Intervista al presidente dello Ior Ernst von Freyberg: trasparenza con bilanci on
line e controlli sui 19 mila conti
Prendendo con decisione l’iniziativa di una nuova “politica di comunicazione” dell’Istituto
per le Opere di Religione, il presidente del Consiglio di sorveglianza, Ernst von
Freyberg, ha concesso una serie di interviste a qualificati rappresentanti della stampa
internazionale, pubblicate il 31 maggio. Per la Radio Vaticana l’intervista è stata
realizzata dal padre Bernd Hagenkord, responsabile della Sezione Tedesca. L’originale
è in lingua inglese e viene pubblicato integralmente in scritto e audio sulla pagina
web in lingua inglese del sito della Radio Vaticana.
Ernst von Freyberg
è stato nominato presidente dello Ior il 15 febbraio scorso dal Consiglio cardinalizio
di sorveglianza dell’Istituto, dopo un lungo e attento processo di selezione delle
candidature.
Lo Ior, nella forma attuale, è stato fondato da Pio XII nel 1942
“per custodire e amministrare beni trasferiti o affidati all’Istituto da persone fisiche
o giuridiche, per finalità di opere di religione o di carità”. L’Istituto, sito nella
Città del Vaticano, amministra oggi fondi per un valore totale di circa 7 miliardi
di Euro, ha circa 19.000 clienti (5.200 istituzioni cattoliche, titolari di oltre
l’85% dei fondi amministrati, e 13.700 individui, fra cui gli impiegati vaticani,
oltre a religiosi e alcune altre categorie specifiche autorizzate, come i diplomatici
accreditati presso la Santa Sede).
D. – Presidente
von Freyberg le piace il suo lavoro, venendo a Roma da Francoforte? Le piace lavorare
in Vaticano?
R. – It is a great privilege to work here; it is the most inspiring
environment … E’ un grande privilegio lavorare qui; è l’atmosfera più ispiratrice
che si possa immaginare, lavorare in Vaticano … Ed è anche una grande sfida servire
il Papa nel ristabilire la reputazione di questo Istituto.
D. – Come aveva
immaginato – prima di iniziarlo – il suo lavoro qui?
R. – Different from what
it is. When I came here I thought I would need … Diversamente da quello che è.
Quando sono venuto, pensavo di dovermi concentrare su quello che normalmente viene
definito “fare pulizia” e “mettere in ordine” fra i conti correnti irregolari. A tutt’ora
non vi è nulla di tutto questo che io abbia potuto rilevare. Questo non significa
che non ci sia niente, ma piuttosto che questa non è la nostra preoccupazione maggiore.
La nostra preoccupazione maggiore è la nostra reputazione. Il nostro lavoro – il mio
lavoro – riguarda la comunicazione molto più di quanto non avessi pensato originariamente.
E’ c’è da fare molta più comunicazione all’interno della Chiesa: non abbiamo fatto
abbastanza in passato. Il lavoro inizia in casa nostra, con i nostri stessi dipendenti,
con coloro che lavorano per la Chiesa di Roma, con coloro che sono nella Chiesa in
tutto il mondo. A loro in primo luogo siamo debitori di trasparenza e di una chiara
spiegazione in merito a quel che facciamo e del modo in cui cerchiamo di servire.
D.
– Come avviene che una persona come Lei, con la sua esperienza, possa voler lavorare
per il Vaticano, dopo tutte le avventure che ha passato lo Ior?
R. – You don’t
want to. It is not something you sit at home and dream of. … Non è una cosa che
vuoi. Non è che stai seduto a casa e lo sogni. Anche quando sei al colloquio, non
dici a te stesso “Voglio fortemente questo incarico”. Quando poi sei convocato, sei
contento di accettare la convocazione e questo penso che sia vero anche per gli altri
candidati che hanno fatto il colloquio per questo incarico. Una volta che sei qui,
poi, ti rendi conto che si tratta veramente di una bella esperienza e che è molto
meno irta di complicazioni e di problemi interni di quanto ci si possa aspettare dall’esterno.
D.
– Come si svolge una giornata-tipo in ufficio? Certo, guardare fuori dalla finestra
e trovarsi davanti Piazza San Pietro è certamente una vista alla quale la maggior
parte della gente non è abituata … E’ come una giornata-tipo nel suo ufficio a Francoforte?
R.
– A normal day starts in the most extraordinary way, because I have the privilege
… Una giornata normale che inizia nel modo più straordinario, perché ho il privilegio
di alloggiare a Santa Marta e mi è concesso talvolta di partecipare alla Messa celebrata
dal Papa. Questo è già un privilegio in sé: essere qui alle sette del mattino ed ascoltare
le sue omelie, brevi e sempre molto intense. In ufficio, la mia giornata è strutturata
secondo dei progetti. Sono un grande sostenitore dell’affrontare le questioni nella
maniera sistematica di gestione del progetto. Il nostro impegno maggiore, qui, è di
suddividere il compito in progetti e sotto-progetti, ed io partecipo ai comitati che
portano avanti questi progetti. Incontro tutti i giorni il direttore ed il vice direttore
per esaminare il lavoro del giorno, preparo riunioni di consiglio e poi comunico.
Parlo all’interno della Chiesa, parlo con i giornalisti, oggi [martedì] sono stato
a pranzo con l’ambasciatore di uno dei grandi Paesi del mondo per spiegare quello
che stiamo facendo. Il mio impegno è diviso tra gestione dei progetti, ordinaria amministrazione
e comunicazione.
D. – E per questo, la ringraziamo di parlare anche con noi.
Si è parlato del fatto che lei sarebbe una sorta di direttore part-time. Lei non vive
sempre a Roma: riesce a gestire questa situazione?
R. – When you look at our
statutes, they say that we [the board] meet every … Se ci attenessimo agli statuti,
questi prevedono che noi – il consiglio – ci incontriamo ogni tre mesi in quanto comitato;
e che una volta al mese io passi in esame il risultato economico con il direttore
generale. Questo è quello che i padri fondatori hanno previsto per la mia posizione.
Quando ho fatto il colloquio, mi era stato detto “uno o due giorni alla settimana”;
ora sto tre giorni a Roma e uno o due giorni lavoro in altre parti del mondo, ma sempre
per l’Istituto. Penso che ad un certo punto dovrò riprendere ad attenermi un po’ di
più agli statuti …
D. – Ma per il momento, va bene per il suo lavoro …
R.
– When I look at the challenges we have, we need every hour on this. Se penso alle
sfide che abbiamo di fronte, abbiamo bisogno di ogni singola ora di lavoro.
D.
– Lei lavora alle dipendenze di una commissione cardinalizia. In pratica, cosa vuol
dire?
R. – We have a commission of five cardinals, which is the highest instance
… C’è una commissione di cinque cardinali, la più alta istanza del nostro istituto.
Li incontriamo all’incirca ogni due-tre mesi, normalmente nel contesto di una riunione
di consiglio. Il direttore generale ed io incontriamo ogni mese il presidente della
commissione cardinalizia per rendere conto del nostro operato ma anche per coordinare
quello che stiamo facendo.
D. – Ci sono anche altre agenzie, come società di
consulenza, che collaborano al vostro lavoro?
R. – There is one principal agency,
which is not a consulting firm but … C’è un’agenzia principale, che non è una società
di consulenza ma il nostro supervisore, ed è l’Aif (l’Autorità di informazione finanziaria).
Essa è l’autorità finanziaria che ha la supervisione di tutte le istituzioni finanziarie
vaticane. A questa agenzia io riferisco regolarmente e con questa lavoro a stretto
contatto. Per quando riguarda consulenti esterni: ne ho assunti un certo numero. Penso
di avere assunto i consulenti più rinomati a livello mondiale nel campo della consulenza
anti-riciclaggio, al fine di esaminare ogni singolo nostro conto corrente e per esaminare
le nostre strutture e i nostri procedimenti volti all’identificazione del riciclaggio
di denaro. Abbiamo assunto anche esperti della comunicazione ed uno dei più importanti
studi legali perché ci assista nella migliore comprensione del quadro normativo nel
quale ci muoviamo e nel nostro essere conformi alle leggi.
D. – Parliamo di
riciclaggio di denaro: immagino che ci siano delle norme da applicare …
R.
– The Holy See has committed to international standards. … La Santa Sede si è impegnata
a rispettare gli standard internazionali. Noi applichiamo le leggi e gli standard
più elevati richiesti dalle nostre banche corrispondenti. Personalmente, mi trovo
sullo scrittoio ogni settimana tutti i casi sospetti e ho riunioni settimanali con
il responsabile nell’impegno anti-riciclaggio. Inoltre, applichiamo una politica di
tolleranza zero nei riguardi di clienti e di impiegati coinvolti in attività di riciclaggio.
D.
– Parliamo della banca, “la Banca del Vaticano”: anche se questo termine non è esatto,
è così che è conosciuto il suo istituto. E’ legato a molti miti, ma al di là dei miti:
cos’è esattamente, lo Ior?
R. – The Ior is the same a sit was set up in 1942.
It only does two things: … Lo Ior è quello che era quando è stato istituito nel
1942. Fa soltanto due cose. La prima: riceve depositi dai suoi clienti e li custodisce.
Anzitutto siamo una sorta di ufficio di famiglia, che protegge i fondi dei membri
della famiglia. I membri di questa famiglia sono la Santa Sede, le istituzioni collegate
con la Santa Sede, soprattutto le congregazioni religiose con le loro attività estese
a livello mondiale, i membri del clero e i dipendenti del Vaticano. Il secondo servizio
che forniamo, accanto alla protezione e alla custodia, sono servizi di pagamento:
questo significa che forniamo il servizio di trasferimento di fondi – in particolare
alle entità vaticane ed alle congregazioni che hanno attività sparse nel mondo – nei
luoghi nei quali si svolgono le loro attività.
D. – Quindi, in termini stretti,
non siete una banca?
R. – We are not a bank. We do not lend money, we do not
make investments, … Non siamo una banca. Non prestiamo denaro, non facciamo investimenti
diretti, non operiamo da controparte finanziaria. Non speculiamo in valuta o merci;
il nostro principio è che riceviamo denaro e lo investiamo in titoli di Stato, in
alcune obbligazioni societarie e nel mercato inter-bancario, nell’ambito del quale
depositiamo ad un tasso d’interesse leggermente più alto rispetto a quello che riceviamo,
al fine di poter restituire il denaro ai nostri clienti in qualsiasi momento.
D.
– Quello che avete in comune con altre banche è che guadagnate denaro, e alla fine
della giornata c’è un certo guadagno. Questo è voluto o è una cosa che succede?
R.
– Our mission is to serve. If we do our job well, we can expect to gain … La nostra
missione è servire. Se svolgiamo bene il nostro compito, possiamo aspettarcene un
guadagno. Forniamo un contributo di circa 55 milioni di euro al bilancio del Vaticano
e ne siamo un pilastro economico importante. Ora, Lei potrebbe chiedermi come facciamo
a guadagnare 55 milioni di euro. Analizzando il nostro conto economico, se ne rilevano
tre elementi fondamentali: uno sono gli interessi che versiamo a chi deposita. Poi
gli interessi attivi che percepiamo da questo. E questa è la parte più rilevante del
nostro reddito, che ammonta annualmente a 50-70 milioni di euro, dai quali noi deduciamo
poi le nostre spese. Poi abbiamo il guadagno sui prezzi delle obbligazioni, che salgono
e scendono: ecco, così si costituisce il nostro profitto. Quindi, margine d’interesse
e il cambiamento nei valori dei titoli che possediamo; da questo vanno detratti i
costi operativi che ammontano a circa 25 milioni di euro.
D. – E tutto questo
finisce, immagino, su un conto corrente a vantaggio del Vaticano, no?
R. –
It goes into an account which is for the Vatican. Finisce su un conto corrente
che è per il Vaticano.
D. – Facciamo un’ipotesi: io vengo da Lei; ho appena
fondato una congregazione religiosa. Quali servizi Lei può fornire a me e alla mia
congregazione?
R. – Only two: you could deposit your funds which you have
received … Solo due: può depositare i fondi che ha ricevuti da chiunque la sostenga,
noi li custodiamo, Le versiamo gli interessi su questi fondi e Le restituiamo tutto
in qualsiasi momento Lei ne abbia bisogno. Se Lei mi dice che ha istituito tre province,
una in Asia, una in Africa e una in America Latina, io potrei garantirLe il trasferimento
dei fondi ai suoi confratelli che sono sul posto per svolgere opera di carità, e Le
garantirei anche che il denaro possa raggiungerli anche nei posti più strani del mondo.
D.
– Quale servizio rende lo Ior unico? Quale servizio che una normale banca – grande
o media – non possa fornire?
R. – What is really unique is that we really understand
the world of the Church … Ciò che realmente è unico è che noi veramente comprendiamo
il mondo della Chiesa e la missione della Chiesa. Nello Ior ci sono 112 persone che
gestiscono 19.000 clienti. In larga maggioranza, essi sono suore o religiosi e molto
spesso essi conoscono la persona che allo Ior si occupa di loro da 20 o 30 anni. Noi
sappiamo esattamente di cosa hanno bisogno e loro qui trovano una persona fidata,
ed è questo rapporto personale che li spinge a venire qui. Siamo in competizione come
qualsiasi altro istituto finanziario nel mondo. Ogni singolo nostro cliente viene
costantemente sollecitato dalle banche di appoggiarsi a loro. Rimangono con noi perché
vogliono rimanere con noi. Vede, se chiedessimo ai nostri clienti: “Chiudiamo lo Ior?”,
al 99,99% risponderebbero di no. Vogliono rimanere qui, vogliono portare i loro denari
qui. Trovano un’assistenza personalizzata e l’esperienza ha dimostrato che qui sono
al sicuro. Lo Ior è altamente capitalizzato, ha un patrimonio netto di circa 800 milioni
su un bilancio di 5 miliardi. E’ il doppio di quello che si potrebbe trovare nelle
banche al di fuori del Vaticano. In tutta la crisi finanziaria non siamo mai stati
in difficoltà. Nessun governo ha dovuto salvarci; siamo molto, molto al sicuro.
D.
– Quindi: il vostro servizio speciale consiste nel fatto che la vostra gente conosce
i clienti e la Chiesa, ma a lungo termine anche un’altra istituzione potrebbe fornire
questo tipo di servizio. Ci sono altre banche – anche banche cattoliche, ad esempio
– che potrebbero fornire servizi uguali, non pensa?
R. – They also could provide
a very good service. I would not say … Potrebbero fornire anche un servizio molto
buono: non direi uguale, perché ogni servizio è diverso. Probabilmente, molti dei
nostri clienti si appoggiano anche ad altre banche e confrontano il nostro servizio
con il loro.
D. – Ma perché il Vaticano dovrebbe avere una “banca”? Questa
è una domanda che si sente ripetere spesso, specialmente oggi, dopo l’elezione di
Papa Francesco. Qual è la sua risposta?
R. – I would look at it from two perspectives.
One is our customers. They want us … Io guarderei alla domanda da due prospettive
diverse: una è quella dei nostri clienti. Loro vogliono che noi ci siamo. Questo è
il motivo per cui 19.000 clienti hanno scelto di depositare lì i loro denari. L’altro
punto di vista è chiedersi se offriamo un buon servizio al Santo Padre. E con la reputazione
che abbiamo, non abbiamo reso un buon servigio al Santo Padre, perché questa reputazione
oscura il messaggio. E questo per me è il primo e più importante compito da affrontare.
D.
– Per uscire dall’angolo?
R. – To get out of the limelight and into a corner
(ridono): … In realtà, per uscire dalle luci della ribalta e tornare nell’angolo
(ridono): per svolgere umilmente il nostro servizio e non trovarci costantemente sotto
ai riflettori.
D. – Diceva del numero dei clienti: a confronto con altre banche,
è alto, piccolo, medio?
R. – It’s tiny. There are few smaller banks than our
institute. E’ piccolo: ci sono solo poche banche più piccole del nostro istituto.
D.
– Il Rapporto dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), a cui lei faceva riferimento
prima, ha indicato sei casi illeciti. Questo significa che lo Ior è implicato in comportamenti
non idonei, o cosa ci dicono queste cifre?
R. – The number first of all tells
u show rumours start. … Prima di tutto, queste cifre ci fanno capire come nascono
le “voci”. Non sono “illeciti”, ma “sospetti”, e in realtà ciò dimostra che il nostro
sistema di monitoraggio interno incomincia a funzionare. Questo significa che siamo
diligenti e che abbiamo identificato sei transazioni delle quali abbiamo pensato che
fossero inappropriate e per questo le abbiamo riferite al nostro supervisore. Quando
identifichiamo una tale transazione, immediatamente la segnaliamo all’Aif, che è il
nostro supervisore.
D. – Questo è il metodo di trasparenza da parte dell’Aif
e anche da parte vostra …
R. – That is the reporting system, in place within
the Holy See, applicable to … Questo è il sistema di segnalazione in atto all’interno
della Santa Sede, che può essere applicato ad ogni istituzione finanziaria. E’ quello
che ci si aspetterebbe in un sistema finanziario moderno: un sistema che controlli
ogni transazione. Noi non siamo una banca, ma in quanto istituzione finanziaria, questa
disposizione vale anche per noi. Noi controlliamo ogni transazione; se rileviamo un
qualsiasi comportamento sospetto, presentiamo un cosiddetto “Rapporto di transazione
sospetta” all’Aif. Questo sistema è progettato per prevenire il riciclaggio di denaro
sporco e il finanziamento del terrorismo.
D. – Si è parlato molto anche della
“lista bianca” dell’Ocse: il Vaticano vorrebbe essere accolto in quella “lista bianca”.
Come il suo Istituto può contribuire affinché ciò avvenga?
R. – There is no
white list. The purpose of the Moneyval process is to identify … Non c’è nessuna
“lista bianca”. Lo scopo della procedura Moneyval è identificare Paesi e giurisdizioni
che possano mettere a rischio il sistema finanziario globale. Questo avviene eseguendo
valutazioni riguardo al quadro giuridico di ogni Paese e giurisdizione. Si identificano
quei Paesi e quelle giurisdizioni che vengono definiti critici. La Santa Sede si è
sottoposta a questa valutazione l’anno scorso e secondo il Rapporto Moneyval, pubblicato
l’anno scorso, la Santa Sede ha in atto un sistema funzionale e non è considerata
una giurisdizione critica. Detto ciò, noi dello Ior siamo un elemento di tale sistema.
Siamo chiamati, in particolare, a mettere in atto procedimenti e strutture più severi
al fine di individuare transazioni sospette e clienti sospetti. Perciò ora mi avvalgo
dell’opera della migliore agenzia di consulenza del mondo per queste faccende, per
riscrivere il nostro manuale su come individuare transazioni e clienti sospetti e
come ricontrollare tutti i nostri conti correnti. Strutture e procedure saranno pronte
alla fine dell’estate, e con questo avremo compiuto questa parte dell’opera. Ma andremo
oltre e controlleremo ogni singolo deposito, e questo sarà portato a conclusione entro
la fine dell’anno.
D. – Nel suo istituto ci sono conti cifrati? Corrono sempre
voci su somme enormi senza padrone …
R. – That is another good example. That
is pure fiction. There are no … Questo è un altro buon esempio: è pura fantasia.
Non esistono conti cifrati. Fin dal 1996 è tecnicamente impossibile, con il nostro
sistema, aprire un deposito cifrato. Sarebbe anche contro la legge del Vaticano. Io
stesso sono andato a controllare nel sistema, ho fatto controlli a campione: non ho
trovato traccia di conti cifrati.
D. – Nemmeno per quanto riguarda il passato?
R.
– They would not work in the system. Non potrebbero esistere in questo sistema.
D.
– Noi ora siamo seduti qui per questa intervista; la settimana scorsa c’è stato il
rapporto all’Autorità di informazione finanziaria: trasparenza è la nuova parola d’ordine
allo Ior?
R. – Transparency is a key, but not only transparency but also what
… La trasparenza è una chiave, ma non solo la trasparenza; anche ciò a cui si mira,
una volta diventati trasparenti: e cioè, che siamo completamente puliti, come è necessario
essere se si vuole essere accettati nel sistema finanziario internazionale. La trasparenza
non è una cosa che il mondo ha da sempre e alla quale il Vaticano dev’essere trascinato.
Se torniamo indietro di 15 anni, probabilmente allora eravamo molto normali, nel senso
che tutte le istituzioni finanziarie private nel mondo, e anche quelle pubbliche,
operavano sulla base del segreto bancario. Oggi è ancora al centro di un grande dibattito
all’interno dell’Unione Europea fino a che punto debba valere il segreto bancario.
Poi, sono accadute tre cose: la prima è stata l’11 settembre, quando gli americani
sono partiti all’attacco per identificare i finanziamenti ai terroristi. Questo processo
ovviamente è iniziato dalle maggiori banche del mondo ed ora ha raggiunto anche la
più piccola banca o il più piccolo istituto nel più piccolo Stato: per arrivare a
questo, ci sono voluti alcuni anni. Poi sono arrivati i social media, e con i mezzi
di comunicazione sociale nella pubblica opinione è venuto formandosi un concetto completamente
nuovo di segretezza, anche nell’ambito della finanza. Poi è venuta la crisi finanziaria
insieme alla necessità e al desiderio che le autorità fiscali trattassero in maniera
equa i contribuenti, richiamando gli evasori alle loro responsabilità. Questo, a sua
volta, ha costretto le istituzioni finanziarie a rinunciare ad una parte del segreto
bancario. Questi tre eventi hanno trasformato l’ambito finanziario nel mondo, e noi
siamo arrivati in ritardo, ad adeguarci a questo nuovo mondo. Ora stiamo correndo
per recuperare e per tornare dove eravamo 15 anni fa: relativamente normali in confronto
con altre istituzioni finanziarie.
D. – Pure, come Lei ha detto, in questo
momento c’è una sorta di ombra sul Vaticano, che un po’ scolora l’immagine e del papato
e del Vaticano stesso. C’è stato qualcosa di sbagliato o non ancora applicato …
R.
– Yes. Now we are coming back to our reputation. That is the most important … Sì:
ora stiamo riguadagnando la nostra reputazione. Questa è la cosa più importante che
devo fare: cacciare quell’ombra.
D. – Sarà possibile?
R. – Yes. I believe
we are a well managed, clean financial institution. … Sì, perché credo che siamo
un’istituzione finanziaria ben gestita e pulita. Possiamo migliorare in tutti gli
ambiti, come tutti gli altri, e ci stiamo impegnando ad essere validi come lo sono
istituti simili. Poi, abbiamo bisogno di comunicare. Nel passato, non parlavamo con
nessuno, a cominciare dai nostri interlocutori più prossimi. Non abbiamo parlato in
maniera sistematica con i cardinali, non con la Curia, non con la Chiesa. E’ diritto
di ciascun membro della Chiesa cattolica in ogni parte del mondo di essere informato
dettagliatamente su questa istituzione. Cosa faremo ora? Inizieremo a parlare con
i media, parleremo nella Chiesa ed informeremo in maniera sistematica i nostri interlocutori
fondamentali; presenteremo un rapporto annuale come farebbe ogni altra istituzione
finanziaria e lo pubblicheremo in internet il 1° ottobre, sul nostro sito.
D.
– Il suo incarico dura cinque anni, vero?
R. – To be precise, I stepped in
the middle on a term, my term ends in 2015. Ad essere precisi, ho iniziato nel
mezzo di un mandato: il mio incarico finisce nel 2015.
D. – Nel 2015, che cosa
considererebbe un successo del suo lavoro?
R. – My dream is a very clear one.
My dream is that our reputation is such … Il mio sogno è molto chiaro: il mio sogno
è che la nostra reputazione sia tale che la gente non pensi più tanto a noi; che quando
la gente pensa “Vaticano”, non pensi più “Ior” ma ascolti le parole del Papa.