Londra: il primate anglicano Welby cita Benedetto XVI ai banchieri della City
Un appello ai banchieri della City perché imitino il buon Samaritano, si pongano nel
loro lavoro l’interrogativo “chi è il mio vicino” e sappiano dare “un limite” alla
ricerca del profitto ponendosi come “obiettivo il bene comune” in modo che dalla ricchezza
“nessuno sia escluso”. È stato lanciato dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby,
ieri sera, sotto la cupola della cattedrale di st. Paul’s, a una platea di oltre 2mila
persone tra cui anche molti politici, accademici e esperti di economia. Per sostenere
il suo appello, l’arcivescovo Welby - che domani per la prima volta incontrerà Papa
Francesco - ha fatto riecheggiare nella cattedrale le parole di Benedetto XVI contenute
nella enciclica “Caritas in veritate”: “Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti,
senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze
l‘appello del bene comune”. Justin Welby è un esperto di economia avendo lavorato
per 11 anni come manager nell’industria petrolifera, prima di essere ordinato sacerdote
con una tesi a metà tra l’economia e la finanza. Scelto lo scorso febbraio come 150°
arcivescovo di Canterbury, con Papa Francesco che incontrerà domani a Roma condivide
la passione per la giustizia sociale e la lotta contro la povertà. Ieri sera, Welby
ha chiesto al sistema finanziario di fare un esame di coscienza, dicendo che i manager
della finanza devono operare con “la paura dell’inferno e la speranza del paradiso
se vogliono riparare la reputazione della City e diventare migliori cittadini”. Riprendendo
proprio la dottrina sociale cattolica, della quale ha detto più volte di essere un
grande ammiratore, il Primate anglicano ha spiegato che “le banche, come gli individui,
devono chiedersi "Chi è il mio vicino?’, proprio come ha fatto il buon Samaritano
nella parabola del Vangelo”. Parlando del crescente divario tra ricchi e poveri, aumentato
in continuazione negli ultimi 40 anni, il primate anglicano ha spiegato che “vediamo
profonde differenze in termini di ricchezza ma si tratta di differenze che possono
essere eliminate”. Per farlo però occorrono “buone banche”. Proprio questo era il
tema dell’intervento del Primate Welby che ha spiegato che per “buone banche” intendiamo
non “banche perfette” perché “alla fine nessun essere umano è in se stesso perfettamente
buono”, ma “banche potenzialmente buone”, ovvero che siano motivate dalla virtù e
non soltanto dai bonus finanziari o dai limiti della legge. (R.P.)