Siria. Allarme Unesco per i siti storici patrimonio dell’umanità
Due anni di guerra in Siria, oltre a causare più di 90 mila morti, stanno minacciando
città, fortezze, oasi e antichi villaggi dall’inestimabile valore storico e artistico.
In particolare, per sei siti, patrimonio mondiale dell’Unesco, non ci sono condizioni
che ne garantiscano la conservazione. L’allarme giunto dalla Cambogia, dove l’Organizzazione
dell’Onu per la Cultura svolge il meeting annuale, è confermato dalle parole di Paolo
Matthiae, da 40 anni in Siria come direttore delle Missioni archeologiche italiane.
"Aleppo e Damasco", spiega al microfono di Gabriella Ceraso, "sono tra le città
più antiche del mondo":
R. – Il patrimonio
culturale della Siria è uno dei maggiori del Mediterraneo. Aleppo e Damasco sono tra
le città più antiche del mondo e in queste regioni, come tutti sappiamo, c’è stata
un’ininterrotta successione di civiltà, da quella che noi chiamiamo “età del bronzo”
– quando la scrittura è nata – allo sviluppo dell’Ellenismo, poi del mondo romano
e infine con la grande fioritura del mondo Omayyade e Abbaside nella civiltà islamica.
Quindi, in Siria il patrimonio è oggettivamente incalcolabile.
D. – C’è una
presa di coscienza anche delle iniziative per fare qualcosa per questa tutela, oppure
è proprio impossibile durante la guerra bloccare la devastazione?
R. – Ci sono
dei contatti stabili anche se difficili tra gli archeologi e la Direzione delle Antichità
e dei Musei di Siria. Inoltre, il Ministero della cultura di Damasco, anche se in
condizioni difficilissime, cerca di avere un controllo almeno dei danni. I danni sono
certamente sia ai siti monumentali – per fortuna minimi alla cittadella medioevale
di Aleppo, mentre sono gravissimi per la distruzione del minareto della Moschea degli
Omayyadi ad Aleppo – sia a Castelli dell’età crociata, sia quelli dovuti a saccheggi
in siti archeologici di straordinaria importanza nella città di Mari, scavata dai
francesi nel 1933, per giungere a centri romani come Dura Europòs e Apamèa. Proprio
Mari, Dura Europòs e Apamèa sono i tre siti che hanno avuto i più seri danni negli
ultimi mesi.
D. – Distruzioni di questo genere sono recuperabili?
R.
– Quando si ha una sistematica esplorazione illecita, come sembra stia accadendo ad
Apamèa e a Mari, i danni sono gravissimi, perché la perdita sia di oggetti archeologici
anche importanti, sia soprattutto del contesto storico sono davvero ingenti. Naturalmente,
estremamente grave e irrecuperabile, quando non ci sono interventi immediati, sono
le distruzioni come quella avvenuta al minareto della Moschea degli Omayyadi di Aleppo,
che è un tesoro di età medioevale che francamente paragonerei alla Torre di Pisa.
D.
– Lei ha scoperto un’intera città: Ebla. Ci può dare un’idea di quell’area: che tipo
di popolazioni, che tipo di attività, che tipo di fascino c’è in quella zona a livello
storico?
R. – Il fascino di una grande scoperta archeologica. Ebla è una città
di una sessantina di ettari di superficie: il fascino consiste sia nell’aspetto esteriore
di queste rovine che si leggono in maniera abbastanza agevole sul terreno – templi,
palazzi, tombe, case private, fortificazioni... – sia naturalmente nella consapevolezza
dell’importanza storica. Ebla è infatti la migliore testimonianza di quella che gli
archeologi chiamano la “seconda grande urbanizzazione” nella storia dell’umanità,
verificatasi intorno al 2500, in regioni come appunto quelle della Siria settentrionale
dove è Ebla – una cinquantina di chilometri a sud di Aleppo – regione non toccata
dai grandi fiumi.
D. – Ora è a rischio? Lei ha notizie di com’è la situazione
lì visto che si trova in prossimità di Aleppo?
R. – E’ a rischio ma non gravissimo.
Gli scavi clandestini che si sono verificati ad Ebla sono assolutamente di modeste
dimensioni.
D. – L’appello è per una maggiore sorveglianza?
R. – L’appello
che è stato lanciato sia dal Ministero della Cultura di Damasco, sia dal segretario
generale dell’Unesco è quello, per il momento, che conta di più: un appello a tutte
le forze in campo a non usare in nessun caso i luoghi storici, perché è evidente che
se una delle due forze armate si fa scudo dei luoghi storici è ovvio che questo sito
può diventare oggetto di distruzioni. Basti pensare all’Abbazia di Montecassino: probabilmente
poteva essere risparmiata, ma c’era comunque un comando militare nazista e questo
naturalmente ha provocato il bombardamento e la distruzione dell’Abbazia.