Siria: al via la riunione preparatoria per Ginevra 2 mentre continuano le violenze
Sono centinaia i morti dopo la caduta della cittadina siriana di Qusayr, roccaforte
ribelle nella Siria centrale e vicina al confine libanese. Stamani, l’esercito, supportato
da Hezbollah, ha confermato di averla riconquistata dopo tre giorni di assedio. I
ribelli denunciano la comunità internazionale di non aver fornito alcun aiuto umanitario
ai civili intrappolati nella cittadina e l’aviazione di Damasco avrebbe bombardato
sulle persone in fuga. Intanto, a Ginevra si è aperta la riunione preparatoria in
vista della Conferenza di pace sulla Siria. Il servizio di Benedetta Capelli:
Russia, Stati
Uniti, Nazioni Unite e Lega Araba sono riunite da stamani per decidere una data per
la Conferenza di pace di Ginevra e soprattutto la lista dei partecipanti. Tutto ruota
intorno all’Iran, storico alleato della Siria. L’opposizione ha già detto che non
si siederà al tavolo dei negoziati fino a quando gli iraniani e le milizie islamiste
di Hebzollah continueranno a combattere a fianco delle forze lealiste. Di oggi è la
conquista di Qusayr da parte dell’esercito, appoggiato nei tre giorni di assedio proprio
da Hezbollah. E mentre la situazione umanitaria peggiora sempre di più, i ribelli
hanno parlato di una pioggia di bombe sui civili in fuga dalla zona. Di ieri è invece
l’allarme dell’Onu per i crimini di guerra e contro l’umanità nel Paese, ma anche
per l’impiego di armi chimiche: un punto sul quale gli Stati Uniti si mostrano prudenti,
mentre la Francia e la Gran Bretagna sostengono che sia stato usato il gas sarin.
Speranze
sono comunque riposte nella preparazione della Conferenza di Ginevra. Ma questo summit
potrà imprimere una svolta nel conflitto siriano? Benedetta Capelli lo ha chiesto
a Matteo Pizzigallo, ordinario di Relazioni internazionali all’Università Federico
II di Napoli:
R. – Noi dobbiamo
sperare vivamente che la conferenza di Ginevra possa dare almeno un inizio di risposta
o individuare, se non altro, una road map da seguire. La questione siriana
è un’equazione a troppe incognite che dimostra la fragilità, le contraddizioni e l’incapacità
del sistema internazionale di garantire il rispetto della legge, il rispetto dei diritti.
Quindi, all’interno della questione siriana giocano più incognite: in primo luogo,
il fatto che la Siria possa contare su un aperto appoggio, in sede di Nazioni Unite,
della Russia. La soluzione di forza militare sul campo non porta per ora ad alcun
tipo di risultato, se non dolore e sofferenza e massacri e vittime da parte dell’inerme
popolazione civile. Si tratta di un conflitto evidentemente asimmetrico, nel senso
che da una parte c’è una forza che è quella degli schieramenti fedeli al regime di
Assad e, dall’altra, abbiamo una nebulosa di forze indipendentiste, tra di loro in
parte divise, all’interno delle quali nessuna è in grado di assumere l’egemonia e
la guida. A questo punto, la comunità internazionale, a mio avviso, deve assolutamente
praticare la via diplomatica.
D. – La Russia ha annunciato che non invierà
missili in Siria, ma intanto Putin sembra sminuire la portata della conferenza di
Ginevra, perché secondo lei?
R. – Intorno alla questione siriana, la Russia
gioca un interesse e ha un’esigenza di gran lunga superiore a quella che lo stesso
Putin voglia mettere in conto. Ed è la prospettiva sullo sfondo di questo. Qualora
si assistesse a un crollo – ripeto, un crollo "non assistito" del regime di Assad
– innanzitutto si altererebbero completamente gli equilibri geo-strategici della regione.
La Russia può definitivamente abbandonare qualsiasi tipo di possibilità di avere un
affaccio nel Mediterraneo e comunque essere interessata agli equilibri dell’area.
Converrebbe ricordare che i russi hanno già fornito ai siriani un sistema di difesa
antimissilistica “Bastion” in difesa delle coste siriane da eventuali attacchi esterni
condotti dal mare.
D. – Ieri, l’Onu ha denunciato l’uso di armi chimiche nel
conflitto. Sulla stessa linea Francia e Gran Bretagna, mentre i più prudenti sono
stati gli Stati Uniti. Come spiegare questa differenza di posizioni e cosa c’è dietro
questo atteggiamento più attendista degli Stati Uniti?
R. – C’è una linea di
politica internazionale complessiva che porta a considerare, con la massima attenzione
e con la massima prudenza, l’idea di aprire in maniera drammatica un altro fronte.
L’equazione siriana ha troppe incognite e noi dobbiamo cercare a uno a uno di risolvere
il problema. La comunità internazionale deve premere in tutte le sedi opportune affinché
venga esperito il tentativo di un negoziato e di una conferenza internazionale.
E
dunque, la comunità internazionale si interroga sull’uso delle armi chimiche. In proposito,
Benedetta Capelli ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia
delle relazioni internazionali presso l'Università di Firenze:
R. – Le armi
chimiche sicuramente godono di un "effetto annuncio" e inoltre, probabilmente, potrebbero
essere usate da singoli comandanti locali che possono interpretare largamente ordini,
oppure semplicemente ignorarli. C’è molto disordine in Siria, anche riguardo il fronte
governativo. Quindi, è indubbio che questo caos militare, sia per quanto riguarda
le armi, sia per quanto riguarda l’intervento di forze esterne, l’afflusso di volontari,
l’intervento di Hezbollah che arriva dal Libano etc., rischi o di vanificare o di
rendere puramente accademica la Conferenza che americani e russi volevano convocare
per parlare del futuro della Siria. Si rischia di occuparsi di questioni militari
importanti ma limitate e ignorare invece il problema di fondo che è politico.
D.
– Oggi, a Ginevra c’è proprio un incontro preparatorio in vista di "Ginevra 2", ma
ieri ad esempio il presidente russo Putin ha ironizzato molto su questo summit. "Ginevra
2" potrà essere risolutivo oppure una riunione interlocutoria?
R. – Nulla riguardo
alla Siria può essere risolutivo, però alla Conferenza internazionale si può solo
vedere se gli interlocutori principali – che in questo caso sono alcuni governi principali
o anche il governo russo – intendano procedere seriamente, oppure se si tratta solo
di una finzione diplomatica.
D. – Intanto, la situazione sul terreno è drammatica,
in particolar modo la situazione umanitaria e Qusayr è stata riconquistata da Damasco.
Di fronte a quanto sta accadendo, vediamo questa impasse della comunità internazionale:
ma cosa servirebbe per riuscire davvero a cambiare le sorti di questo conflitto?
R.
– La Siria è molto complicata, lo era quando ha cominciato la rivolta contro Assad,
figuriamoci ora che intervengono forze dall’estero. Sono estremamente preoccupata
dall’intervento di Hezbollah, sia perché è una forza straniera, sia perché rischia
di esportare il disordine siriano in casa propria, cioè in Libano. E’ chiaro che tutte
queste forze, i volontari, le organizzazioni che partecipano, vorranno portare un
risultato di vittoria a casa, indipendentemente dalle fazioni originariamente siriane
che già si battono sul terreno. Questo può solo aumentare il caos, non c’è nulla di
risolutivo.