2013-05-27 17:26:35

Don Ciotti: "Il Papa ci invita a 'rompere le scatole' come faceva il Beato Puglisi"


RealAudioMP3 "Quello del Papa è stato un grido per sottolineare che dobbiamo essere tutti veramente capaci di saldare la terra con il cielo e per dire a chi è in quei circuiti mafiosi che non basta pentirsi ma bisogna convertirsi". Don Luigi Ciotti, presidente dell'Associazione Libera, contro tutte le mafie, commenta così la preghiera di Papa Francesco per la conversione dei mafiosi, pronunciata all'indomani della beatificazione del sacerdote martire don Pino Puglisi. "Sulla scia di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI - aggiunge don Ciotti - Papa Francesco scuote così le coscienze e invita le comunità cristiane a essere capaci della testimonianza cristiana della responsabilità civile". "Ma la cosa più bella dell'appello del Papa - prosegue il presidente di Libera - è aver saldato il problema della prostituzione, della tratta, delle forme di schiavitù, cioè della privazione della libertà delle persone, a quello dello sfruttamento, della violenza, esercitati dalla criminalità organizzata". "E' importante perché così il Papa ha ricordato che il problema non è solo la mafia, ma la mafiosità, che è in fondo il mare dentro cui nuota il pesce mafioso". "La più grande umiliazione della persona umana è la negazione della libertà - aggiunge don Ciotti - non è libero chi è povero, chi è ai margini, le vittime della violenza criminale non sono persone libere. La vita ci affida l'impegno di liberare le libertà. E dove c'è la presenza mafiosa con i suoi doveri, i suoi obiettivi, la gente non è libera, come ha spiegato bene il Papa". A proposito della figura del Beato Puglisi, ricordata dal Papa, don Ciotti sottolinea il rischio di ridurlo solo a un'icona o un santino. "Non dobbiamo dimenticare le dichiarazioni di due testimoni di giustizia, uomini di mafia, come Spatuzza e Drago, che hanno raccontato che Puglisi fu ammazzato perché predicando il Vangelo ai giovani, e cioè 'rompendo le scatole', toglieva manovalanza alla criminalità". "Don Puglisi era uno che 'rompeva le scatole', uno che non la mandava dire. Cioè, viveva quello che il Vangelo raccomanda: la 'parresìa', il parlare chiaro. E soprattutto faceva cose concrete per la sua gente. E' questo di cui abbiamo bisogno oggi più che mai, perché non possiamo nasconderci che all'interno della Chiesa ci sono state, e purtroppo ci sono ancora in molti contesti, delle fragilità, delle omissioni, dei tentativi di minimizzare, dei silenzi. No, ci vuole uno scatto in più. E la meraviglia è che il Papa ce lo sta dando". "Senza dimenticare le tante belle realtà che lavorano in silenzio - continua don Ciotti - dobbiamo dire che nella Chiesa bisogna portare avanti quel processo di purificazione da tutte le forme di potere politico, economico e sociale. Vogliamo una Chiesa più povera di fronte al potere e più coraggiosa per testimoniare il nostro desiderio di giustizia e di ricerca della verità". "Nel '93 Cosa Nostra attaccò la Chiesa perché si esprimeva contro la mafia, perché inteferiva" conclude il sacerdote presidente di Libera. "Le parole di Giovanni Paolo II ad Agrigento graffiarono dentro, come certamente graffieranno dentro oggi quelle di Papa Francesco. In risposta fu mandato un segnale per dire che la Chiesa non doveva inteferire. E invece deve farlo, dove viene calpestata la dignità e la libertà delle persone. La Chiesa ha il dovere di parlare e il Papa ci invita a farlo". (A cura di Fabio Colagrande)







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