La vicenda Jolie. Scienza e Vita: immotivata la corsa ai test genetici
Secondo l’associazione Scienza e Vita rischia di essere immotivata la corsa ai test
genetici che si è scatenata negli ospedali italiani a seguito della vicenda dell’attrice
Angelina Jolie. Quest’ultima, lo ricordiamo, ha deciso di farsi asportare entrambi
i seni come gesto preventivo a seguito della scoperta di un gene capace di sviluppare
un timore alla mammella. Tuttavia non sempre i test sono utili e la presenza di tale
gene non comporta necessariamente l’insorgere di un cancro, spiega il genetista
Domenico Coviello, co-direttore di Scienza e Vita, al microfono di Elisa Sartarelli:
R. – Ci sono
situazioni in cui la genetica può anche giustificare un gesto ma va studiato attentamente,
non è per tutti. Certo, questo è un gesto eclatante che non va imitato, o che non
va considerato come soluzione per tutte le donne; ma per ogni donna va valutato il
rischio specifico.
D. – E’ possibile che nonostante l’asportazione, comunque
il tumore possa attaccare altri organi?
R. – Come sappiamo, in medicina non
c’è mai una sicurezza matematica, perché gli eventi biologici sono veramente complessi.
L’intervento della Jolie sicuramente avrà ridotto il rischio ma non azzera mai completamente
il rischio di poter avere la malattia. Quindi, anche lei avrà un rischio residuo –
sebbene più basso – di poter avere il tumore in un altro organo ed in questo caso
l’altro organo è l’ovaio.
D. – I test genetici sono utili, ma non sono tutti
uguali e soprattutto non sono sempre utili per tutti i tipi di malattie che potrebbero
venire segnalate da questi test. Nel caso del tumore alla mammella?
R. – Nel
caso del tumore alla mammella, questo test è indicato quando ci sono i fattori familiari
ed individuali che lo raccomandano. Questa è una decisione che quindi dev’essere presa
dal medico oncologo e dal medico genetista. E’ stata bocciata l’idea di fare uno screening
a tappeto sulla popolazione studiando questo gene, perché questo provocherebbe più
danni che benefici nelle persone. Una persona che ha la mutazione di questo gene potrebbe,
in assenza di altri rischi, non sviluppare mai la malattia, e quindi farlo a tappeto
potrebbe significare creare persone che si sentano malate pur non essendolo.
D.
– Quindi, basterebbe una sorveglianza più accurata?
R. – Basta una sorveglianza
più accurata ma una consulenza da medici specialisti che possano dire alla singola
persona se andare avanti nei test oppure no. E le due persone sono: l’oncologo e il
medico genetista. L’oncologo, perché consiglia gli esami diretti da fare sull’organo,
e se sarà il caso di fare, poi, le terapie; il genetista medico, che valuterà la situazione
familiare, quindi vedere se il tumore è presente in altri soggetti della famiglia,
e in base a queste informazioni deciderà se consigliare il test sul DNA oppure no.
D.
– Ci sono altri test che potrebbero essere fatti in alternativa a quelli genetici,
per prevenire il tumore alla mammella?
R. – Assolutamente! Ci sono ecografia,
mammografia… quindi, ci sono mezzi che danno informazioni dirette sull’organo senza
dover andare per forza sul DNA, che sono utilissimi per fare una diagnosi precoce
e, come sappiamo, nel tumore della mammella una diagnosi precoce può essere risolutiva
con l’intervento. Ma va valutato ogni singolo caso.