Referendum in Svizzera: sì alla restrizione del diritto di asilo
Ieri la Svizzera ha votato per il referendum sulla riforma in senso restrittivo del
diritto d’asilo. Secondo i risultati, il 78,45% si è espresso in tal senso. E' stato
invece bocciato, con il 76,3% e un risultato negativo in tutti i cantoni, il quesito
che proponeva l'elezione diretta del Consiglio federale, ovvero del governo elvetico.
Sul diritto d’asilo molti parlano del pericolo di uno “smantellamento” totale di questa
tutela. Davide Maggiore ha chiesto a Christopher Hein, direttore del
Consiglio italiano per i rifugiati, se si tratta di un rischio concreto:
R. – Sì. Esiste
effettivamente e devo dire che anche noi vediamo con preoccupazione questa nuova legislazione
svizzera. Con questa nuova riforma che è già approvata dal parlamento e adesso è soggetto
del referendum, viene purtroppo anche abolita la possibilità di richiedere asilo presso
una rappresentanza diplomatica svizzera all’estero. La Svizzera era rimasta l’unico
Paese in Europa che prevedeva, quindi, il meccanismo di un ingresso regolare in Svizzera,
dove poi sarebbe stata espletata la procedura vera e propria di asilo.
D. –
Impedendo questa richiesta direttamente all’ambasciata svizzera, aumentano i rischi?
R.
– Non si entra facilmente in Svizzera, se non attraverso l’Italia, la Francia o la
Germania quindi via terra, perché arrivare all’aeroporto di Zurigo o di Ginevra con
un visto è estremamente difficile per persone che provengono da Paesi “a rischio”,
come si dice, quindi da Paesi dove effettivamente per le persone c’è un problema di
sicurezza, di persecuzione o di guerra. Di conseguenza, quelli che vengono dal Nordafrica
devono per forza attraversare il Mediterraneo in barcone, sbarcare in Italia, attraversarla
ed entrare in Svizzera per poi però vedersi soggetti a una "restituzione" all’Italia
perché la Svizzera, pur non essendo Paese membro dell’Unione Europea, ha aderito al
sistema Schengen e anche al sistema Dublino.
D. – Un altro punto di questa
legislazione è l’esclusione della diserzione come motivo per richiedere il diritto
d’asilo: anche questo ha conseguenze importanti…
R. – Sì, siamo preoccupati
perché già la Convenzione di Ginevra sui rifugiati prevede clausole di esclusione,
però molto limitate e circoscritte. La nuova legge svizzera va ben oltre e quindi
potrebbe dare luogo a un’esclusione automatica di chi effettivamente ha bisogno di
protezione.
D. – Qual è il contesto internazionale, dal punto di vista della
protezione dei diritti ai rifugiati, in cui questo avviene? La tendenza svizzera trova
riscontro in altri Paesi europei?
R. – In quanto alla misura di abolire la
possibilità di presentare una richiesta d’asilo alle ambasciate, è certamente un precedente
preoccupante perché frena le possibilità che, a livello di Unione Europea, un tale
sistema sia introdotto. Si dirà: ma perfino la Svizzera l’ha abolito! Proprio in questi
giorni, l’Unione Europea approverà in via definitiva il cosiddetto “Sistema europeo
comune di asilo”, norme che – tutto sommato – certamente vanno nella direzione di
rafforzare i diritti dei rifugiati, i diritti dei richiedenti asilo, anche se con
grandi lacune. Rimane comunque nel nuovo sistema di asilo il regolamento Dublino e
quindi spinge le persone da un Paese all’altro contro la loro volontà, solamente seguendo
la logica del primo Paese d’ingresso nell’Unione Europea.
D. – Comunque, un
nuovo diritto d’asilo più inclusivo è possibile?
R. – Dopo l’11 settembre 2001,
anche per quanto riguarda il diritto d’asilo, la priorità è stata data a considerazioni
di sicurezza e di antiterrorismo. Poi, si è visto che i terroristi non entrano come
rifugiati o come richiedenti asilo, perché hanno ben altri mezzi di ingresso. Quanto
alla criminalità diffusa, si può constatare che una restrizione sul diritto d’asilo
va proprio nella direzione contraria: chi non è in regola, ricorre alla microcriminalità,
a volte anche per sopravvivere. Maggiore sicurezza si ottiene con maggiore regolarizzazione
delle persone che, comunque, si trovano nei nostri territori.