Il card. Bagnasco: senza lavoro si rischia il suicidio sociale
Senza lavoro “si rischia il suicidio sociale”. Lo ha affermato il cardinale Angelo
Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, a margine della presentazione
dell’iniziativa “Dieci piazze per Dieci Comandamenti” la cui tappa genovese - riporta
l'agenzia Sir - si svolgerà sabato sera ed avrà per tema il comandamento “Non rubare”.
Senza lavoro, ha rimarcato il cardinale, “si rischia il suicidio, non parlo di quello
personale, spero, ma di quello sociale”. Il furto della speranza per le nuove generazioni,
ha spiegato, “certamente si identifica soprattutto, ma non solo, con il tema del lavoro
perché senza lavoro non c’è progettualità nella vita di un giovane, non è possibile
formarsi una famiglia e la famiglia è la ricchezza fondamentale”. Ma, ha proseguito,
la mancanza di lavoro “non è l’unico modo per rubare il futuro ai giovani e ai non
giovani”. L’arcivescovo ha poi affrontato il fenomeno dei furti per fame, soprattutto
nei supermercati, che ha definito "un fenomeno nuovo per i nostri tempi ed è qualcosa
su cui riflettere”. “Mi pare, però - ha detto il porporato - che molti si interrogano
su queste cose” cogliendo, “pur nella fermezza del principio, un atteggiamento non
immediatamente aggressivo, di prudente giudizio, di comprensione e attenzione”. Il
cardinale ha sottolineato come “per diversi motivi, anche di legge, lo spreco è molto
grande, grandissimo. Dai pasti caldi invenduti ogni giorno ai cibi in scadenza, tutto
questo può costituire un patrimonio sano da mettere in circolo: basta che ci sia la
generosità di molti nell’organizzazione di catene tempestive. Credo che sia questa
la prima linea di affronto”. Commentando il comandamento “Non rubare” il cardinale
ha affermato che “basterebbe che tutti pagassimo il giusto delle tasse e non esisterebbe
assolutamente il debito pubblico, tutto sarebbe risanato e quindi anche l’economia
potrebbe avere più respiro e più agio per riprendersi e rilanciarsi”. Questo “è un
punto fermo che fa parte del comandamento della giustizia”. Però “bisogna fare anche
alcune altre considerazioni e, cioè, che i doveri siano anche proporzionati a un’equità
delle diverse situazioni, dei diversi lavori e introiti perché, altrimenti, si può
incentivare il malaffare, si può incentivare la non assoluzione di un debito, si può
incentivare l’evasione fiscale”. Infine, per l’arcivescovo, “è certamente un principio
di equità quello per cui chi ha di più, nel senso di guadagno e di possibilità, paghi
di più”, così come è un altro principio di equità quello secondo cui “tutti dovremmo
ascoltare la nostra coscienza”. (R.P.)