2013-06-17 18:54:20

Turchia:ancora scontri. Erdogan pensa all'uso dell'esercito contro i manifestanti


Turchia ancora nel caos con nuovi scontri ad Ankara ed Instanbul. Il premier Erdogan ha detto di non riconoscere il Parlamento Ue, che ha approvato uno risoluzione contro la brutalità della polizia, quindi ha minacciato l'impiego dell’esercito per reprimere le proteste. Ieri sera i due principali sindacati che hanno proclamato lo sciopero generale, hanno deciso di rinunciare a tenere un comizio in piazza Taksim, per evitare il bagno di sangue. Cecilia Seppia:RealAudioMP3

La decisione di Bruxelles contro l’operato della polizia turca a Gezi Park, non piace al premier Erdogan che ribadisce: non riconosco il Parlamento Europeo e non penso che qui abbia voce in capitolo. A stretto giro la replica del presidente dell’Europarlamento Shulz che affonda: Erdogan pensi alla pace e non a screditarci. Dal canto suo il Consiglio d’Europa che ha invitato le parti al dialogo ha poi definito non necessario l’uso dei gas lacrimogeni sulla folla. Dura anche la reazione della Cancelliera tedesca Merkel che si è detta scioccata per le violenze. D’altra parte però la protesta non si ferma, anche oggi le forze dell’ordine hanno ingaggiato scontri con i manifestanti sia ad Ankara che ad Instanbul. “Le rivolte - ha detto il vicepremier Arinc - sono ben oltre la legalità se dovessero continuare siamo pronti schierare l’esercito”. Poi in serata ha annunciato l’avvio di un'inchiesta per verificare se c’è stato uso eccessivo della forza da parte della polizia, in determinanti incidenti. Illegale, per il governo è anche lo sciopero indetto dai due principali sindacati, che hanno esortato i lavoratori a scendere in piazza, ma a stare lontani da piazza Taksim ancora sotto presidio, per evitare, un nuovo bagno di sangue. A preoccupare la comunità internazionale poi l’ondata massiccia di arresti, più di 600 nelle ultime ore tra cui 7 giornalisti. La Farnesina segue invece da vicino la vicenda di Daniele Stefanini, il fotoreporter picchiato a manganellate e fermato in piazza Taskisim.

Come potrà il premier Erdogan mettere fine all’empasse in cui si trova il Paese? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Marco Ansaldo, inviato de “La Repubblica” ad Istanbul:RealAudioMP3

R. - La Turchia è spaccata in due: c’è una Turchia che si riunisce intorno al suo leader, che ha dei valori religiosi molti forti, ma che tendono poi ad avere la prevalenza, diventando anche leggi dello Stato; questo è il suo tentativo. A questo intendimento, si contrappone - invece - l’altra Turchia più democratica, più vicina all’Occidente, sicuramente più laica che, pur essendo al 99 percento musulmana, non vuole sottostare a imposizioni, soprattutto da un punto di vista religioso, che dopo dieci anni tendono a diventare prevalenti.

D. - Come mai, Erdogan ha criticato fortemente anche i giornalisti stranieri?

R. - Erdogan finge, oppure non mostra di voler capire quali sono davvero gli umori della piazza che non vuole più sottostare a determinate imposizioni. E allora il riflesso qual è? Lo ha dimostrato pienamente ieri, in questo mega raduno organizzato alla periferia di Istanbul, prendendosela non soltanto con l’opposizione, ma soprattutto con i media - visto che molti media locali ahimè hanno problemi di censura o di autocensura -, soprattutto con quelli stranieri, che invece stanno facendo un lavoro di copertura eccellente. In questo blocco di media turchi tradizionali un lavoro capillare è stato fatto dalle piccoli emittenti radiofoniche, i social network, Twitter… Quindi, i media turchi, che sono nati in maniera artigianale dopo questa rivolta, hanno colto pienamente gli umori, cercando di trasmetterli alle persone che quasi con un tam tam lasciavano perdere gli organi tradizionali di informazione cercando di informarsi via web di quello che accadeva davvero a Piazza Taksim o al Gezi Park.

D. - Quali sono, secondo te, gli strumenti che ha a disposizione Erdogan per uscire da questa empasse?

R. - Erdogan lo sta dimostrando con un pugno di ferro. È determinato ad andare avanti. Il problema non è tanto l’Islam, ma è l’autoritarismo. Mi chiederei piuttosto cosa può fare la piazza. Io sto cogliendo degli umori di disincanto nella folla che ormai non trova più un punto di riferimento logistico, perché Piazza Taksim è stata evacuata ed oggi è tornata quasi alla normalità; il Gezi Park continua ad essere occupato dalla polizia, quindi la gente non solo non ha un leader in questa protesta, ma non sa più nemmeno dove ritrovarsi. Da qui bisogna ripartire per vedere come si convoglierà la rivolta nei confronti di colui che lo fa arrabbiare e che molti qui definiscono “il sultano”.

D. - A livello internazionale, come esce la figura di Erdogan che in passato si era sempre proposto come un interlocutore credibile ed affidabile?

R. - Molto male. Intendiamoci, Erdogan ha avuto dei meriti straordinari: ha portato il Paese a livelli economici formidabili, con un Pil che negli ultimi anni ha superato addirittura quello della Cina, ha fatto della Turchia un faro per il mondo circostante – l’ex Repubblica sovietica, il Caucaso, una buona parte del Medio Oriente, il nord dell’Africa, i Balcani -, è sempre un Paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea, seppur con tante difficoltà. Quindi i due lustri di Erdogan al potere sono stati sicuramente molto importanti, però il pugno di ferro che ha usato per stroncare la rivolta, il non capire le ragioni della parte politica che non lo ha votato, sicuramente gli costano, da questo punto in poi, molto sul piano dell’affidabilità e della credibilità. Io credo che i leader europei ed occidentali credano molto nella Turchia; da oggi, molto meno nel suo leader attuale.

Ultimo aggiornamento: 18 giugno







All the contents on this site are copyrighted ©.