Roma, la lunga marcia contro le mafie per vedere ciò che spesso viene negato
La lunga marcia della memoria quest’anno si svolge a Roma, città "che finge di non
vedere" le infiltrazioni, gli interessi, la penetrazione mafiosa: è la denuncia dell’Associazione
antimafie "daSud", che dal 2007 organizza l’iniziativa che per la prima volta viene
portata nella capitale. E’ qui che si svolgono tutte le tappe della marcia, ad eccezione
dell’ultima che, come da tradizione, sarà in Aspromonte. Per due settimane, quindi,
Roma con i suoi quartieri più periferici – come Ostia e Tor Bella Monaca, ma anche
zone come il centro storico – ospita incontri, assemblee, film, documentari, musica
dal vivo, “per far luce su una realtà troppo a lungo ignorata”, spiega Luca Salici,
portavoce di “daSud”. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. – Roma non
è più una città che possiamo dire sia a rischio infiltrazioni: la mafia, le mafie
sono radicatissime nel tessuto sociale e economico della capitale. E' un grosso epicentro
di interessi di ‘ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra, più appunto la criminalità organizzata
territoriale. Si aggiungono criminali locali, ma anche mafie straniere. Poi, c’è questa
tradizione decennale della Banda della Magliana. Insomma, Roma è stata in questi decenni,
nell’indifferenza generale, trasformata in una sorta di enorme "lavatrice", per ripulire
denaro sporco, con la complicità anche di tantissimi professioni. Ci sono dei numeri:
335 immobili confiscati alle mafie in città, più di 5 mila segnalazioni di operazioni
finanziarie sospette nel 2011. E’ una città in cui adesso si spara… Sono 40 i morti
ammazzati dal 2011, che possiamo ricondurre al controllo sia del territorio che del
mercato delle droghe, che anche al racket. Non tutti sanno che nel salotto buono della
città, a Piazza Bologna, c’è chi da 20 anni paga il pizzo per stare più tranquillo.
Ci sono territori sotto scacco, come ad esempio Ostia: ci sono delle ritorsioni contro
i commercianti, contro chi ha uno stabilimento balneare.
D. – Dire “capitale
che finge di non vedere”, a chi si riferisce?
R. – Lo riferiamo a tutti. Principalmente
alla politica, che ha cancellato quasi questa parola del suo lessico: pensare che
quasi tutti i candidati non hanno parlato di mafia in occasione delle elezioni per
il nuovo sindaco e per il Campidoglio. E’ stato rimosso questo tema dalla politica
ed è rimosso anche dal governo nazionale. Ma invece è una consapevolezza dei cittadini,
dei romani e delle romane, che devono anche capire come resistere a questa ondata
di criminalità organizzata, perché Roma probabilmente somiglia molto alla Palermo
degli anni Ottanta, alla Catania del finire degli anni Ottanta… Sono quelle città
in cui si nega che ci sia il controllo del territorio, si negano le violenze, si nega
che ci sia il riciclaggio e l’aiuto dei professionisti per lo sviluppo di una economica
parallela che è quella dei clan.
D. – La lunga marcia della memoria, dal 15
al 29 giugno: Ostia punto di partenza e poi diversi quartieri della capitale, compreso
il centro. Ma che cosa vi proponete di fare? Come si spera, con queste manifestazioni,
di far passare un messaggio che sembra quasi far comodo tenere nascosto?
R.
– Si spera con la costruzione di una nuova resistenza, di una nuova rete. Tante persone,
che conosceremo e che conosciamo nei municipi e nei quartieri di Roma, stanno facendo
un lavoro culturale importante e che molto spesso non ci accorgiamo è anche un lavoro
di antimafia: i ragazzi che occupano una ex bisca a Ostia e ne fanno un centro culturale
è un grandissimo segnale antimafia. Bisogna sostenere anche gli sportelli antiracket,
che sono tanti a Roma ma a cui poca gente si rivolge. Bisogna, insomma, creare una
rete.