Il Papa: il cristiano non pensa alla sua pace, ma va sulle strade ad annunciare quella
di Cristo
Vita cristiana non è “stare in pace fino al Cielo”, ma andare per il mondo ad annunciare
Gesù che “si è fatto peccato” per riconciliare gli uomini con il Padre. Lo ha ribadito
Papa Francesco all’omelia della Messa di sabato mattina in casa S. Marta. Con il Papa
hanno concelebrato il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, il nunzio apostolico Justo Mullor,
e i vescovi Luc Van Looy di Gent, in Belgio, Enzo Dieci, ausiliare emerito di Roma,
e Antonio Santarsiero di Huacho, in Perù. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La vita cristiana
non è stare in un angolo a ritagliarsi una strada che porta comodamente in cielo,
ma è un dinamismo che spinge a stare “sulla strada” ad annunciare che Cristo ci ha
riconciliati con Dio, facendosi peccato per noi. Con il consueto argomentare profondo
e diretto, Papa Francesco si sofferma sul brano della Lettera ai Corinzi, proposto
dalla liturgia di oggi, nel quale in poche righe un San Paolo insistente, quasi “di
fretta”, usa per ben cinque volte il termine “riconciliazione”. E lo fa, osserva il
Papa, alternando “forza” e “tenerezza”, prima esortando e poi quasi in ginocchio,
“Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”:
“Ma
cosa è la riconciliazione? Prendere uno da questa parte, prenderne un altro e farli
uniti: no, questa è parte ma non è… La vera riconciliazione è che Dio, in Cristo,
ha preso i nostri peccati e Lui si è fatto peccato per noi. E quando noi andiamo a
confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. No, non è
quello! Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: ‘Questo è tuo e io ti faccio peccato
un’altra volta’. E a Lui piace quello, perché è stata la sua missione: farsi peccato
per noi, per liberare a noi”.
È la bellezza e lo “scandalo” della redenzione
operata da Gesù. Èd è anche il “mistero, afferma Papa Francesco, da cui Paolo trae
lo “zelo” che lo sprona ad “andare avanti” e a ripetere a tutti “una cosa tanto meravigliosa”,
l’amore di un Dio “che ha consegnato suo Figlio alla morte per me”. Eppure, ha constatato
Papa Francesco, esiste il rischio di non arrivare “mai a questa verità” nel momento
in cui “noi un po’ svalutiamo la vita cristiana”, riducendola a un elenco di cose
da osservare e smarrendo così l’ardore, la forza dell’“amore che è dentro” di essa:
“Ma
i filosofi dicono che la pace è una certa tranquillità nell’ordine: tutto ordinato
e tranquillo… Quella non è la pace cristiana! La pace cristiana è una pace inquieta,
non è una pace tranquilla: è una pace inquieta, che va avanti per portare avanti questo
messaggio di riconciliazione. La pace cristiana ci spinge ad andare avanti. Questo
è l’inizio, la radice dello zelo apostolico. Lo zelo apostolico non è andare avanti
per fare proseliti e fare statistiche: quest’anno sono cresciuti i cristiani in tal
Paese, in tal movimenti… Le statistiche sono buone, aiutano, ma non è quello che Dio
vuole da noi, fare proseliti… Quello che il Signore vuole da noi è proprio l’annunzio
di questa riconciliazione, che è il nucleo proprio del suo messaggio”.
Le
ultime parole dell’omelia ricalcano l’ansia interiore di Paolo. Papa Francesco ripete
in modo incalzante quello che definisce il “pilastro” della vita cristiana, e cioè
che “Cristo si è fatto peccato per me! E i miei peccati sono là, nel suo Corpo, nella
sua Anima! Questo – esclama il Papa – è da pazzi, ma è bello, è la verità! Questo
è lo scandalo della Croce!”:
“Chiediamo al Signore che ci dia questa premura
per annunziare Gesù, ci dia un po’ quella saggezza cristiana che nacque proprio dal
Suo fianco trafitto per amore. Anche ci convinca un poco che la vita cristiana non
è una terapia terminale: stare in pace fino al Cielo… No, la vita cristiana è sulla
strada, nella vita, con questa premura di Paolo. L’amore di Cristo ci possiede, ma
ci spinge, ci preme, con questa emozione che si sente quando uno vede che Dio ci ama.
Chiediamo questa grazia”.