Don Ciotti: "Il Papa ci invita a 'rompere le scatole' come faceva il Beato Puglisi"
"Quello del Papa
è stato un grido per sottolineare che dobbiamo essere tutti veramente capaci di saldare
la terra con il cielo e per dire a chi è in quei circuiti mafiosi che non basta pentirsi
ma bisogna convertirsi". Don Luigi Ciotti, presidente dell'Associazione
Libera, contro tutte le mafie, commenta così la preghiera di Papa Francesco
per la conversione dei mafiosi, pronunciata all'indomani della beatificazione del
sacerdote martire don Pino Puglisi. "Sulla scia di Giovanni Paolo II e di Benedetto
XVI - aggiunge don Ciotti - Papa Francesco scuote così le coscienze e invita le comunità
cristiane a essere capaci della testimonianza cristiana della responsabilità civile".
"Ma la cosa più bella dell'appello del Papa - prosegue il presidente di Libera
- è aver saldato il problema della prostituzione, della tratta, delle forme di schiavitù,
cioè della privazione della libertà delle persone, a quello dello sfruttamento, della
violenza, esercitati dalla criminalità organizzata". "E' importante perché così il
Papa ha ricordato che il problema non è solo la mafia, ma la mafiosità, che è in fondo
il mare dentro cui nuota il pesce mafioso". "La più grande umiliazione della persona
umana è la negazione della libertà - aggiunge don Ciotti - non è libero chi è povero,
chi è ai margini, le vittime della violenza criminale non sono persone libere. La
vita ci affida l'impegno di liberare le libertà. E dove c'è la presenza mafiosa con
i suoi doveri, i suoi obiettivi, la gente non è libera, come ha spiegato bene il Papa".
A proposito della figura del Beato Puglisi, ricordata dal Papa, don Ciotti sottolinea
il rischio di ridurlo solo a un'icona o un santino. "Non dobbiamo dimenticare
le dichiarazioni di due testimoni di giustizia, uomini di mafia, come Spatuzza e Drago,
che hanno raccontato che Puglisi fu ammazzato perché predicando il Vangelo ai giovani,
e cioè 'rompendo le scatole', toglieva manovalanza alla criminalità". "Don Puglisi
era uno che 'rompeva le scatole', uno che non la mandava dire. Cioè, viveva quello
che il Vangelo raccomanda: la 'parresìa', il parlare chiaro. E soprattutto faceva
cose concrete per la sua gente. E' questo di cui abbiamo bisogno oggi più che mai,
perché non possiamo nasconderci che all'interno della Chiesa ci sono state, e purtroppo
ci sono ancora in molti contesti, delle fragilità, delle omissioni, dei tentativi
di minimizzare, dei silenzi. No, ci vuole uno scatto in più. E la meraviglia è che
il Papa ce lo sta dando". "Senza dimenticare le tante belle realtà che lavorano
in silenzio - continua don Ciotti - dobbiamo dire che nella Chiesa bisogna portare
avanti quel processo di purificazione da tutte le forme di potere politico, economico
e sociale. Vogliamo una Chiesa più povera di fronte al potere e più coraggiosa per
testimoniare il nostro desiderio di giustizia e di ricerca della verità". "Nel '93
Cosa Nostra attaccò la Chiesa perché si esprimeva contro la mafia, perché inteferiva"
conclude il sacerdote presidente di Libera. "Le parole di Giovanni Paolo II ad Agrigento
graffiarono dentro, come certamente graffieranno dentro oggi quelle di Papa Francesco.
In risposta fu mandato un segnale per dire che la Chiesa non doveva inteferire. E
invece deve farlo, dove viene calpestata la dignità e la libertà delle persone. La
Chiesa ha il dovere di parlare e il Papa ci invita a farlo". (A cura di Fabio Colagrande)