La preghiera dei bambini della Prima Comunione per Papa Francesco: la riflessione
di mons. Penna
Molte parole e molti gesti restano impressi della prima visita di Papa Francesco in
una parrocchia romana. Un incontro particolarmente sentito in cui, tra l’altro, il
Papa ha dato la Prima Comunione a 16 bambini. In particolare, ha colpito il suo chinare
il capo dinanzi ai bimbi, come per chiedere la loro preghiera e benedizione. Il pensiero
è andato al 13 marzo, quando si è presentato al mondo, chiedendo la preghiera dei
fedeli perché Dio lo benedisse. Dell’origine e del valore della benedizione, che la
Chiesa annovera tra i sacramentali, cioè gesti sacri, Fausta Speranza ha parlato
con il biblista prof. mons. Romano Penna, docente alla Pontificia Università
Lateranense:
R. – All’origine
c’è una prassi ebraica, non greca, non romana, ma proprio ebraica, dove la benedizione
viene data da Dio e anche a Dio. Nel primo caso, è tipico il testo del Libro dei Numeri,
al capitolo 6, una formula che credo sia anche nota, dove si dice: “Così benedirete
gli israeliti, direte loro: ‘Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia
risplendere per te il Suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il Suo
volto e ti conceda pace’. Questo è un testo bellissimo. Poi, però, nell’ebraismo,
in particolare nel culto sinagogale, c’è la benedizione a Dio, non nel senso che gli
si voglia fare un favore o augurargli del bene, ma nel senso di riconoscere la sua
diversità, la sua superiorità, il suo dinamismo salvifico. Dio viene benedetto perché
Lui è mio amico - diciamo in termini molto semplici - dove la benedizione equivale
quasi ad un ringraziamento.
D. – Ma quanta fiducia ci dà Papa Francesco, chiedendo
la nostra benedizione? E poi è anche una responsabilizzazione al “bene dire”, anche
al "bene parlare", piuttosto che al “male dire”, che troppo spesso facciamo contro
qualcuno o contro qualcosa, anche per futili motivi...
R. – Beh, è un segno
di con-unione, proprio di comunione. Ed è un gesto di responsabilizzazione e anche
di valorizzazione del mio interlocutore, perché gli auguro ogni bene, non in termini
generici, neutrali, filantropici, ma proprio il bene di Dio stesso. C’è anche il famoso
“benedictus” che Zaccaria pronuncia nel Vangelo di Luca: benedice Dio. Ci sono alcune
lettere di Paolo in cui si comincia - nella Lettera agli Efesini – “Benedetto Dio
Signore, Padre, Signore nostro Gesù Cristo”, e viene cioè benedetto Dio stesso, ma
come fonte di benedizione, perché il testo degli Efesini dice: “il quale ci ha benedetti
con ogni benedizione spirituale in Cristo”. E’ vero che nelle lettere di Paolo non
c’è una benedizione data ai destinatari. Questa è prassi che si è poi istituita e
consolidata e di cui il gesto di Papa Francesco è una bella dimostrazione.
D.
– In particolare, ieri, ha chianto il capo dinanzi ai bambini, come per chiedere una
benedizione. Quanto valore in più può avere – diciamo così – la benedizione dei più
puri di cuore?
R. – E’ una richiesta paterna, diciamo la verità, che esprime
la comunione sua con loro e apprezza il loro rapporto con sé, con lui, con il Papa.
E’ una benedizione pura, fresca, che non può che fare del bene.
D. – E in ogni
caso, quanto fa bene a chi la dà la propria benedizione, oltre che al destinatario?
R.
– Fa bene sì, ma fa bene nel senso che esprime già uno stato di bene. Esprime l’idea
di una mia comunione. Io stesso voglio dire bene di lui, perché poi questo benedire
è un termine latino, che esprime il dire, solo il dire, ma nel testo originale non
c’è solo il dire, c’è proprio il riferimento all’atto che si verifica dell’assistenza
di Dio su chi è presentato come destinatario. Ci deve essere insomma un coinvolgimento
globale della persona nel suo rapporto, nella sua dimensione relazionale.
D.
– Papa Francesco, che ci dice di non essere cristiani inamidati, cristiani da museo,
cristiani part-time, ci chiama anche alle benedizioni: - come dire - ci chiede di
essere cristiani vivi davvero...
R. – Sì, direi proprio di sì. E nella misura
in cui questa benedizione implica, non solo un rapporto antropologico a livello di
pura relazionalità umana, ma implica e richiede la benedizione di Dio stesso in Gesù
Cristo. Benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti.