A Pechino il ricordo del massacro di Piazza Tiananmen
Nonostante i parziali divieti delle autorità cinesi a Pechino è stato ricordato il
massacro di Piazza Tiananmen di 24 anni fa. Il 4 giugno del 1989 l’esercito cinese
schiacciava nel sangue le pacifiche proteste studentesche per la democrazia. Il servizio
di Stefano Vecchia: 00:00:59:76
Nell'anniversario della repressione
che segnò la fine della protesta studentesca su piazza Tiananmen a Pechino nel 1989,
gli attivisti per i diritti umani e civili di Hong Kong ma anche della grande Cina
hanno tenuto nell'ex colonia britannica la tradizionale veglia in Victoria Park. In
almeno 100mila hanno sfidato la pioggia battente per partecipare a una cerimonia intensa
e commovente, intesa soprattutto a ricordare le vittime di quelle drammatiche giornate
di 24 anni fa, ma anche a segnalare che molto resta da fare per favorire una piena
democrazia nella Repubblica popolare cinese e che la popolazione di Hong Kong non
intende accettare ulteriori limitazioni alle libertà garantite dal suo statuto speciale
che scadrà nel 2047. Mai come quest'anno, tuttavia, le autorità cinesi hanno cercato
di impedire ai loro cittadini di ricordare e valutare fatti lontani ma soprattutto
scomodi. A Pechino, poliziotti hanno bloccato l'accesso al cimitero di Wanan dove
sono tumulate parte delle vittime di Tiananmen, visitato nell'occasione dalle madri
impegnate a ricordare al paese il sacrificio dei propri figli. Pesante la censura
preventiva sull'informazione, con il blocco di un consistente numero di siti web.
Stretti filtri anche sui social-media, dove comunque migliaia di cinesi per tutta
la giornata hanno giocato a rimpiattino con le autorità utilizzando simboli, immagini
e termini allusivi alla repressione. E mentre decine dei dissidenti più noti sono
stati messi sotto stretta sorveglianza per l'occasione, un sondaggio ufficioso ormai
tradizionale tra gli studenti universitari, ha mostrato la più alta percentuale di
favorevoli a una profonda revisione della versione ufficiale sui fatti del 4 giugno
1989.
A scendere in Piazza Tiananmen 24 anni fa erano stati semplici cittadini,
che si ribellavano a corruzione e nepotismo per chiedere democrazia e riforme. Imprecisato
il numero delle vittime della repressione, la stima dei morti va dalle poche centinaia
denunciate dal governo cinese agli oltre mille calcolati dalle organizzazioni umanitarie.
Che cosa resta oggi di quanto accaduto? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto
a Claudia Astarita, docente di politica cinese alla Luiss e alla John Cabot
University: 00:04:02:74
R. – Ci sono tanti giovani che, secondo me,
ignorano davvero tutto quello che è successo. L’istruzione, la propaganda, hanno cancellato
la memoria – quello era il loro obiettivo – e con le ultimissime generazioni lo hanno
raggiunto. Quindi, c’è una "fetta" di Cina che non sa nulla. C’è però un’altra fetta
di giovani che ha accesso ai giornali stranieri, che magari ha anche studiato all’estero,
e che si è fatta venire qualche dubbio. Poi, ci sono anche i giovani a cui le famiglie
hanno avuto il coraggio di raccontare quello che loro hanno visto, spesso sono i genitori
stessi a nascondere la verità, proprio per evitare che anche i figli siano costretti
a condividere questo fardello pesante della memoria. Pesante essenzialmente perché
ricordare, in Cina, può essere pericoloso. Se consideriamo tutte le attività di repressione
che il regime ancora mette in atto nei confronti di tutti quei temi, quegli argomenti,
quelle situazioni che vengono considerati scomodi, proteggere un ragazzo con l’”ignoranza”
spesso può rappresentare una soluzione utile. O almeno, questo pensano tanti genitori
cinesi.
D. – Quanto, quindi, potrebbe essere pericoloso ricordare Tiananmen
nella Cina di oggi?
R. – Considerando quanto si autocensurano le persone che
hanno vissuto quel periodo, e che hanno vissuto sia la Rivoluzione culturale sia Tiananmen,
secondo me tantissimo. Non è normale che oggi, o ieri, sui motori di ricerca cinesi
non fosse possibile digitare o trovare qualcosa in corrispondenza di “64”, che è un
modo che i cinesi hanno sempre usato per scrivere qualcosa in riferimento a Tiananmen:
“64” sta per 4 giugno. Non è possibile che addirittura siano state censurate parole
come ieri e domani, per evitare che chi scrivesse qualcosa in riferimento a questa
giornata, un giorno prima o un giorno dopo, riuscisse a veicolare il messaggio. Quindi,
il tema è molto caldo, e oggi è ancora più caldo perché c’è una parte della popolazione
cinese che chiede riforme sociali e politiche. Ogni volta che si tira fuori questo
tema, il collegamento diretto è con quello che è successo a Tiananmen 24 anni fa.
Quindi, anche in questo caso meno se ne parla meglio è, secondo il Partito quantomeno.
D.
– Il silenzio ha sempre coperto il reale numero delle vittime e la sorte di molti
giovani arrestati, così come quella dei dissidenti. Cosa ne è di loro?
R. –
Chi lo sa? C’è qualcuno che ha scritto, magari, qualche libro perché è riuscito ad
arrivare all’estero, scappando. Ma noi di migliaia e migliaia di ragazzi non sappiamo
proprio più niente. Noi ricordiamo il 4 giugno, ma nei giorni successivi venne dato
l’ordine da Deng Xiaoping in persona di andare in tutti i campus della città di Pechino
per cercare le persone che erano state in piazza. Nessuno ha mai confermato che cosa
sia loro successo, informazioni non ce ne sono.
D. – A Pechino, è stata censurata
qualsiasi commemorazione: a scendere in piazza, invece, è Hong Kong, con una veglia
alla quale dovrebbero partecipare oltre diecimila persone.
R. – Finalmente
riscende in piazza... Io ho abitato per tanti anni a Hong Kong ed è sempre stata,
quella, una serata molto commovente. E a Hong Kong la veglia per Tiananmen è sempre
stata particolarmente sentita. Negli ultimi anni no, purtroppo, e questo perché pure
Hong Kong ha cercato – anche con la complicità di un governo più vicino alla Repubblica
popolare – di mantenere un basso profilo anche per quanto riguarda la commemorazione
di Tiananmen. Poi, a Hong Kong è cambiato qualcosa, la città si è resa conto che questa
omologazione, o questo tentativo di rispondere sempre positivamente a quello che chiede
Pechino, è sbagliato e non porta ai risultati che la città vorrebbe e questo, finalmente,
ha riportato le persone a scendere di nuovo in piazza, a chiedere suffragio universale,
maggiori diritti e, di nuovo, anche a ricordare quello che è successo nella notte
del 4 giugno di 24 anni fa.