Giornata "Evangelium Vitae": Credendo abbiamo la vita. Testimonianze del card. Sgreccia
e di Carlo Casini
“Credendo abbiamo vita”. E’ il tema e sfida della Giornata dell’"Evangelium Vitae"
che ieri ha visto tante iniziative di preghiera e testimonianza. Oggi, alle 10.30,
la Messa presieduta da Papa Francesco in Piazza San Pietro e il pellegrinaggio alla
Tomba di Pietro dei malati, dei disabili e degli operatori sanitarim promosso, tra
gli altri, dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, in collaborazione
con il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Il servizio di Massimiliano
Menichetti:
Un inno alla
vita nato nel 1995, per mano di Papa Giovanni Paolo II, sul valore e l’inviolabilità
dell’uomo: l’"Evangelium vitae". Un documento, oggi quanto mai attuale, che percorre
le frontiere della vita nascente, quelle della fragilità dell’uomo difeso in ogni
suo stadio esistenziale. Il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della
Pontificia Accademia per la Vita:
R. – Sono molto
contento che venga evocata la preghiera, la fede, per guardare alla vita e per garantirne
la custodia. Non perché la ragione non sia interpellata: infatti, già di per se stessa
la coscienza della legge naturale vede nella vita il valore fondamentale, senza del
quale non esiste alcun altro valore, né la libertà, né la socialità, né la giustizia,
né il progresso. Però, il Concilio di Trento dice che anche per l’onestà naturale
- completa - l’uomo ha bisogno dell’aiuto di Dio. Oggi, si può capire meglio il messaggio
dell’“Evangelium Vitae”, anche dopo la crisi che stiamo subendo e soffrendo, perché
causa della crisi – non dico anche, ma prima di tutto – è la lotta che si è fatta
contro la vita.
D. – Eminenza, che vuol dire “prendersi cura della persona”?
R.
– E’ un programma che va dall’accettazione della vita come dono: non come un castigo
o come una concorrenza al benessere, ma come un dono, un arricchimento della cultura
e della civiltà. Accoglierla e prepararsi ad accoglierla per gli sposi, poi accoglierla
dentro di sé e custodirla per le mamme che sono incinte e favorirne anche lo sviluppo.
La vita è l’insieme delle forze fisiche, psicologiche e spirituali dell’individuo.
Quindi, nella totalità della persona: nelle fasi delle infermità, nelle condizioni
di disagio o di fragilità o di non perfetta funzione del proprio fisico fino al momento
– che è un momento di vita – della morte, dove il rispetto deve essere massimo, perché
la morte è un atto del vivente, che entra però in una nuova vita e che deve quindi
essere accompagnato con tutte le forze e le attenzioni, anche spirituali. Questo è
un comando – quello della custodia della vita e del sostegno alla vita – che vale
dall’alba al tramonto, che vale dal concepimento all’ingresso in Paradiso.
D.
– Eminenza, spesso si confonde l’efficientismo del corpo umano con la dignità dell’uomo…
R.
– La dignità dell’uomo riguarda tutto l’uomo: la sua esistenza fisica, la sua ricchezza
psicologica, il suo essere spirituale, che è quella parte di noi stessi che rimane
anche dopo la morte, che è eterna. Quindi, la persona nel suo insieme.
D. –
Quindi, si è così anche se si è malati, anche se si hanno delle problematiche fisiche?
R.
– Certamente. In quel caso, l’impegno spirituale è chiamato ancor più a motivare,
a supplire, a sostenere la fragilità del corpo. Si sa che lo spirito è la parte più
ricca e più forte della nostra essenza: nella condizione di limitazione possono vivere
una vita ricca ed arricchire gli altri, perché l’uomo non è solo fisico, non è solo
efficienza fisica, non è solo atletismo…
D. – Un efficientismo, dunque, che
può portare all’aborto se si rintraccia la possibilità di malformazioni, oppure all’eutanasia?
R.
– Le ombre su questo piano e i delitti che si stanno compiendo sono enormi: se si
pensa che la sola Cina, negli ultimi 40 anni, per limitare le nascite a non più di
un figlio ha obbligatoriamente imposto 400 milioni di aborti; se si pensa che nel
mondo, ogni anno, si praticano – con l’approvazione della legge – dai 45 milioni ai
50 milioni di aborti. Adesso si fa pressione sull’eutanasia, specialmente l’eutanasia
neonatale: uccidere cioè il bambino quando si scopre che esso non è sano o prima della
nascita, con un uso scorretto della diagnosi. Quindi, siamo in una situazione in cui
la vita è circondata da una selva di delitti di ogni specie. Per questo la preghiera,
la fede e il coraggio della Chiesa, prima di tutto esemplare e forte, sono una consolazione
e per me una gioia. In questo momento, sono ricoverato e offro quella che è la mia
parte di disagio, affinché vi sia una pronta risposta dei fedeli a questo messaggio
che è l’"Evangelium Vitae".
Tante le sfide ancora in atto, come sottolinea
la microfono di Federico Piana, il presidente del Movimento per la vita italiano,
Carlo Casini:
R. - All’orizzonte
del mondo, vediamo che le aggressioni elencate dal Papa nel ’95 si sono moltiplicate.
Basti pensare all’aggressione contro la famiglia, alla sperimentazione sull’embrione,
alle aggressioni anche di questi giorni contro l’obiezione di coscienza del personale
sanitario... Ma non ci dobbiamo scoraggiare, perché in effetti questa virulenza delle
aggressioni dimostra che in realtà il tema centrale oggi – culturale, politico, educativo
– è proprio quello della vita umana. E questo dice il Papa, rivolgendosi a tutte le
categorie: insegnanti, vescovi, sacerdoti, intellettuali, medici, volontari. E' proprio
un appello universale che termina con queste parole: “Urge una mobilitazione generale
in vista di una nuova cultura della vita”. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova
cultura della vita, nessuno si deve sentire escluso. Quindi, questa Giornata dell’"Evangelium
Vitae" spero che risvegli le coscienze, le mobiliti. Ed in questo momento è anche
offerta una possibilità straordinaria a livello europeo per far vedere la coscienza
dei popoli. Questa iniziativa è la raccolta firme a tutela dell’embrione “Uno di noi”,
basta compilare una scheda cartacea, oppure connettersi ai siti Internet come "www.firmaunodinoi.it",
"www.oneofus.eu", per poter dare un contributo a far sentire che si è schierati dalla
parte della vita. Da qui bisogna ripartire.
D. – Secondo lei, la Chiesa non
dovrebbe in qualche modo riproporre questa Enciclica con forza, chiedere ai laici
proprio di impegnarsi per approfondirla meglio?
R. – Dopo la Rerum Novarum,
secondo me, è la più grande Enciclica sociale. Questo documento cambia la società
e si mette dalla parte dei poveri. Bisogna che diventi un testo di insegnamento, di
approfondimento nelle università, nei seminari, nelle parrocchie e nella preghiera.
Dovremmo ricordarci ogni domenica di avere un pilastro in difesa della vita, cambieremmo
la mentalità, difenderemmo e salveremmo molte vite umane. Bisogna sempre parlare anche
al cuore delle donne, delle donne che hanno abortito in particolare: non si tratta
di respingerle, di condannarle, ma si tratta di richiamarle al servizio alla vita
che anch’esse possono continuare a svolgere perché il Signore le attende. Questo dice
l’Enciclica al punto 99.
D. – C’è un punto dell’Enciclica "Evangelium Vitae"
che tratta dell’eutanasia…
R. – Secondo me, il tema dell’eutanasia è tutto
compreso nel tema dell’aborto: se noi accettiamo questo, come potremmo non accettare
di dare la morte alla persona morente, o malata? Il senso della vita non è soltanto
l’utile per gli altri.