Don Ciotti: il Papa sulla mafia scuote le coscienze. Non basta pentirsi, bisogna convertirsi
Un grido per dire a chi è nel circolo della mafia “che non basta pentirsi ma bisogna
convertirsi". Così don Luigi Ciotti, presidente dell'Associazione Libera, contro
tutte le mafie, “legge” la preghiera di Papa Francesco levata all’Angelus di domenica
scorsa per la conversione dei mafiosi, all'indomani della Beatificazione del sacerdote
martire, don Pino Puglisi. Le parole di don Ciotti al microfono di Fabio Colagrande:
R. – E’ un grido
per sottolineare veramente come dobbiamo essere tutti capaci di saldare la terra con
il cielo. E’ un grido per dire ai criminali mafiosi che non basta pentirsi, ma bisogna
convertirsi. Diventa fondamentale e importante un cambiamento anche interiore, soprattutto
nella scia di quello che Giovanni Paolo II, 20 anni fa, nella Valle dei Templi, aveva
gridato – “Convertitevi” – ma anche delle parole che Benedetto XVI disse a Palermo,
nella sua visita di qualche anno fa – “Mafia, storia di morte” – proprio per scuotere
le coscienze, per invitare le comunità cristiane a essere capaci della testimonianza
cristiana, della responsabilità civile. Ma la cosa bella è che ha legato il problema
della prostituzione, della tratta, delle forme di schiavitù, cioè della privazione
della libertà delle persone, saldandoli alle forme di sfruttamento, di violenza, di
giochi criminali. E’ bello, perché ha messo in evidenza che il problema non è solo
la mafia, ma è la "mafiosità".
D. – Che cosa significa parlare di sfruttamenti,
schiavitù? Dietro tutto ciò – ha detto il Papa – ci sono mafie. Quanto è vero?
R.
– E’ vero, perché dietro tutte queste parole, ci sono storie, volti, fatiche e speranze
delle persone. E’ il grido della libertà, perché la vita ci affida un impegno: bisogna
impegnare la nostra libertà per liberare chi libero non è, chi è reso schiavo, chi
è povero, chi è ai margini, le vittime della violenza criminale. E qui, si potrebbero
aggiungere l’ecomafia, l’usura, le forme di estorsione, le dipendenze dalla droga
e varie forme di sfruttamento. Non sono persone libere e il Papa ha chiamato per nome
alcune di queste dimensioni che chiedono dignità e libertà.
D. – Non è un caso
che la vostra Associazione si chiami proprio "Libera” contro tutte le mafie...
R.
– “Libera” proprio perché la libertà deve essere "liberata". Il nostro impegno è fatto
con la cultura, con i percorsi educativi, coinvolgendo le scuole, il mondo universitario:
perché è la cultura che dà la sveglia alle coscienze. Un conoscere per diventare persone
più responsabili, che diventa importante: c'è la vicinanza ai familiari delle vittime
innocenti della mafia, che siamo riusciti a mettere in questa stupenda rete, e anche
soprattutto il sottrarre i patrimoni mafiosi e restituirli alla collettività. E se
penso che sulla Piana di Gioia Tauro c’è un bene confiscato dove il vescovo ha chiesto
di poter costruire una Chiesa, la trovo una cosa meravigliosa.
D. – Sicuramente,
padre Puglisi non era uno di quei "cristiani da salotto", per cui va tutto bene, per
usare il gergo di Papa Francesco...
R. – Meraviglioso. Devo dire meraviglioso.
Sono parole molto chiare. Credo che nella Chiesa, non dimenticando le belle realtà
che ci sono – ce ne sono veramente tante a volte che non fanno chiasso, che non fanno
rumore – bisogna comunque portare ancora avanti di più, di più quel processo di purificazione
da tutte le forme di potere politico, economico, sociale. Una Chiesa più povera di
fronte al potere e più coraggiosa. La Chiesa deve interferire dove viene calpestata
la libertà, la dignità delle persone. Dove viene umiliato e soffocato un processo
di giustizia, la Chiesa ha il dovere di parlare. Il Papa ci invita a fare questo.