2013-06-08 19:14:11

Attacco dei talebani in Afghanistan: è un undicenne ad uccidere un militare italiano


Riferiranno mercoledì prossimo in Parlamento i ministri degli Esteri e della Difesa sulle missioni militari di pace. La decisione dopo le polemiche seguite all’uccisione stamane vicino Farah in Afghanistan, del capitano dei Bersaglieri della "Sassari", Giuseppe La Rosa che era a bordo di un lince colpito da una bomba. Tre i militari feriti con lui. La rivendicazione è dei talebani che indicano in un ragazzo di 11 anni l’autore "eroico"dell’attacco. Nel Paese oggi anche tre soldati Nato hanno perso la vita in un attentato nell’est. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

Giuseppe La Rosa aveva 31 anni ed era un ufficiale solare, sempre disponibile secondo il suo comandante. E così appare anche sul suo profilo Facebook nel giorno della laurea, appena tre mesi fa. Tre volte già in missione la seconda in Afghanistan, La Rosa, a settembre, sarebbe rientrato a casa, a Barcellona, Pozzo di Gotto, dove ora i familiari sono chiusi giustamente nel dolore e nel silenzio. La città è in lutto e stretta intorno ai familiari: sono le istituzioni, a partire dal Capo dello Stato, e col cordoglio arrivano anche le polemiche, la richiesta di ritiro che viene dall’opposizione o di una protezione diversa per i nostri militari, come dice il premier Letta, almeno fino al 2014, anno di uscita. E’ uno scenario già vissuto per altri 53 soldati morti dal 2004. Ma in questo caso l’aggravante è che sarebbe stato un 11enne a sganciare la bomba nel Lince. Il governo non conferma ma è un dato di fatto che l’infanzia, in Afghanistan, è negata ai bambini. Lo dice Luca Lo Presti, direttore di Pangea Onlus, attiva nel Paese da anni:

R. – Per noi è tristemente noto che l’Afghanistan è il Paese dove meno si vive l’infanzia. Ed è anche per quello che Pangea, proprio dall’anno scorso, ha cominciato a occuparsi di loro, sempre occupandosi di donne, creando spazi ludici dove i bambini possono ritrovare la loro infanzia. Pensare che un bambino di 11 anni abbia fatto questo gesto di guerra contro un mezzo militare è per noi in Italia sconvolgente, perché si rimane bambini molto più a lungo degli 11 anni, ma in Afghanistan i bambini sono abbandonati a loro stessi per le strade ma anche nella capitale, anche dai 2 anni. Questo comporta il fatto che uomini li possano rapire, li possano portare laddove credono sia bene poter utilizzare il bambino con la sua purezza anche di spirito e di mente per cui i bambini in Afghanistan sono venduti per il mercato degli schiavi e il mercato del sesso.

D. – Il bambino è stato definito dai talebani un “eroe”. È qualcosa di consueto in questo “indottrinamento”, come lo hai definito tu?

R. – Il gesto eroico appartiene più al gergo della jihad e della guerra santa che non è, anche questa, proprio tipica afghana. L’uomo afghano non manderebbe mai suo figlio a fare un gesto di guerra, ci andrebbe lui. Per cui, questa è proprio una tipologia di approccio nuova che probabilmente arriva da fuori confine.

D. - Qual è il tuo modo di vedere il futuro dell’Afghanistan?

R. - L’Afghanistan io non lo interpreto ma lo ascolto dagli afghani. Le voci della società civile sono discordanti perché c’è una parte di società civile che ricorda con un certo sarcasmo e una certa amarezza che in Afghanistan sono stati investiti dal 2001 ad oggi 600 miliardi di dollari, non milioni, 600 miliardi di dollari per riportare la pace con la ricostruzione. Anche la capitale è ancora priva di strade, di servizi; le scuole pubbliche stanno chiudendo, però lì saranno scuole private perché sono in mano ai Signori della guerra… Quindi queste persone mi dicono: se anche le truppe Aisaf dovrebbero andarsene, secondo te, cosa cambia? Perché per noi nulla è cambiato. Un’altra considerazione da fare, e la mia frase non è stereotipata, è che la democrazia non si esporta: la democrazia è un processo partecipato che deve essere richiesto che deve avere un riconoscimento dal basso e l’Afghanistan è un Paese che da 30 anni e più è in guerra ma guerre fatte da dittatori, guerre portate avanti da regimi totalitari, che vedono la popolazione unicamente vittima, e che quindi si chiude nella mancanza di aspettative da parte di qualsiasi tipo di governo. Non c’è fiducia nel governo Karzai così come non c’è un’idea esatta di cosa sia una partecipazione alla costruzione dello Stato. La mia opinione comunque è che, se dovessimo totalmente ritirare dall’Afghanistan con il 2014 - cosa che viene ventilata, anche se proprio ieri è stata confermata la missione Nato - l’Afghanistan ricadrebbe in una pericolosissima guerra civile: il massacro che abbiamo già visto dagli anni ’92 a ’96.







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