Dal Papa il leader dei "qom" argentini per parlare dei diritti dei nativi in America
Latina
La situazione dei popoli indigeni, con il carico dei gravi problemi di sussistenza
che spesso la caratterizza, è stata al centro dell’udienza che lunedì mattina Papa
Francesco ha concesso a Félix Díaz, leader dell’etnia Qom della comunità argentina
“La Primavera”, accompagnato dal Nobel per la pace, Adolfo Pérez Esquivel. Manifestando
gratitudine al Papa per l’incontro, Félix Díaz gli ha espresso – si legge in una dichiarazione
di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana – “le difficoltà
che soffrono i popoli indigeni di Argentina e di America Latina, così come le loro
preoccupazioni per la salvaguardia dei propri diritti, specialmente riguardo al loro
territorio e all’identità culturale”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Che i nativi
di molte aree del pianeta siano spesso vittime di discriminazioni e prevaricazioni
non di rado violente è fatto purtroppo noto. Non fanno eccezione i qom della
comunità denominata “La Primavera” (Potae Napcnà Navoghh), situata nella Provincia
di Formosa, estremo nordest dell’Argentina, vicino alla frontiera col Paraguay. All’allora
cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, era ben noto sia il
leader dei qom, Félix Diaz, sia la serie di discriminazioni e abusi che questa
comunità indigena ha patito nei decenni come una lenta e inesorabile erosione. Nomadi
fino a non molti anni fa, dediti alla caccia e alla pesca nelle ricche foreste in
cui vivevano – e che il governo argentino aveva loro concesso dal 1940 – i qom
hanno subito un primo “esproprio” del loro habitat naturale con l’avvento della monocultura,
una pratica che ha comportato la deforestazione dei boschi e dunque la privazione
di una delle principali basi per la sussistenza dei nativi. Non solo: sui circa 5
mila ettari che costituivano la porzione di territorio di loro pertinenza – e che
includevano la “Laguna Bianca”, risorsa pregiata per il loro sostentamento – una nuova
decurtazione è stata imposta quando lo Stato ha deciso di sfruttare economicamente
parte delle terre, dando il via libera di fatto a un’occupazione mai finita. Altre
“donazioni” di terreno, sulla carta dei qom, sono state via via concesse nel
tempo a istituzioni argentine, tutte precedute dallo sgombero delle famiglie aborigene.
Nel 2007, 600 ettari dati a beneficio dell’Università di Formosa, sono tuttora al
centro di conflitto.
La lotta dei qom ha “bucato” l’attenzione degli
argentini nel 2010, quando ha assunto la forma di una protesta su scala nazionale,
fatta di manifestazioni e blocchi stradali, che purtroppo ha portato alla morte di
due indigeni, di un poliziotto e a numerosi arresti di nativi. Il leader Diaz ha quindi
guidato una delegazione di 70 membri della comunità a Buenos Aires, sollecitando un’udienza
con la presidente Kirchner e facendo pressione attraverso, fra l’altro, uno sciopero
della fame. L’udienza poi c’è stata, ma senza che gli accordi firmati abbiano cambiato
la realtà della situazione. Particolarmente grave per la comunità è la mancanza regolare
di acqua potabile, con tutte le sue conseguenze sanitarie. A ciò si sommano la denutrizione,
le condizioni abitative più che precarie, l’analfabetismo, la disoccupazione: condizioni
di una endemica precarietà peggiorata dalla negazione dei diritti di cittadinanza
nel Paese, oggetto di una richiesta formale nel 2011. Un’altra richiesta molto sentita
dai qom riguarda il diritto a preservare la loro lingua e identità culturale,
minacciata dal razzismo, dalla discriminazione e dalle politiche che rischiano di
annientare le comunità tradizionali aborigene.