Turchia: tensione a Istanbul, dopo le manifestazioni antigovernative
In Turchia, atmosfera ancora tesa dopo le proteste, iniziate ad Istanbul e proseguite
in tutto il Paese che hanno provocato, secondo Amnesty International, due morti
e oltre mille feriti. Il bilancio ufficiale del governo, invece, riporta la cifra
di 79 feriti e di oltre 900 persone arrestate, alcune poi rilasciate. Intanto la polizia
ha abbandonato piazza Taksim, centro delle proteste di Istanbul, dove dovrebbe sorgere
una caserma con il conseguente abbattimento di oltre 600 alberi: un progetto osteggiato
dai manifestanti. Ma le proteste di piazza mettono a rischio la tenuta dell’esecutivo?
Davide Maggiore lo ha chiesto a Fabio Grassi, ricercatore in Storia
dell’Europa Orientale presso l’Università “La Sapienza” di Roma:
R. - Non a breve
termine: non è che abitualmente le proteste, per quanto imponenti, facciano cadere
i governi. Certamente possono produrre - come mi sembra stia avvenendo - un certo
ripensamento, una modifica di atteggiamento.
D. - Qual è la natura di queste
proteste? Si tratta di un movimento paragonabile alle primavere arabe che hanno attraversato
altri Paesi della regione?
R. - Non vedo una grande somiglianza con questi
movimenti. Nel caso delle primavere arabe c’era una profonda spinta di insofferenza,
di ribellione contro regimi elitari e spesso militari. Qui il segno è contrario: è
una ribellione, è un segnale di forte insofferenza da parte della Turchia laica contro
un governo, in cui la spinta verso certe forme di tradizionalismo si è fatta piuttosto
forte. Ora la protesta è contro la riorganizzazione di una delle piazze più importanti
di Istanbul, centro nevralgico della Istanbul più europea. Ma, pochi giorni fa, c’era
stata una dichiarazione molto dura di Erdogan contro il consumo di alcolici…
D.
- Quindi quali sono le forze in gioco in questo confronto che, adesso, ha raggiunto
le piazze?
R. - Da una parte, il governo e il suo grande seguito popolare che,
nell’Anatolia profonda, permane ampio, e - dall’altra - un'opposizione in cui confluiscono
il vecchio gruppo sociale fortemente ancorato al kemalismo e uno strato di Turchia
laica che - a suo tempo - aveva criticato l’autoritarismo kemalista.
D. - E’
possibile che quanto sta accedendo ora abbia delle ripercussioni a livello elettorale?
E’ ipotizzabile un arretramento del partito di Erdogan?
R. - Una piccola flessione
del partito di Erdogan è possibile, una sostanziale modifica dei rapporti di forza
non mi sembra molto probabile.