2013-06-14 08:07:16

Sciopero generale in Grecia dopo la chiusura della tv e radio pubblica


Massiccia adesione, giovedì, in Grecia allo sciopero generale convocato per protestare contro la decisione del governo di chiudere la televisione pubblica Ert con il conseguente licenziamento di quasi tremila persone. Disagi per i trasporti, Atene è rimasta semiparalizzata. Intanto lunedì il premier Samaras ha fissato un incontro con gli alleati che avevano polemizzato con la sua decisione di chiudere la radio e tv pubblica. Benedetta Capelli ha parlato con Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi), che ieri è arrivato ad Atene per portare la solidarietà dei giornalisti italiani ai colleghi greci:RealAudioMP3

R. – Abbiamo portato la solidarietà, perché ci siamo resi conto che non siamo in presenza di una semplice operazione industriale, in cui c’è una crisi e si procede ad una riorganizzazione, ma c’è proprio un’operazione di taglio, cesura, che nega il servizio pubblico radiotelevisivo ai cittadini greci; fa perdere il posto di lavoro a tremila persone, dal giorno alla notte; dal giorno alla notte toglie la televisione nazionale ai greci in casa e ai greci nel mondo; e fa mancare nel panorama delle televisioni nazionali europee, delle 27 lingue della nostra Europa unita, una lingua. Peraltro, il governo greco non ha prodotto ragioni plausibili, se non quelle di dover rispondere agli obblighi della troika europea, che vigila sui conti pubblici. Ma se fosse questo il problema, si riorganizzerebbe l’industria da subito e non fra tre mesi, come si dice. Oggi io ho avuto questa sensazione, sia accendendo la televisione la mattina sia parlando con molti colleghi e con molti cittadini, tutti hanno la sensazione di essere stati defraudati, derubati di qualcosa che appartiene alla loro anima e ai loro beni familiari.

D. – L’ipotesi, comunque, di una riapertura in un nuovo ente non ha tranquillizzato i giornalisti greci...

R. – Non tranquillizza, perché queste cose quando si fanno devono essere contemporanee. L’Alitalia, ad esempio, è passata da una notte all’altra da una società all’altra; ha subito una grande ristrutturazione e ha continuato ad operare. Qui invece si è spenta la televisione pubblica, la radiotelevisione pubblica, non c’è più: è spenta; è finita. Qui si è contravvenuto anche all’accordo dell’Ebu, della European Broadcasting Union, che prevede in ogni Paese degli Stati membri un servizio pubblico e radiotelevisivo, senza interruzione.

D. – C’è, secondo lei, la possibilità di effetto domino anche in altri Paesi in difficoltà economica?

R. – Qualche paura c’è oggettivamente. Se passa questa idea che si possa agire sulla testa delle persone, sui propri beni civici in qualche modo, senza colpo ferire, senza rendere conto a nessuno, si vanno a scombinare le società, a prescindere dagli altri disastri che si creano.

D. – C’è un pensiero che i colleghi greci le hanno consegnato?

R. – Fate sentire questa voce, la voce di coloro che si occupano di beni pubblici fondamentali per la vita delle persone. E sicuramente l’informazione lo è, anche quando è organizzata con mille difetti e con i suoi servizi. Fate in modo che il nostro Paese non proceda su una strada, che è quella di una riduzione della democrazia, della nostra libertà. Aiutateci e non fateci sentire soli. Possiamo spuntarla solo se da tutto il mondo continuano ad arrivare voci così: di solidarietà e di sostegno reale.

D. – I giornalisti stanno comunque continuando a trasmettere in streaming?

R. – In streaming e sperano di poterlo fare ancora. Temono che da un momento all’altro qualcuno decida di staccare la corrente. E’ un segno di visibilità, un attaccamento al lavoro, un amore per la loro azienda, per il loro Paese da parte dei colleghi. Ma la cosa straordinaria su tutte, credo sia quella della partecipazione spontanea dei cittadini di questo Paese ad un’azione che è di protesta e allo stesso tempo di manifestazione di un’angoscia pubblica. La gente spontaneamente si è radunata per tutto il giorno davanti alla sede dell’Ert dando vita ad una dimostrazione con altre 50, forse 100 mila persone. Vuol dire che anche chi non sa nulla o quasi del servizio pubblico, dei suoi meccanismi e delle sue competizioni interne - diciamo così - o politiche, ha percepito che gli si stava sottraendo un pezzo d’anima, un pezzo della propria carne.

Ultimo aggiornamento: 15 giugno







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