2013-06-13 08:03:38

Erdogan respinge le critiche europee sulla violenza spropositata contro i manifestanti


Il premier turco Erdogan respinge le critiche rivolte al governo di Ankara fra l'altro per l'uso ''sproporzionato ed eccessivo della forza'' espresse in una risoluzione votata dall'Europarlamento oggi. ''Non riconosco alcuna decisione presa sulla Turchia dall'Europarlamento'', ha affermato. Ildocumento all'esame dei deputati di Strasburgo deplora inoltre ''le reazioni del governo turco e del premier Erdogan''. Questa mattina si registra una calma piena di tensione a Piazza Taksim a Istanbul e per le strade di Ankara, dove ieri sera sono stati usati ancora i lacrimogeni contro i manifestanti. Il premier turco ha incontrato una delegazione della società civile, ha lanciato un ultimatum sull’occupazione, ma nello stesso tempo ha aperto ad un referendum sul progetto di sviluppo di Gezi Park simbolo delle proteste. Appello alla calma dal presidente turco Gul, Onu e Ue. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

Gezi Park va sgomberato subito, altrimenti i manifestanti “dovranno affrontare la polizia”: questo l'ultimatum di Erdogan. Poi però il gesto di apertura: l’ìpotesi di un referendum sul progetto di distruzione del parco stesso. L'annuncio, dopo il colloquio tra il premier e 11 artisti e universitari presentati come “rappresentanti della società civile”. Ma la cosiddetta Piattaforma che riunisce i 116 movimenti che partecipano alla protesta, risponde di non essere stata invitata e di sentirsi presa in giro. Intanto dopo le otto ore di scontri, nella notte tra martedì e mercoledì, tra i manifestanti e i 3 mila poliziotti appoggiati da blindati e cannoni, arrivano le reazioni a livello internazionale: il Consiglio d'Europa parla di “violenza inaccettabile” e sproporzionata. La Casa Bianca chiede con forza il rispetto della libertà di espressione. Resta da dire che in queste ore che sembrano decisive per diversi possibili sviluppi, l’Authority governativa sulla Tv multa l’emittente privata che ha trasmesso in diretta dall'inizio la protesta, censurata dal servizio pubblico per i “possibili danni allo sviluppo fisico, morale e mentale di bimbi e giovani''.

La protesta sul parco è diventata ormai un movimento anti Erdogan. Di altre scelte politiche contestate al premier del partito Giustizia e sviluppo, Fausta Speranza ha parlato con Federico De Renzi, analista politico che si occupa in particolare di Turchia: RealAudioMP3

R. - Per quanto riguarda il referendum è molto probabile che si faccia, per quanto gli artisti, gli intellettuali e gli accademici convocati da Erdogan ieri pomeriggio non siano stati consultati su questo. Il fatto di fare un referendum sul parco di Gezi Park non risolverà alcuni problemi essenzialmente rappresentati da politiche non condivise portate avanti dalla AKP ed in particolar modo dal primo ministro Erdogan, quali appunto la restrizione sugli alcolici, o la restrizione sull’aborto e soprattutto le dure politiche attuate in questi giorni verso le contestazioni, scoppiate inizialmente ad Istanbul e poi diffusesi in gran parte delle principali città turche, come Smirne, Ankara…

D. – Una protesta che è diventata sicuramente “movimento anti Erdogan”, ma fino a che punto è movimento contro il partito? Il vertice del partito del premier risulta diviso, c’è la componente moderata, quella “dialogante”, che fa capo al presidente Gul…

R. – Il presidente Gul e lo stesso vice primo ministro Bülent Arinç si sono detti più concilianti, hanno cercato comunque anche oggi di aprire al dialogo e lo stesso presidente della Repubblica Gul oggi ha appunto detto che la Turchia risolverà i suoi problemi attraverso la democrazia, anche eventualmente attraverso una consultazione popolare; per quanto, poi, ha invece suggerito che non sia necessario fare un vertice dei leader politici per risolvere la questione. Sicuramente c’è una spaccatura, sicuramente a livello di vertice ci sono due linee che non sono in realtà poi contrastanti: è solo una questione di metodo, secondo me.

D. – Non sono contrastanti sulle politiche, per esempio sulla restrizione sull’alcool, o altro, ma lo sono soltanto sulle modalità di approccio alla protesta?

R. – Per quanto sembra, sì. Per quanto il partito dell’AKP sia tutt’altro che monolitico, ci sono comunque diversi punti di vista interni: non è un partito islamico inteso come partito religioso, ma è un partito di ispirazione religiosa; dentro c’è veramente di tutto. Ci sono sicuramente delle politiche condivise per avere il consenso che ha, cioè pari al 50 % della popolazione turca. Vuol dire che comunque deve avere delle politiche condivise da portare avanti.

D. – Diciamo che Erdogan è premier dal 2003 e da allora l’economia va bene. Quindi, in genere viene appoggiato un governo quando l’economia cresce…

R. – Esattamente. Questa è la forza dell’AKP: quella di aver portato la Turchia alla ribalta sulla scena internazionale, da un punto di vista squisitamente economico - cioè con una crescita che è stata nel 2011 del 7,9% del Pil - ma anche da un punto di vista di visibilità: nelle relazioni internazionali, nelle relazioni con l’Unione Europea dalla quale si sta lentamente dissociando, ma soprattutto nelle politiche regionali, macro regionali. Non ultimo va considerato il peso che ha la Turchia nella questione siriana, questione interna alla Siria. Tra l’altro questo da prima dello scoppio della guerra civile: già nel 2010 era un attore importante, per non parlare dell’Africa, o di altri quadranti in cui la Turchia sta diventando sempre più importante. Tutto questo ovviamente può essere scosso ora dalle questioni di politiche interne che hanno a che fare con le relazioni internazionali, chiamiamola politica estera “tout court”. Tutto può essere rallentato, o essere trasformato da quanto sta avvenendo in questi giorni, in queste due settimane. Però, bene o male, alla base elettorale dell’AKP il consenso è ancora diffuso ed ancora solido.










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