La dimensione spirituale del dialogo tra ebrei e cristiani al centro di un incontro
a Castelgandolfo
E’ un momento di svolta qualitativa nel dialogo ebraico-cristiano. Lo testimoniano
i quattro giorni di dialogo organizzati dal Centro per il Dialogo Interreligioso del
Movimento dei Focolari e che hanno impegnato, dal 10 giugno ad oggi, 27 partecipanti,
tra ebrei e cristiani provenienti da Usa, Argentina, Uruguay e Italia, e che mercoledì
scorso hanno incontrato Papa Francesco durante l'udienza generale in Piazza San Pietro.
Servizio di Francesca Sabatinelli:
Essere pronti
ad imparare gli uni dagli altri per essere persone migliori, disponibili ad essere
trasformati dal dialogo per potersi aiutare reciprocamente. Questo mettersi in gioco
è uno dei risultati raggiunti dai partecipanti ai tre giorni di seminario al Centro
Mariapoli di Castelgandolfo. Un appuntamento che li ha impegnati tutti attorno al
tema dell'"Imitatio Dei" e che ha rinsaldato un percorso di dialogo iniziato da Chiara
Lubich sin dal 1977, quando le fu consegnato il Premio Templeton per il progresso
della Religione. A novembre di quello stesso anno veniva aperto il primo focolare
in Israele. “Vogliamo imparare dagli altri, per uno scambio che non sia solo di idee
ma di spirito'', è stata l’indicazione del RabbinoTsviBlanchard
di New York:
R. – An idea is: “You believe this, I believe that. I think some
of what you believe … L’idea è: “Tu credi questo, io credo quello. Penso che alcune
cose del tuo Credo siano giuste, alcune sbagliate. Ma tu non mi tocchi, con il tuo
Credo”. Quando invece c’è uno scambio spirituale, quello che dirai verrà dal tuo cuore
ed entrerà nel mio cuore. E non mi posso allontanare da questo, senza essere cambiato”.
Ecco: a questo nuovo livello di dialogo siamo riusciti ad ottenere proprio questo.
Questo rappresenta un rischio, perché molte persone hanno paura del dialogo, perché
in definitiva vogliono rimanere le persone che erano; temono che gli altri possano
cambiarli. Invece, noi non abbiamo paura. Pensiamo che stiamo ragionando questa cosa
insieme; siamo stati insieme e abbiamo parlato come se fossimo in grado di trovare
una risposta, insieme. E io vi assicuro che non sarò la stessa persona, quando andrò
via. Le posizioni precedenti erano: “Io sono ebreo e rimarrò ebreo, non darmi fastidio.
Tu sei cristiano, rimani cristiano”, e via dicendo. Il punto non è: essere cristiano
o ebreo; il punto è: l’essere umano, l’aspetto spirituale, e il cosa possiamo fare
insieme.
D. – Quindi, è un risultato importante che è stato raggiunto anche
in questi giorni di incontro che avete avuto. Ci sono ancora problemi aperti?
R.
– Of course! This is the first time that we have had this level of dialogue. … Certo!
Questa è stata la prima volta in cui il dialogo si è svolto a questo livello. Non
sappiamo nemmeno se sarà possibile farlo una seconda volta … Quello che sappiamo è
che abbiamo raggiunto un livello così profondo come non l’avevamo mai raggiunto prima;
non sappiamo quanto impegno costerà mantenere questo livello, ma comunque ci proveremo.
La differenza sta nel fatto che alla fine, dopo quattro tornate di dialogo – che sono
andate molto bene, caratterizzate dal rispetto e dalla considerazione vicendevoli
– abbiamo deciso: bene, però vogliamo fare di più; vogliamo essere qualcosa di più
che buoni vicini: vogliamo essere persone che si vogliono bene.
D. – A cosa
serve tutto questo lavoro?
R. – It’s like asking the question: “What’s the
purpose of loving?”. … E’ come chiedere: “Per quale motivo si ama?”. Siamo fatti
per camminare sulla strada della vita insieme, non separatamente. Se attraversi la
vita da solo, non solo soffrirai di più, ma non raggiungerai la più profonda comprensione,
come se invece vivessi la tua vita insieme a persone a cui vuoi bene e di cui ti prendi
cura. La mia esperienza è stata questa: quando rifletto su questa faccenda da solo,
non ne comprendo la profondità come quando ne parlo con qualcun altro, e quando parlo
con qualcun altro ho un rapporto di affetto e fiducia e mi accorgo che, in un modo
o nell’altro, sarò capace di progredire. Noi non abbiamo le risposte che stiamo cercando:
abbiamo le domande, e conosciamo i passi da fare per andare avanti; ma questi passi
li possiamo fare soltanto se sappiamo che c’è qualcuno che ti ama e si occupa di te,
e tu stesso ami e ti occupi di qualcuno. Così andiamo avanti, insieme. Ed è per questo
che abbiamo ottenuto questi risultati .
Per AmeliaUelmen, cristiana,
docente alla Fordham University di New York: affinché si possa raggiungere il reciproco
rispetto, il dialogo deve essere continuativo:
R. – Penso che finché ci sono
persone capaci di aprire il cuore, di "camminare nelle scarpe degli altri", questa
può essere la base della società, per la pace, per il nostro lavoro quotidiano, per
portare avanti la costruzione del bene comune. Io vedo questo lavoro come fondamento
per un futuro di pace, di speranza per l’umanità, perché sono proprio queste capacità
di costruzione del mondo sui valori che abbiamo in comune, che portano alla speranza
in un mondo che ha tanto bisogno di questa intesa.
D. – E’ stato detto che
c’è stata una svolta, in questi tre giorni: ma è stato superato qualche ostacolo?
R.
– Penso che sia stato il fatto di andare a parlare l’uno con l’altro, di lasciare
entrare la nostra vita in quella dell’altro. La svolta è che davvero, al di là del
solo rapporto di rispetto, forse anche di ammirazione, si sta intraprendendo questo
cammino in comune in cui ci sentiamo parte dello stesso progetto.