Cinquant'anni fa
Giovanni Battista Montini veniva eletto al Soglio Pontificio con il nome di Paolo
VI. Mons. Ettore Malnati, autore del libro I gesti profetici di Paolo VI(Ed. Ancora) lo ricorda così: "Fu profetico nella sua grande attenzione nei
confronti dell'uomo coinvolto nella modernità. Espresse il volto di una Chiesa in
ascolto del mondo, tradotto in gesti piccoli e grandi. Il suo voler ripartire
dalla Terrasanta, l'offerta della tiara per i poveri, la sua attenzione per i lavoratori,
per il terzo mondo, la sua dedizione ad una riforma della Chiesa perché potesse essere
davvero capace di dare una risposta di salvezza all'uomo". Don Vito Impellizzeri,
docente di Teologia Fondamentale alla Facoltà Teologica di Sicilia, studioso di Paolo
VI, sintetizza la qualità del suo pontificato: "Ha orientato la Chiesa verso
una trasparenza bella, dialogica, umile del mistero di Cristo". Paolo VI ha ereditato
l'impegno del Concilio Vaticano II con una cifra distintiva: "Voleva ricostruire
i ponti tra il Vangelo e tutto ciò che è profondamente umano. Egli ha provato a fare
del Concilio - spiega Impellizzeri - una esperienza permanente nelle strutture
di governo". In questo senso anche Papa Francesco si può considerare montiniano:
"Perché già in questi cento giorni di pontificato, ha dimostrato una capacità di governare
con la sapienza del Concilio, non solamente citandone alcune frasi. Francesco, come
Paolo VI, ha un profondo senso della Chiesa come Corpo, carne di Cristo. Vedi
l'attenzione ai poveri, i bambini. E poi ancora, tra i due Papi, c'è il comune il
desiderio di parlare con semplicità a tutti e a ciascuno con la Parola che è carità".
(a cura di Antonella Palermo)