2013-06-05 08:01:49

A Pechino il ricordo del massacro di Piazza Tiananmen


Nonostante i parziali divieti delle autorità cinesi a Pechino è stato ricordato il massacro di Piazza Tiananmen di 24 anni fa. Il 4 giugno del 1989 l’esercito cinese schiacciava nel sangue le pacifiche proteste studentesche per la democrazia. Il servizio di Stefano Vecchia: 00:00:59:76

Nell'anniversario della repressione che segnò la fine della protesta studentesca su piazza Tiananmen a Pechino nel 1989, gli attivisti per i diritti umani e civili di Hong Kong ma anche della grande Cina hanno tenuto nell'ex colonia britannica la tradizionale veglia in Victoria Park. In almeno 100mila hanno sfidato la pioggia battente per partecipare a una cerimonia intensa e commovente, intesa soprattutto a ricordare le vittime di quelle drammatiche giornate di 24 anni fa, ma anche a segnalare che molto resta da fare per favorire una piena democrazia nella Repubblica popolare cinese e che la popolazione di Hong Kong non intende accettare ulteriori limitazioni alle libertà garantite dal suo statuto speciale che scadrà nel 2047. Mai come quest'anno, tuttavia, le autorità cinesi hanno cercato di impedire ai loro cittadini di ricordare e valutare fatti lontani ma soprattutto scomodi. A Pechino, poliziotti hanno bloccato l'accesso al cimitero di Wanan dove sono tumulate parte delle vittime di Tiananmen, visitato nell'occasione dalle madri impegnate a ricordare al paese il sacrificio dei propri figli. Pesante la censura preventiva sull'informazione, con il blocco di un consistente numero di siti web. Stretti filtri anche sui social-media, dove comunque migliaia di cinesi per tutta la giornata hanno giocato a rimpiattino con le autorità utilizzando simboli, immagini e termini allusivi alla repressione. E mentre decine dei dissidenti più noti sono stati messi sotto stretta sorveglianza per l'occasione, un sondaggio ufficioso ormai tradizionale tra gli studenti universitari, ha mostrato la più alta percentuale di favorevoli a una profonda revisione della versione ufficiale sui fatti del 4 giugno 1989.

A scendere in Piazza Tiananmen 24 anni fa erano stati semplici cittadini, che si ribellavano a corruzione e nepotismo per chiedere democrazia e riforme. Imprecisato il numero delle vittime della repressione, la stima dei morti va dalle poche centinaia denunciate dal governo cinese agli oltre mille calcolati dalle organizzazioni umanitarie. Che cosa resta oggi di quanto accaduto? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Claudia Astarita, docente di politica cinese alla Luiss e alla John Cabot University: 00:04:02:74

R. – Ci sono tanti giovani che, secondo me, ignorano davvero tutto quello che è successo. L’istruzione, la propaganda, hanno cancellato la memoria – quello era il loro obiettivo – e con le ultimissime generazioni lo hanno raggiunto. Quindi, c’è una "fetta" di Cina che non sa nulla. C’è però un’altra fetta di giovani che ha accesso ai giornali stranieri, che magari ha anche studiato all’estero, e che si è fatta venire qualche dubbio. Poi, ci sono anche i giovani a cui le famiglie hanno avuto il coraggio di raccontare quello che loro hanno visto, spesso sono i genitori stessi a nascondere la verità, proprio per evitare che anche i figli siano costretti a condividere questo fardello pesante della memoria. Pesante essenzialmente perché ricordare, in Cina, può essere pericoloso. Se consideriamo tutte le attività di repressione che il regime ancora mette in atto nei confronti di tutti quei temi, quegli argomenti, quelle situazioni che vengono considerati scomodi, proteggere un ragazzo con l’”ignoranza” spesso può rappresentare una soluzione utile. O almeno, questo pensano tanti genitori cinesi.

D. – Quanto, quindi, potrebbe essere pericoloso ricordare Tiananmen nella Cina di oggi?

R. – Considerando quanto si autocensurano le persone che hanno vissuto quel periodo, e che hanno vissuto sia la Rivoluzione culturale sia Tiananmen, secondo me tantissimo. Non è normale che oggi, o ieri, sui motori di ricerca cinesi non fosse possibile digitare o trovare qualcosa in corrispondenza di “64”, che è un modo che i cinesi hanno sempre usato per scrivere qualcosa in riferimento a Tiananmen: “64” sta per 4 giugno. Non è possibile che addirittura siano state censurate parole come ieri e domani, per evitare che chi scrivesse qualcosa in riferimento a questa giornata, un giorno prima o un giorno dopo, riuscisse a veicolare il messaggio. Quindi, il tema è molto caldo, e oggi è ancora più caldo perché c’è una parte della popolazione cinese che chiede riforme sociali e politiche. Ogni volta che si tira fuori questo tema, il collegamento diretto è con quello che è successo a Tiananmen 24 anni fa. Quindi, anche in questo caso meno se ne parla meglio è, secondo il Partito quantomeno.

D. – Il silenzio ha sempre coperto il reale numero delle vittime e la sorte di molti giovani arrestati, così come quella dei dissidenti. Cosa ne è di loro?

R. – Chi lo sa? C’è qualcuno che ha scritto, magari, qualche libro perché è riuscito ad arrivare all’estero, scappando. Ma noi di migliaia e migliaia di ragazzi non sappiamo proprio più niente. Noi ricordiamo il 4 giugno, ma nei giorni successivi venne dato l’ordine da Deng Xiaoping in persona di andare in tutti i campus della città di Pechino per cercare le persone che erano state in piazza. Nessuno ha mai confermato che cosa sia loro successo, informazioni non ce ne sono.

D. – A Pechino, è stata censurata qualsiasi commemorazione: a scendere in piazza, invece, è Hong Kong, con una veglia alla quale dovrebbero partecipare oltre diecimila persone.

R. – Finalmente riscende in piazza... Io ho abitato per tanti anni a Hong Kong ed è sempre stata, quella, una serata molto commovente. E a Hong Kong la veglia per Tiananmen è sempre stata particolarmente sentita. Negli ultimi anni no, purtroppo, e questo perché pure Hong Kong ha cercato – anche con la complicità di un governo più vicino alla Repubblica popolare – di mantenere un basso profilo anche per quanto riguarda la commemorazione di Tiananmen. Poi, a Hong Kong è cambiato qualcosa, la città si è resa conto che questa omologazione, o questo tentativo di rispondere sempre positivamente a quello che chiede Pechino, è sbagliato e non porta ai risultati che la città vorrebbe e questo, finalmente, ha riportato le persone a scendere di nuovo in piazza, a chiedere suffragio universale, maggiori diritti e, di nuovo, anche a ricordare quello che è successo nella notte del 4 giugno di 24 anni fa.







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