Usa, Kerry: non ci sono condizioni per negoziare con i talebani
Al momento “non ci sono ancora le condizioni'' per un negoziato con i talebani afghani.
Lo ha affermato il Segretario di Stato americano John Kerry. Gli Stati Uniti – ha
detto ancora – hanno però intenzione di dare il loro contributo alla pace, dialogando
con i rappresentanti degli insorti, che hanno aperto un ufficio politico in Qatar
con il proposito di avviare un dialogo con il mondo intero. Un’offerta immediatamente
raccolta dalla Casa Bianca. Intanto lunedì l’inviato di Washington, Dobbins, è giunto
a Kabul per colloqui con il presidente Karzai, che non ha gradito l’esclusione delle
istituzioni afghane dai colloqui con i talebani. Emanuela Campanile ha chiesto
un’analisi a Valerio Pellizzari, già corrispondente di guerra ed esperto di
Afghanistan:
R. – Questa
è stata una trattativa, almeno per quanto riguarda il Qatar, esclusivamente tra americani
e talebani. L’equivoco è se si pensa che Karzai sia uno dei protagonisti di questa
morsa diplomatica, perché in realtà lui è una comparsa di seconda fila.
D.
– E Washington quindi con chi si interfaccia?
R. – I due gruppi principali
a Goa sono il gruppo moderato sostenuto dalla Turchia e il gruppo intransigente storico
sostenuto dal Pakistan. Già il fatto che questi due gruppi abbiano comunque alle spalle
due Paesi islamici, secondo me è già qualcosa di più efficace che può portare a un
accordo o a qualche cosa di consistente, più di quando alle spalle ci sono invece
Berlino, Washington, Londra o Parigi.
D. - E’ anche un dialogo tra fazioni
moderate…
R. – Alla fine, hanno deciso di sedersi al tavolo anche questi talebani
– la cui reputazione è quella che tutti conosciamo – perché in realtà ci sono due
fatti. Gli Stati Uniti, circa un anno fa, dissero che a metà del 2013 loro avrebbero
interrotto le operazioni di guerra in Afghanistan. In sintesi vuol dire che avrebbero
smesso di combattere, a metà 2013, cioè tra qualche giorno. Parallelamente si apre
la trattativa, quindi non c’è granché di casuale. Questa è una cosa. L’altra è che
dall’inizio di gennaio il gruppo dirigente politico si prepara a sostituire Karzai
a Kabul, perché il suo mandato non può più essere rinnovato secondo quanto dice la
Costituzione. Loro hanno detto chiaramente ai talebani: tornate e tornate con le vostre
famiglie. Questa è intanto un’idea, un progetto esclusivamente afghano, che nessuno
all’estero aveva pensato. Se si fanno tornare questi guerrieri vagabondi, solitari,
alcuni dei quali combattono da 25 anni, è come dire: mettetevi a lavorare nella vostra
terra più che continuare in questo ruolo di nomadi della guerra.