Elezioni in Iran. La Casa Bianca: pronti a ristabilire relazioni
Ha incassato commenti positivi da parte dei leader politici di tutto il mondo, la
vittoria di Hassan Rohani alle elezioni politiche in Iran. ''Un potenziale segnale
di speranza'': cosi' il capo dello staff della Casa Bianca, Denis McDonough, ha definito
la vittoria del moderato Hassan Rohani in Iran. “Se Rohani e' davvero interessato,
come ha detto in campagna elettorale, a ristabilire le relazioni con la comunita'
internazionale, ci trovera' pronti'' ha concluso McDonough, che però ha anche chiesto
all’Iran di rispettare gli impegni sul fronte del nucleare. Di segnale positivo parlano
anche Parigi, Londra, Berlino, Roma. “L’Iran giochi ora un ruolo costruttivo all’interno
della comunità internazionale”, è stato il messaggio del segretario generale dell’Onu,
Ban-ki-moon, mentre il capo della diplomazia europea, Ashton, si è detta “determinata”
a lavorare con il governo di Rohani sulla questione nucleare. Unica voce fuori dal
coro, Israele, che si riserva di giudicare il nuovo presidente “dalle sue azioni in
materia di nucleare e terrorismo”. Salvatore Sabatino ha parlato con Farian
Sabahi, docente di Storia dei Paesi Islamici presso l’Università di Torino:
R. – Hassan
Rohani rappresenta la rivincita del clero sciita rispetto alle teorie devianti del
presidente uscente, Ahmadinejad, che in questi anni era entrato in conflitto con il
clero sciita. Rohani sembra aver vinto e vincenti sono state le sue dichiarazioni
a favore dei diritti sociali delle donne – diritti sociali e non diritti legali –
e contro quello stato di polizia che tanto ha intimidito i giovani in questi anni,
soprattutto i giovani universitari.
D. – L’affluenza alle urne è stata molto
alta, intorno all’80%, eppure si temeva il contrario. Quanto ha influito questo sulla
crescita dei riformisti?
R. – L’affluenza è stata alta per due motivi: il voto
è l’unico modo per cambiare le cose – se non ci sono i brogli – ma anche un modo per
esibire al mondo il fatto di essere cittadini di un Paese che gode di pessima fama.
Gli iraniani si sentono in un angolo, sono schiacciati dalle sanzioni internazionali
dovute a un controverso programma nucleare, ma sono anche nell’impossibilità di mandare
soldi all’estero – per esempio ai figli che studiano in università straniere – perché
le sanzioni colpiscono anche il settore bancario. Non bisogna poi sottovalutare la
fierezza di un popolo che non sempre condivide le scelte dei suoi leader, ma di fronte
a questa estrema pressione occidentale non ha alternativa se non far fronte comune
con i suoi leader.
D. – I conservatori presentavano in queste elezioni cinque
candidati su sei, eppure nessuno di loro ha convinto le masse. Perché?
D. –
Queste elezioni ricordano un po’ quelle del 1997, in cui aveva vinto il riformatore
Mohammad Khatami, mentre tutti davano invece per vincente il conservatore Nateq-Nouri,
il quale in campagna elettorale aveva osato dire di voler mettere il velo alle bambine
prima della pubertà. A giocare un ruolo importante questa volta sono state indubbiamente
le dichiarazioni del candidato riformatore Rohani, che poi era l’unico candidato in
grado di coagulare il consenso di centristi e moderati. Non aveva rivali, non c’erano
alternative e di certo è servito il sostegno di due ex presidenti Khatami e Rafsanjani:
uno non si è presentato a questa corsa elettorale e l’altro invece è stato escluso.
D.
– Il difficilissimo rapporto tra la guida suprema e i riformisti potrà migliorare
ed essere meno teso dopo questo risulto elettorale? Credo che questo rapporto dovrà
essere rivisto…
R. – Credo che se Rohani ha partecipato a questa corsa elettorale
è perché lo ha voluto il leader supremo, non dimentichiamo il “pedigree” impeccabile
di Rohani: ha 64 anni, è un membro del clero con il turbante bianco, è di fatto un
uomo di regime che negli anni ’60 aveva criticato lo Scià ed era stato in carcere.
Per 20 anni, è stato deputato della Repubblica islamica. Dal 1999, è membro dell’Assemblea
degli esperti ed è stato poi negoziatore sul nucleare. Non offre soluzioni concrete
ai problemi del Paese, soprattutto ai problemi economici e non dimentichiamo poi il
fatto che suo fratello Hassan Rohani è un esponente di punta dei servizi segreti iraniani.
Quindi, è di fatto un uomo di sistema.
D. – Quindi, molto lontano comunque
da una personalità come Khatami per esempio…
R. – Sì. Indubbiamente, Khatami
era più interessato alle questioni economiche – era stato il ministro alla cultura
– ma non dimentichiamo che anche in momenti importanti, come le proteste studentesche
del luglio 1999, Khatami non aveva preso veramente posizione a fianco degli studenti,
ma aveva fatto un passo indietro. Quindi, non dimentichiamo che queste persone sono
comunque imparentate con il leader supremo, o godono del suo appoggio, altrimenti
non potrebbero nemmeno presentarsi.
D. – Quali sono le prime sfide che dovrà
affrontare il nuovo presidente?
R. – I problemi principali dell’Iran sono
l’isolamento internazionale e le sanzioni dovute al controverso programma nucleare.
Politica estera e politica nucleare sono però prerogative del leader supremo e non
del presidente della Repubblica. Il prossimo presidente dovrà occuparsi in primis
della situazione economica. C’è una grave crisi: la valuta locale, il Riyāl, ha perso
il 40% del suo valore contro il dollaro, inflazione e disoccupazione sono alle stelle,
il potere di acquisto degli iraniani è crollato e questo sfavorisce lo scontento.
Per migliorare l’economia, il prossimo presidente dovrà però collaborare con il leader
supremo in politica estera e politica nucleare. Bisognerà cercare di dare l’immagine
di un Paese che diventa un po’ più moderato, un po’ meno estremista, perché questo
è indispensabile anche all’economia del Paese. Poi, bisognerà fare anche molta attenzione
alla politica economica e a come vengono usati i “fondi accantonati per progetto speciale”,
perché uno dei problemi che c’era stato con Ahmadinejad era stato proprio quello:
aveva usato dei fondi accantonati per erogare denaro e tutta una serie di facilitazioni
ai suoi fan ed ai suoi devoti.