Mons. Pelvi: il Papa invita tutti noi a costruire la pace, la guerra è una follia
Ieri, nella ricorrenza del 2 giugno, Festa della Repubblica italiana, il Papa ha dunque
pregato con i feriti e le famiglie dei caduti nelle missioni internazionali di pace
all’estero. Al termine della Messa celebrata nella Casa Santa Marta, Luca Collodi
ha intervistato mons. Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare per l’Italia:
R. - Stare con
il Papa assieme ai feriti e alle famiglie dei nostri ragazzi caduti arricchisce questa
giornata che è la Festa della Repubblica. Il 2 Giugno è un atto di amore, un debito
di amore, verso la famiglia militare. Una riflessione quella del Papa sulla guerra
come follia. Una guerra dietro cui c’è sempre il peccato che definirei egoismo, orgoglio,
presunzione, potere, affarismo. In questa giornata voglio guardare ai nostri militari
che ricordiamo non tanto come vittime ma come amici, come persone a cui siamo legati
con affetto e riconoscenza per il dono della pace che hanno seminato con le gocce
appassionate del loro sangue anche in terra lontana. La Festa del 2 Giugno è oggi
una giornata di grazia. L’Italia, tutta intera, può gustare la forza della preghiera
che il Papa ha elevato al Signore per l’Italia. La nazione amata, diletta, la nazione
su cui Francesco ha invocato una particolare protezione del Signore principe della
pace.
D. - Mons. Pelvi, nell’omelia il Papa ha sottolineato che la guerra
“è un atto di fede per i soldi”, “voglia di potere”. Un richiamo forte per i potenti
della Terra?
R. - Mi ha colpito interiormente la determinazione e la chiarezza
con cui il Santo Padre si è espresso sul tema della guerra. Non ha usato parole indirette.
E’ andato al cuore di un dramma che percepiamo nella storia dei nostri giorni dove
si continua a morire ed a uccidere. Dove le nazioni sono in agitazione e disarmonia
costante. Il Papa ha suscitato in me, nei nostri militari, l’impegno di una responsabilità.
Ognuno di noi, ogni italiano, nella festa di oggi, deve avvertire di essere custode
della sicurezza degli altri. Non possiamo delegare la pace a dei momenti particolari
della vita quotidiana. Non possiamo affidare l’impegno della pace solo ad una professione,
come può essere la professione militare. Credo che la pace sia la responsabilità di
ogni cittadino del mondo e allora, come accennava il presidente della Repubblica italiana
Napolitano, non possiamo stare a guardare quello che avviene accanto a noi, proteggendoci
nel privato, difendendoci dentro scelte di egoismo. Ognuno di noi deve fare la sua
parte. La Festa della Repubblica, deve risvegliare questa concreta responsabilità.
Ognuno deve cominciare a dare, donare, mettersi in gioco per quello che ha, per essere
degno della sua umanità e per aiutare i popoli della terra, nel suo piccolo, ad avere
pace, fiducia e speranza che talvolta gli egoismi, l’odio e la violenza rubano.
D.
- Il Papa ha celebrato la Festa della Repubblica con la preghiera per l’Italia. Che
senso ha questa giornata nella vita civile e democratica di un Paese in crisi?
R.
- La festa dice come l’Italia e la democrazia camminano insieme. E’ impossibile pensare
all’Italia, con radici cristiane, senza la libertà e senza salvaguardare i diritti
del cittadino. Abbiamo bisogno di coesione, di riconoscerci in un patrimonio di storia,
di valori che forse stiamo annebbiando con la nostra superficialità. Uniamo le forze
buone, i gesti propositivi, uniamo quella risorsa che mai è mancata ad ogni italiano
per portare avanti credo una storia ancora più bella. Possiamo, insieme, riuscire
a superare la crisi economica, la mancanza di lavoro. L’importante, però, è che qualcuno
paghi qualcosa. Se ognuno si impegna responsabilmente a dare se stesso ed a dare qualcosa
di sé, credo che al di là delle discussioni, delle lamentele, delle aggressività verbali
o scritte, possiamo dare un volto bello, luminoso all’Italia, terra seminata dalla
bontà di Dio nella storia umana.
D. - Guardando al bene comune, l’esperienza
militare può essere un esempio per le nostre Istituzioni e la società italiana?
R.
- I militari con la loro vita sono un serbatoio di gratuità. Sono persone generose
che non misurano il tempo del dono perché non ci sarà mai la misura dell’amore. Sono
persone che ogni giorno hanno come riferimento, la sicurezza, la benevolenza, la fraternità.
A me piace vedere i nostri militari come i costruttori di un’amicizia, sono coloro
che si accostano alle persone provate, disagiate, sofferenti e che ci mettono la faccia.
Ci mettono le loro energie più belle. Ci mettono anche la vita, pur di poter dire
all’altro che vale la pena camminare insieme e che vale la pena essere italiani.
D.
- Nella Festa della Repubblica italiana il pensiero va anche ai due marò trattenuti
in India…
R. - I due marò sono nel cuore e nei pensieri di tutti gli italiani,
unitamente alle loro famiglie. Il ponte di amicizia continua. Siamo certi che, con
un po’ di pazienza, riusciremo ad avere presto i nostri marò nella normalità del servizio
al Paese.