Attacco dei talebani in Afghanistan: è un undicenne ad uccidere un militare italiano
Riferiranno mercoledì prossimo in Parlamento i ministri degli Esteri e della Difesa
sulle missioni militari di pace. La decisione dopo le polemiche seguite all’uccisione
stamane vicino Farah in Afghanistan, del capitano dei Bersaglieri della "Sassari",
Giuseppe La Rosa che era a bordo di un lince colpito da una bomba. Tre i militari
feriti con lui. La rivendicazione è dei talebani che indicano in un ragazzo di 11
anni l’autore "eroico"dell’attacco. Nel Paese oggi anche tre soldati Nato hanno perso
la vita in un attentato nell’est. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Giuseppe La
Rosa aveva 31 anni ed era un ufficiale solare, sempre disponibile secondo il suo comandante.
E così appare anche sul suo profilo Facebook nel giorno della laurea, appena tre mesi
fa. Tre volte già in missione la seconda in Afghanistan, La Rosa, a settembre, sarebbe
rientrato a casa, a Barcellona, Pozzo di Gotto, dove ora i familiari sono chiusi giustamente
nel dolore e nel silenzio. La città è in lutto e stretta intorno ai familiari: sono
le istituzioni, a partire dal Capo dello Stato, e col cordoglio arrivano anche le
polemiche, la richiesta di ritiro che viene dall’opposizione o di una protezione diversa
per i nostri militari, come dice il premier Letta, almeno fino al 2014, anno di uscita.
E’ uno scenario già vissuto per altri 53 soldati morti dal 2004. Ma in questo caso
l’aggravante è che sarebbe stato un 11enne a sganciare la bomba nel Lince. Il governo
non conferma ma è un dato di fatto che l’infanzia, in Afghanistan, è negata ai bambini.
Lo dice Luca Lo Presti, direttore di Pangea Onlus, attiva nel Paese da anni:
R.
– Per noi è tristemente noto che l’Afghanistan è il Paese dove meno si vive l’infanzia.
Ed è anche per quello che Pangea, proprio dall’anno scorso, ha cominciato a occuparsi
di loro, sempre occupandosi di donne, creando spazi ludici dove i bambini possono
ritrovare la loro infanzia. Pensare che un bambino di 11 anni abbia fatto questo gesto
di guerra contro un mezzo militare è per noi in Italia sconvolgente, perché si rimane
bambini molto più a lungo degli 11 anni, ma in Afghanistan i bambini sono abbandonati
a loro stessi per le strade ma anche nella capitale, anche dai 2 anni. Questo comporta
il fatto che uomini li possano rapire, li possano portare laddove credono sia bene
poter utilizzare il bambino con la sua purezza anche di spirito e di mente per cui
i bambini in Afghanistan sono venduti per il mercato degli schiavi e il mercato del
sesso.
D. – Il bambino è stato definito dai talebani un “eroe”. È qualcosa
di consueto in questo “indottrinamento”, come lo hai definito tu?
R. – Il gesto
eroico appartiene più al gergo della jihad e della guerra santa che non è, anche questa,
proprio tipica afghana. L’uomo afghano non manderebbe mai suo figlio a fare un gesto
di guerra, ci andrebbe lui. Per cui, questa è proprio una tipologia di approccio nuova
che probabilmente arriva da fuori confine.
D. - Qual è il tuo modo di vedere
il futuro dell’Afghanistan?
R. - L’Afghanistan io non lo interpreto ma lo ascolto
dagli afghani. Le voci della società civile sono discordanti perché c’è una parte
di società civile che ricorda con un certo sarcasmo e una certa amarezza che in Afghanistan
sono stati investiti dal 2001 ad oggi 600 miliardi di dollari, non milioni, 600 miliardi
di dollari per riportare la pace con la ricostruzione. Anche la capitale è ancora
priva di strade, di servizi; le scuole pubbliche stanno chiudendo, però lì saranno
scuole private perché sono in mano ai Signori della guerra… Quindi queste persone
mi dicono: se anche le truppe Aisaf dovrebbero andarsene, secondo te, cosa cambia?
Perché per noi nulla è cambiato. Un’altra considerazione da fare, e la mia frase non
è stereotipata, è che la democrazia non si esporta: la democrazia è un processo partecipato
che deve essere richiesto che deve avere un riconoscimento dal basso e l’Afghanistan
è un Paese che da 30 anni e più è in guerra ma guerre fatte da dittatori, guerre portate
avanti da regimi totalitari, che vedono la popolazione unicamente vittima, e che quindi
si chiude nella mancanza di aspettative da parte di qualsiasi tipo di governo. Non
c’è fiducia nel governo Karzai così come non c’è un’idea esatta di cosa sia una partecipazione
alla costruzione dello Stato. La mia opinione comunque è che, se dovessimo totalmente
ritirare dall’Afghanistan con il 2014 - cosa che viene ventilata, anche se proprio
ieri è stata confermata la missione Nato - l’Afghanistan ricadrebbe in una pericolosissima
guerra civile: il massacro che abbiamo già visto dagli anni ’92 a ’96.