse a riprendere questo progetto
strategico turco e ad inserirlo in un’ottica, invece, europea, più propriamente europea.
D. – La Turchia è sempre stato definito un Paese ponte tra Medio Oriente ed
Europa. Cosa cambierebbe, se effettivamente Ankara riuscisse ad entrare nell’Unione
Europea?
R. – Era più facile rispondere qualche anno fa, quando la Turchia
era completamente dalla parte di questa integrazione; in questi tre anni di stallo
– ricordiamo che la Turchia dal 2005 è entrata in quest’area di pre-integrazione e
vi è rimasta bloccata per tre anni – non solo l’Europa si è allontanata dalla Turchia,
ma anche la Turchia si è allontanata dall’Europa, e questo è un fatto molto più grave,
mi sembra. Mentre oggi è interessante riprendere questo processo di avvicinamento
culturale anche della Turchia all’Europa. Parliamo però di un’Europa molto meno chiara
nei suoi obiettivi e di una Turchia molto più chiusa nei propri obiettivi.