Violenta notte di scontri a Istanbul. Il governo: “Chi entra in piazza Taksim sarà
trattato come un terrorista”
Dopo l’apparente distensione di ieri, nella notte è tornata a salire la tensione a
Istanbul tra manifestanti antigovernativi e polizia, che si sono scontrati per ore
in piazza Taksim, alla quale è stato interdetto l’accesso per giornalisti e mezzi
di soccorso. Le violenze sono riprese dopo che gli agenti hanno sgomberato la tendopoli
di Gezi Park e hanno tentato di disperdere i manifestanti con cannoni ad acqua e proiettili
di gomma, ferendo anche alcuni bambini. Molti hanno eretto barricate per difendersi
o si sono rifugiati al Divan Hotel, dove la polizia turca ha effettuato lanci di lacrimogeni.
Alcuni oppositori hanno poi denunciato la presenza di agenti chimici nell’acqua degli
idranti in dotazione alle forze dell’ordine. Il governo aveva avvertito che nella
notte chiunque fosse entrato in piazza Taksim “sarebbe stato trattato come un terrorista”,
mentre nella giornata di ieri il premier Erdogan aveva promesso di non toccare il
parco prima della decisione dei tribunali. Ascoltiamo, nell’intervista di Davide
Maggiore, l’analisi di Claudio Loiacono, direttore della rivista “Oriente
moderno”:
R. - Erdogan
ha, in qualche modo, dovuto accettare quella che è la realtà. Se la magistratura,
in qualche modo, darà una mano all’opinione pubblica dei più giovani e se effettivamente
Erdogan insisterà in una posizione di forza, questo gli giocherà contro a livello
europeo, a livello internazionale, anche se varie minoranze turche all’estero si identificano
in lui per ribadire la propria identità culturale: penso alle manifestazioni in Macedonia
della minoranza turca, che si è espressa a favore di Erdogan.
D. - Negli ultimi
giorni si è visto come la posizione di Erdogan, però, non sia l’unica neanche all’interno
del suo partito. Quali sono le correnti che si sono formate?
R. - Non c’è dubbio
che questo partito, che ha vinto chiaramente tutte le ultime elezioni, ora è di fronte
alla sfida della votazione per la nuova Costituzione. Lo stesso presidente della Repubblica,
Abdullah Gül, sta cercando un suo spazio, come lo stesso Erdogan: perché probabilmente,
se la trasformazione della Turchia avverrà in senso presidenzialista più marcato di
quanto non sia oggi, Erdogan vorrà avere il suo posto di eccellenza. E questo forse
non piace anche ad alcuni compagni di strada, oltre che a una parte del Paese che
è chiaramente diventata molto più aperta agli stimoli dell’Occidente più vicino e
parlo proprio dell’Europa centromeridionale.
D. - Tra queste varie componenti
della società turca, si può già capire chi è in una maggiore posizione di forza?
R.
- Io credo che rimanga sempre Erdogan, che ha un cospicuo seguito. Tutto dipenderà
dalla votazione per la modifica della Costituzione: se avverrà un cambiamento nel
senso auspicato dal partito al potere, forse allora certi malumori potranno emergere
nel momento in cui si dovrà concorrere al nuovo mandato presidenziale. Per il momento
io vedo lui ancora come unico importante punto di riferimento della politica turca.
D. - Erdogan ha parlato di un referendum su Gezy Park, ma ci sarà comunque
una sentenza della Magistratura. Sono quindi coinvolte a vario livello le istituzioni
turche. Il sistema politico turco ha la capacità di reggere a questa sfida?
R.
- Penso di sì. La Turchia ha un forte orgoglio nazionale e ha anche la necessità -
assolutamente - di aprirsi ancora di più nei confronti dell’Occidente, che è il suo
partner principale - questo è evidente - senza abbandonare naturalmente quelle che
sono le sue ambizioni a più ampio raggio, che coinvolgono l’area caspica o l’area
addirittura centroasiatica. La Turchia ha molteplici capacità. L’importante è che
le sue modificazioni costituzionali non facciano precipitare il Paese in una sorta
di autocrazia, che è assolutamente incompatibile con gli standard che detta la Comunità
europea, che - per quanto in crisi - è un fortissimo partner a livello planetario
e senza il quale non si può sperare di sopravvivere in modo isolato, come è sempre
stato fatto finora da parte di un certo numero di Paesi. La Turchia è filo-occidentale
profondamente nelle sue strutture militari, nelle sua economia e ora anche nelle sue
istituzioni, purché eviti questi passi indietro che sono nocivi per la Turchia stessa.
Erdogan deve averlo capito e questa sua apertura io credo sia abbastanza sincera:
non potrà che far giungere a una soluzione, in qualche modo, accettabile da parte
di tutti.