Il card. Tauran: il dialogo interreligioso diventi patrimonio di tutti e non di un'élite
I credenti e il loro atteggiamento nella società del materialismo e del laicismo è
stato il tema di fondo del Convegno tenutosi nei giorni scorsi a Roma, alla presenza
del saudita, Hamid bin Ahmad Al-Rifaei, presidente della Forum islamico internazionale
per il Dialogo, del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio
Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Entrambe le delegazioni, di 12 membri ciascuna,
hanno riflettuto tra l'altro sulla perdita del senso religioso, comune a società multiculturali
occidentali. Al cardinale Tauran, Hélène Destombes ha chiesto di commentare
questo confronto:
R. – On ne peut
pas séparer la vie religieuse de la vie normale, parce-que le … Non si può scindere
la vita religiosa dalla vita normale, perché il credente è credente e cittadino:
non è credente o cittadino, è credente e cittadino. Esiste quindi una
complementarietà tra l’aspetto materiale e quello spirituale della realtà e credo
che una delle responsabilità del credente sia quella di conciliare i due aspetti.
Poi, insieme, ci siamo dispiaciuti per il fatto che la società, e soprattutto le giovani
generazioni in generale, abbiano perso le loro radici spirituali. Si dovrà fare uno
sforzo per dare all’umanità di oggi la possibilità di avere una vita interiore…
D.
– Quali sono le vie o le azioni concrete proposte nell’ambito di questo incontro?
R.
– Les aspects concrets… la nécessité de la formation religieuse des jeunes… Gli
aspetti concreti… la necessità di una formazione religiosa dei giovani. Spesso, i
problemi nascono dall’ignoranza. Quello che voglio dire è che siamo riusciti a evitare
lo scontro tra le civiltà, cerchiamo anche di evitare lo scontro tra le ignoranze.
È necessario, dunque, trovare un modo per presentare con rispetto e precisione una
religione all’altra.
D. – E’ stata affrontata anche la questione della libertà
religiosa?
R. – Oui: la question de la liberté religieuse a été abordée, … Sì,
abbiamo parlato della libertà religiosa, della libertà di culto, evidentemente con
molta prudenza perché sono argomenti molto delicati. Pure, non si possono ignorare
visto che tutti conoscono le difficoltà in questo campo. In questo ambito, non sono
state prese attualmente decisioni straordinarie.
D. – Siamo al 19.mo incontro
di questo tipo. Per quanto riguarda quest’ultima edizione, possiamo parlare di nuovi
passi e quale cammino rimane da fare?
R. – Le dialogue interreligieux est venu
très à la mode et je crois … Il dialogo interreligioso oggi è diventato di moda
e credo siano state prese numerose iniziative, molte delle quali fanno le stesse cose.
Credo sia necessario moderare un po’ il nostro “appetito” e schiarirci le idee sul
concetto di dialogo interreligioso. Quello che, alla fine, risulta da tutte queste
riunioni è che in realtà ancora non ci conosciamo abbastanza bene e che quindi è necessario
continuare sulla strada della conoscenza e del rispetto vicendevole. Ho l’impressione
che abbiamo fatto molti progressi ma, quando si scende un po’ in profondità, mi rendo
conto che la conoscenza vicendevole è ancora piuttosto superficiale, condizionata
dagli avvenimenti politici, dal terrorismo… La grande sofferenza che si prova, per
così dire, dopo anni di dialogo interreligioso è che tutti i risultati che abbiamo
potuto ottenere, pure a costo di grandi sacrifici, non sono mai stati assimilati a
livello legislativo, amministrativo e della strada. E così, il dialogo interreligioso
rimane tuttora un impegno riservato alle élite. Invece, bisognerebbe trovare il modo
di fare passare questo patrimonio – modesto, pure, ma che esiste – dai vertici alla
strada, e soprattutto al campo dell’insegnamento – nelle scuole, nelle università
– all’amministrazione e alla formulazione delle leggi.