Centrafrica: appello alla riconciliazione dei vescovi
“Inaudito!”: è questo l’aggettivo che ricorre più volte nel messaggio diffuso dalla
Conferenza episcopale centrafricana (Ceca), al termine dell’Assemblea ordinaria svoltasi
a Bimbo dal 12 al 23 giugno. “Inaudito” è il difficile momento storico che sta attraversando
il Paese, devastato dalle violenze dei ribelli della Seleka, (“Alleanza” in lingua
sango), perpetrate dopo il colpo di Stato del 24 marzo, che ha portato al potere l’ex
capo della ribellione, Michel Djotodia. Inaudito, scrivono i vescovi, è il bilancio
delle vittime, la distruzione del tessuto sociale, il trauma vissuto dalla popolazione.
E inaudite sono anche le ripercussioni del conflitto sul piano economico, in cui prevalgono
gli interessi personali e la gestione irrazionale delle risorse. Drammatica anche
la situazione politico-amministrativa, soprattutto dopo che la Seleka ha deciso di
distruggere l’archivio dell’amministrazione pubblica, “annullando la memoria nazionale”,
“attentando all’esistenza stessa del Paese” e “mettendo in discussione l’autorità
dello Stato”. I vescovi, inoltre, si dicono preoccupati per l’anno scolastico interrotto
a causa degli scontri e per l’esercito regolare ormai soppiantato da “un aggregato
di uomini armati privi di etica e di deontologia, che continuano a comportarsi da
ribelli, imponendo la loro legge con le armi”. “Nel Centrafrica - considerano con
amarezza i presuli – la vita non ha ormai alcun prezzo” e in quest’ottica condannano
duramente l’arruolamento dei bambini-soldato, così come “la profanazione dei luoghi
di culto cristiani messa in atto dalla Seleka”. Di fronte a tali calamità vissute
dal Paese, la Ceca si appella ai fedeli affinché testimonino, oggi più che mai, “la
fede e la speranza”, continuando ad “annunciare il Vangelo” e la “buona novella di
salvezza”. E ciò implica, sottolineano i vescovi, anche un impegno nel campo politico,
economico e sociale perché “la fede comporta una dimensione socio-politica”. Di qui,
l’invito a contrastare tutto ciò che “frena lo sviluppo della nazione”, come “il nepotismo,
il clientelismo, la corruzione, l’impunità, l’accaparramento dei beni pubblici e la
violazione dei diritti umani”. Infine, con l’obiettivo di intraprendere “un cammino
di riconciliazione e di ricostruzione sociale”, i presuli incoraggiano l’istituzione
di “una piattaforma di dialogo tra leader religiosi cattolici, protestanti e musulmani”,
anche per “dissipare eventuali tensioni religiose” e per “testimoniare la fede nella
carità”. (I.P.)