“Un convegno pastorale dal titolo “La cura spirituale del sofferente”, si è tenuto
nei giorni scorsi a Trento nell’aula magna del Seminario. Organizzato dall’arcidiocesi
trentina, ha visto gli interventi di mons. Lauro Tisi, Vicario generale, e dello psichiatra
ed esorcista don Primo Martinuzzi, rettore del Santuario del Serrone in provincia
di Frosinone. L’ha seguito per noi Mariangela Brunet:
"Il Cristianesimo
è la religione del curare non del guarire… “ ebbe a dire mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo
ausiliare di Roma, incaricato per la Pastorale diocesana della salute, ad un recente
Convegno. Semmai è Dio che guarisce le ferite fisiche e morali. Di questo si è parlato
a lungo anche al Convegno di Trento, dove è emerso che prendersi cura della persona
sofferente consiste nell’accompagnarla ad attraversare il dolore, aiutandola a dargli
un nome e soprattutto a trovarne il senso, il significato. Ma quale significato? Conferma
don Primo Martinuzzi : “La persona, secondo l’antropologia cristiana non è solo corpo
fisico, come vorrebbe sostenere la visione materialista e nichilista attuale, ma anche
psiche ed anima. Perciò c’è vero ben-essere, non solo quando la salute, lo star-bene
interessa il corpo, ma anche e soprattutto quando si rivolge all’interiorità della
persona.” In realtà non c’è nulla come il dolore che può distruggere questo star-bene.
Per questo al dolore si dà sempre una connotazione negativa. Invece esso, aggiunge
mons. Lauro Tisi ,“ da portatore di distruzione, suo malgrado, può diventare ambito
di vita, rappresentando in tal modo non una deprivazione ma una maggiorazione.” In
che modo? “Il cristiano sa che è nato sul Calvario, approfondisce ancora mons.
Tisi, il monte del dolore, da luogo di morte è diventato luogo di vita e di creazione,
perché qui è avvenuta una donazione di sé, di amore senza condizioni, gratuito, da
parte di Gesù Crocefisso per noi, per la nostra salvezza, cioè per il nostro benessere,
per la nostra guarigione a tutti i livelli.” Il modello di uomo che sa soffrire è
proprio Lui, Gesù, non a caso chiamato da Pilato, suo malgrado, “Ecce homo”. Gesù
ci ha indicato la strada su come vivere il dolore: trasformandolo in dono. “Perciò
anche per chi vuol essere discepolo di Gesù, continua il Vicario, il dono di sé, non
è compiere opere pie, ma offrire, sul suo esempio, la propria vita, il proprio dolore,
a Dio a beneficio del riscatto di altri.” Così la cura spirituale del sofferente consiste
nell’accostamento delicato, premuroso, in punta di piedi, per scendere nell’Io profondo
della persona incontrata, e con lei compiere il viaggio di offerta di sé e del proprio
dolore. Questo genera benessere, salvezza, salute, perché libera dall’occuparsi di
sé e ci guarisce nell’anima dallo sconforto, dalla sfiducia, dalla disperazione, e
dall’angoscia esistenziale del non-senso.
(Da Trento Mariangela Brunet
per la Radio Vaticana)