Rapporto sui diritti globali 2013: l'austerity non risolve la crisi e colpisce i più
deboli
E’ stato presentato ieri a Roma il Rapporto sui diritti globali 2013 a cura di Associazione
Società Informazione Onlus, e promosso da Cgil in collaborazione con diverse associazioni
impegnate sul fronte dei diritti. Ad essere indagati nel Rapporto di quest’anno sono
gli effetti sulle società, e in particolare sulle fasce più deboli, delle politiche
dell’austerity adottate oggi da molti governi, compreso quello italiano. Il servizio
di Adriana Masotti:
“L’austerità
è una condanna a morte per i più poveri”: potrebbe essere questa frase il premio Nobel
per l’economia, Joseph Stiglitz, la sintesi del contenuto del Rapporto sui diritti
globali 2013: nello studio che è alla sua undicesima edizione, si parla di questi
ultimi anni come di un percorso all’indietro, fatto di arretramento dei diritti, di
riduzione della ricchezza, di indebolimento della democrazia, di demolizione del sistema
dell’welfare. E delle scelte di austerità che stanno aggravando la crisi. Scelte davvero
inevitabili? Marco De Ponte, segretario generale ActionAid Italia:
"La
questione di fondo è se tenere i conti in ordine sia un valore di per sé e se debba
in qualche modo essere un imperativo che scavalca l’imperativo del rispetto dei diritti
delle persone. Noi siamo stati critici delle politiche di aggiustamento strutturale
in vari Paesi africani e asiatici in cui abbiamo visto che per tenere i conti in ordine
e per fare in modo che potesse fiorire un’attività economica anche dai volumi elevati
– la famosa crescita del Pil in senso assoluto – si sono spinti settori della popolazione
sempre più in situazione di esclusione sociale. Eravamo critici sulle politiche di
aggiustamento strutturale dieci-quindici-venti anni fa, in Paesi africani e asiatici
o in America Latina, e adesso vediamo replicarsi assolutamente la stessa dinamica
in Europa. Quindi: è vero forse che lo Stato non può permettersi di essere sempre
in deficit; è vero che bisogna anche saper tirare la cinghia. Ma quando questo vuol
dire effettivamente negare alle persone i propri diritti, forse bisogna farsi una
domanda di fondo. E cioè: a chi è utile la tenuta dei conti in un certo modo? Perché,
alla fine, questa è una guerra tra l’ormai 1 per cento della popolazione del mondo
che continua ad accumulare ricchezze e a gestirle, e tutti gli altri che la subiscono”.
Secondo l’ILO, chi ha seguito strade opposte all’austerity ha finora ottenuto
risultati molto più positivi. Gli USA hanno finanziato politiche per la crescita,
riducendo la disoccupazione e arrivando, nel primo trimestre 2013, a un +2,5% del
PIL. Paesi come l’Uruguay, il Brasile, l’Indonesia hanno consolidato e ampliato l’occupazione
grazie a politiche di sviluppo. In Europa, invece, oltre alla disoccupazione, cresce
la precarietà, quella che fino a ieri si chiamava flessibilità. Per quanto riguarda
l’Italia, gli ultimi dati dell’ISTAT documentano un Paese ferito in profondità, con
consumi calanti e famiglie impossibilitate a far fronte ai costi di cure ed esami
diagnostici, a pagare le bollette, con povertà e rischio di esclusione che riguardano
un quarto della popolazione. Su un totale di 16,7 milioni di pensionati italiani,
infatti, quasi otto milioni percepiscono meno di 1.000 euro mensili, oltre due milioni
meno di 500 euro. Per fra fronte alla crisi il Rapporto propone più investimenti e
spesa sociale. Quali l’impegno di ActionAid? Ancora De Ponte:
“Noi
abbiamo sempre ritenuto che le soluzioni si trovano solo se si lavora con le comunità
che sono direttamente colpite da dinamiche di esclusione sociale, per cui anche in
n Italia riteniamo che la parte fondamentale della soluzione debba passare per uno
sforzo di partecipazione dei cittadini. La collettività mette assieme, nei piccoli
paesi come nelle grandi città, le sue esigenze e si fa sentire e facendosi sentire
in genere fa le scelte più vicine ai cittadini, quindi le scelte più giuste”.