Albania al voto: Berisha cerca il terzo mandato, socialisti in vantaggio nei sondaggi
Domenica di elezioni politiche in Albania. A contendersi la guida del Paese il Partito
democratico con il premier uscente Sali Berisha, che chiede un terzo mandato, e il
Partito socialista con l’ex sindaco di Tirana, Edi Rama, indicato come favorito nei
sondaggi. Occhi puntati dalla Commissione europea che ha indicato la tenuta delle
elezioni nel rispetto agli standard internazionali come una condizione per l'avvio
dei negoziati di adesione all’Ue. Per un’analisi dei temi che detteranno l’agenda
del futuro governo Marco Guerra ha sentito il responsabile del programma albanese
della nostra emittente, don Davide Djudjaj:
R. – L’entrata
dell’Albania nell’Unione Europea a titolo pieno è stata lo scopo del governo fino
adesso, ed è lo scopo di tutti i leader e, naturalmente, anche dell’opposizione, chiaramente
con visioni e un percorso molto diverso l’uno dall’altro. Altro tema molto importante
è la disoccupazione, ossia i posti di lavoro, la crisi economica molto forte. Poi
ci sono argomenti e temi importanti, ereditati ancora dal regime comunista, come lo
è la proprietà privata, e cioè il censimento e la legalizzazione della proprietà delle
case e dei terreni. Ciò che ai cittadini dell’Albania interessa è che ci sia meno
corruzione, lo snellimento burocratico nell’apparato statale e una riduzione della
spesa statale.
D. – Quindi, gli occhi puntati dell’Europa. Queste elezioni
possono essere considerate un crocevia per l’integrazione con Bruxelles?
R.
– Io penso di sì, anche se tutte le volte che l’Albania si presenta alle elezioni,
diventa un esame importante per il suo processo e proseguimento verso l’Unione Europea.
Spero davvero che almeno i cittadini, a differenza dei politici, dimostrino una maturità
maggiore. Credo che così sarà, anche se c’è l’incognita del grande astensionismo dal
voto. Questo non aiuterebbe molto ad adempiere quegli standard e superare quegli esami
che l’Europa chiede all’Albania: ovvero di rafforzare la propria democrazia.
D.
– I due candidati, quali ricette propongono per il Paese?
R. – Anzitutto, una
promessa di ripresa dell’economia; l’altro, la promessa ad ogni cittadino di rientrare
in possesso al più presto, con i certificati di proprietà, di ciò che ha perso durante
il regime comunista, le varie proprietà. I programmi si assomigliano, ma ciò che distingue
l’uno e l’altro sono solo le critiche si rivolgono. Una delle incognite, uno degli
elementi temuti, è che non si arrivi ad una vittoria schiacciante, che metterebbe
il Paese molto in difficoltà nel proseguire verso la democrazia, nel suo processo
verso l’Unione Europea.
D. – Dopo due mandati, è ancora in campo il premier
Berisha. E’ ancora lui l’uomo forte del Paese?
R. – Certamente Berisha, in
questi anni, ha dimostrato la sua forte leadership, la sua capacità indiscussa nel
portare avanti il governo. Dall’altra parte, anche i socialisti hanno un partito forte,
con un leader meno carismatico, ma con un gioco di squadra probabilmente più forte.
Questo però lo diranno le prossime elezioni.
D. – La minoranza cattolica ha
un ruolo in queste elezioni e nella politica albanese?
R. – La comunità cattolica
ha certamente un ruolo, ma sempre più marginale. Non ci sono figure di grande spessore,
di grandi o prestigiosi incarichi. Questo è un fatto che preoccupa la Chiesa albanese,
perché la Chiesa cattolica ha sempre dato un contributo fortissimo sia nell’affermazione
dei valori della democrazia, sia nel coltivare la cultura, l’identità del proprio
Paese. Ultimamente ci sono state anche delle polemiche per le esclusioni di pochi
personaggi cattolici nelle alte sfere del Paese. Speriamo che la leadership tenga
conto anche di questa armonia nel Paese.