2013-06-22 08:13:40

Siria. Allarme Unesco per i siti storici patrimonio dell’umanità


Due anni di guerra in Siria, oltre a causare più di 90 mila morti, stanno minacciando città, fortezze, oasi e antichi villaggi dall’inestimabile valore storico e artistico. In particolare, per sei siti, patrimonio mondiale dell’Unesco, non ci sono condizioni che ne garantiscano la conservazione. L’allarme giunto dalla Cambogia, dove l’Organizzazione dell’Onu per la Cultura svolge il meeting annuale, è confermato dalle parole di Paolo Matthiae, da 40 anni in Siria come direttore delle Missioni archeologiche italiane. "Aleppo e Damasco", spiega al microfono di Gabriella Ceraso, "sono tra le città più antiche del mondo":RealAudioMP3

R. – Il patrimonio culturale della Siria è uno dei maggiori del Mediterraneo. Aleppo e Damasco sono tra le città più antiche del mondo e in queste regioni, come tutti sappiamo, c’è stata un’ininterrotta successione di civiltà, da quella che noi chiamiamo “età del bronzo” – quando la scrittura è nata – allo sviluppo dell’Ellenismo, poi del mondo romano e infine con la grande fioritura del mondo Omayyade e Abbaside nella civiltà islamica. Quindi, in Siria il patrimonio è oggettivamente incalcolabile.

D. – C’è una presa di coscienza anche delle iniziative per fare qualcosa per questa tutela, oppure è proprio impossibile durante la guerra bloccare la devastazione?

R. – Ci sono dei contatti stabili anche se difficili tra gli archeologi e la Direzione delle Antichità e dei Musei di Siria. Inoltre, il Ministero della cultura di Damasco, anche se in condizioni difficilissime, cerca di avere un controllo almeno dei danni. I danni sono certamente sia ai siti monumentali – per fortuna minimi alla cittadella medioevale di Aleppo, mentre sono gravissimi per la distruzione del minareto della Moschea degli Omayyadi ad Aleppo – sia a Castelli dell’età crociata, sia quelli dovuti a saccheggi in siti archeologici di straordinaria importanza nella città di Mari, scavata dai francesi nel 1933, per giungere a centri romani come Dura Europòs e Apamèa. Proprio Mari, Dura Europòs e Apamèa sono i tre siti che hanno avuto i più seri danni negli ultimi mesi.

D. – Distruzioni di questo genere sono recuperabili?

R. – Quando si ha una sistematica esplorazione illecita, come sembra stia accadendo ad Apamèa e a Mari, i danni sono gravissimi, perché la perdita sia di oggetti archeologici anche importanti, sia soprattutto del contesto storico sono davvero ingenti. Naturalmente, estremamente grave e irrecuperabile, quando non ci sono interventi immediati, sono le distruzioni come quella avvenuta al minareto della Moschea degli Omayyadi di Aleppo, che è un tesoro di età medioevale che francamente paragonerei alla Torre di Pisa.

D. – Lei ha scoperto un’intera città: Ebla. Ci può dare un’idea di quell’area: che tipo di popolazioni, che tipo di attività, che tipo di fascino c’è in quella zona a livello storico?

R. – Il fascino di una grande scoperta archeologica. Ebla è una città di una sessantina di ettari di superficie: il fascino consiste sia nell’aspetto esteriore di queste rovine che si leggono in maniera abbastanza agevole sul terreno – templi, palazzi, tombe, case private, fortificazioni... – sia naturalmente nella consapevolezza dell’importanza storica. Ebla è infatti la migliore testimonianza di quella che gli archeologi chiamano la “seconda grande urbanizzazione” nella storia dell’umanità, verificatasi intorno al 2500, in regioni come appunto quelle della Siria settentrionale dove è Ebla – una cinquantina di chilometri a sud di Aleppo – regione non toccata dai grandi fiumi.

D. – Ora è a rischio? Lei ha notizie di com’è la situazione lì visto che si trova in prossimità di Aleppo?

R. – E’ a rischio ma non gravissimo. Gli scavi clandestini che si sono verificati ad Ebla sono assolutamente di modeste dimensioni.

D. – L’appello è per una maggiore sorveglianza?

R. – L’appello che è stato lanciato sia dal Ministero della Cultura di Damasco, sia dal segretario generale dell’Unesco è quello, per il momento, che conta di più: un appello a tutte le forze in campo a non usare in nessun caso i luoghi storici, perché è evidente che se una delle due forze armate si fa scudo dei luoghi storici è ovvio che questo sito può diventare oggetto di distruzioni. Basti pensare all’Abbazia di Montecassino: probabilmente poteva essere risparmiata, ma c’era comunque un comando militare nazista e questo naturalmente ha provocato il bombardamento e la distruzione dell’Abbazia.







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