2013-06-03 12:49:27

Turchia: sugli scontri di piazza la Chiesa invita al dialogo


Le rivolte esplose in Turchia sono “un segnale d'allarme” che il governo turco potrebbe prendere in considerazione, se vuole tutelare la stabilità che negli ultimi 10 anni ha favorito la crescita economica del Paese e il rafforzamento del suo ruolo internazionale. Così dichiara all'agenzia Fides il vescovo Louis Pelatre, vicario apostolico di Istanbul. Secondo il vescovo di rito latino, “in politica è sempre saggio seguire la prospettiva del compromesso per armonizzare le spinte e gli interessi rappresentati dai diversi settori della società”. Mons. Pelatre mette in chiaro che le comunità cristiane presenti in Turchia non sono in nessun modo coinvolte direttamente nei conflitti politici che si scorgono dietro le manifestazioni e gli scontri di piazza partiti da Istanbul – con la protesta per bloccare la costruzione di un Centro commerciale che avrebbe sventrato un parco nel quartiere di Taksim – e dilagati subito in tutto il Paese. Secondo il vicario apostolico, le manifestazioni vedono in prima fila gli studenti e godono dell'appoggio di settori legati ai vecchi apparati kemalisti. Ma dietro le proteste “non si intravvede finora una reale alternativa politica al partito al potere, che rimane forte e gode dell'appoggio della maggioranza della popolazione”, mentre l'esercito – in passato decisivo nella definizione degli assetti politici turchi – mantiene una posizione defilata. Secondo i manifestanti il governo di Erdogan sfrutta il consenso acquisito nella società turca - fondato sulla stabilità e sulla crescita economica di cui ha goduto la Turchia nell'ultimo decennio – per perseguire un piano autoritario di islamizzazione dall'alto. In questo senso – nota il vescovo Pelatre - “le proteste potrebbero spingere il governo a rivedere le sue strategie. Erdogan finora ha dato spazio ai gruppi islamisti, ma nel suo stesso partito ci sono altre forze e altre sensibilità. La base del suo consenso è più larga delle forze islamiste, e lui ha bisogno dell'appoggio di tutti per continuare a governare. Lo stesso Presidente Abdullah Gul, che appartiene allo stesso schieramento, esprime spesso posizioni accomodanti e articolate. C'è da sperare che i fatti di questi giorni alimentino in tutti lo spirito di moderazione, e non l'autoritarismo”. In ogni caso, mons. Pelatre non vede per ora il pericolo che la Turchia sia contagiata dai conflitti innescati in Medio Oriente dalla cosiddetta 'Primavera araba': “I paragoni fatti tra le rivolte turche di questi giorni e i conflitti che dilaniano il Medio Oriente non mi sembrano fondati. I contesti e le vicende appaiono del tutto differenti” dichiara a Fides il vicario apostolico di Istanbul. Dal canto suo mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale turca (Cet) invita alla "moderazione ed al dialogo". Da Iskenderun, “dove le proteste non sono ancora esplose” il presule, che è anche arcivescovo di Smirne, ritiene che le manifestazioni siano un segno del “timore del popolo di andare verso uno Stato a carattere religioso”. Nondimeno, aggiunge, esiste il rischio “di un eccessivo laicismo che pervade molti Paesi occidentali”. Da qui l’appello al dialogo e alla moderazione per evitare ulteriori violenze. (R.P.)







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