Il Papa: se il cristiano rifugge da un’umiltà di facciata la potenza di Dio è dentro
di lui
L’unico modo per ricevere realmente il dono della salvezza di Cristo è riconoscerci
con sincerità deboli e peccatori, evitando ogni forma di autogiustificazione. Papa
Francesco lo ha affermato all’omelia della Messa di venerdì mattina, celebrata nella
cappella di Casa S. Marta. Con il Pontefice, hanno concelebrato il prefetto e il segretario
della Congregazione per il Clero, il cardinale Mauro Piacenza e l’arcivescovo Celso
Morga Iruzubieta – accompagnati da sacerdoti e personale del dicastero – oltre al
cardinale Giuseppe Bertello e al vescovo di Humahuaca in Argentina, Pedro Olmedo Rivero,
e a mons. Benjamin J. Almoneda, vescovo emerito di Daet nelle Filippine. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
Consapevole
di essere un debole vaso di creta, eppure custode di un grande tesoro che gli è stato
donato in modo del tutto gratuito. È questo il seguace di Cristo davanti al suo Signore.
Papa Francesco ricava lo spunto di riflessione dalla Lettera in cui Paolo spiega ai
cristiani di Corinto che, perché sia chiaro che la “straordinaria potenza” della fede
è opera di Dio, essa è stata riversata in uomini peccatori, in “vasi di creta”, appunto.
Ma proprio dal rapporto “tra la grazia e la potenza di Gesù Cristo” e noi poveri peccatori
scaturisce, osserva il Papa, “il dialogo della salvezza”. E tuttavia, nota, questo
dialogo deve rifuggire da qualsiasi “autogiustificazione”, “deve essere come noi siamo”:
“Paolo,
tante volte ha parlato – è come un ritornello, no? – dei suoi peccati. ‘Ma, io vi
dico questo: io che sono stato un inseguitore della Chiesa, ho perseguito…’ Torna
sempre alla sua memoria di peccato. Si sente peccatore. Ma anche in quel momento non
dice: ‘Sono stato, ma adesso sono santo’, no. Anche adesso, una spina di Satana nella
mia carne. Ci fa vedere la propria debolezza. Il proprio peccato. E’ un peccatore
che accoglie Gesù Cristo. Dialoga con Gesù Cristo”.
La chiave, indica il
Papa, è quindi l’umiltà. Paolo stesso lo dimostra. Egli riconosce pubblicamente, dice
Papa Francesco, “il suo curriculum di servizio”, ovvero tutto ciò che ha compiuto
come Apostolo inviato da Gesù. Ma non per questo nasconde o si nasconde quello che
il Pontefice definisce il “suo prontuario”, cioè i suoi peccati:
“Anche,
questo è il modello dell’umiltà di noi preti, di noi sacerdoti. Se noi ci vantiamo
soltanto del nostro curriculum e niente più, finiremo sbagliati.
Non possiamo annunziare Gesù Cristo Salvatore perché nel fondo non lo sentiamo. Ma
dobbiamo essere umili, ma con un’umiltà reale, con nome e cognome: ‘Io sono peccatore
per questo, per questo, per questo’. Come fa Paolo: ‘Ho perseguitato la Chiesa”, come
fa lui, peccatori concreti. Non peccatori con quella umiltà che sembra più faccia
da immaginetta, no? Eh no, l’umiltà forte”.
“L’umiltà del sacerdote, l’umiltà
del cristiano è concreta”, asserisce Papa Francesco, per il quale, quindi, se un cristiano
non riesce “a fare a se stesso e neanche alla Chiesa questa confessione, qualcosa
non va”. E a non andare per primo è il non poter “capire la bellezza della salvezza
che ci porta Gesù”:
“Fratelli, noi abbiamo un tesoro: questo di Gesù Cristo
Salvatore. La Croce di Gesù Cristo, questo tesoro del quale noi ci vantiamo. Ma lo
abbiamo in un vaso di creta. Vantiamoci anche del nostro prontuario,
dei nostri peccati. E così il dialogo è cristiano e cattolico: concreto, perché la
salvezza di Gesù Cristo è concreta. Gesù Cristo non ci ha salvati con un’idea, con
un programma intellettuale, no. Ci ha salvato con la carne, con la concretezza della
carne. Si è abbassato, fatto uomo, fatto carne fino alla fine. Ma soltanto, solo si
può capire, solo si può ricevere, in vasi di creta”.
Anche la Samaritana
che incontra Gesù e dopo avergli parlato racconta ai suoi conterranei prima il suo
peccato e poi di aver incontrato il Signore si comporta in modo analogo a Paolo. “Io
credo – osserva Papa Francesco – che questa donna sia in cielo, sicuro” perché, come
dice il Manzoni, "‘mai ho trovato che il Signore abbia incominciato un miracolo senza
finirlo bene’ e questo miracolo che Lui ha incominciato sicuramente lo ha finito bene
in Cielo”. A lei, conclude il Papa, chiediamo “che ci aiuti a essere vasi di creta
per poter portare e capire il mistero glorioso di Gesù Cristo”.