Pellegrinaggio militare a Lourdes. Mons. Pelvi: Santi anche in divisa
È in corso il 55.mo pellegrinaggio militare internazionale a Lourdes, ispirato all’Anno
della Fede. Ad accompagnare il folto contingente italiano in uno dei luoghi mariani
più frequentati al mondo è l’ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi. Alla
vigilia dell’evento, Luca Collodi lo ha intervistato:
R. – E’ un pellegrinaggio
significativo per il cammino spirituale delle famiglie dei nostri militari e dei militari
stessi. Quest’anno, il pellegrinaggio vede la partecipazione di oltre 3.500 militari
italiani ed ha connotazione speciale, l’Anno della Fede. Lourdes è una delle tappe
del nostro cammino di quest’anno che si unisce anche al pellegrinaggio fatto a Capodanno
in Terra Santa, la porta della fede. Maria ci fa entrare in Gesù, ci accompagna in
lui e ci guida attraverso la sua materna vicinanza al Signore vivente e risorto.
D.
– Il pellegrinaggio di quest’anno ha come riferimento alcuni testimoni del mondo militare
che sono Santi. Si può essere Santi anche vivendo un’esperienza militare?
R.
– Sì, perché l’anno della Fede e Lourdes vogliono essere per noi l’occasione per rivolgere
l’attenzione ai Santi che nel firmamento della storia militare sono come stelle di
orientamento. E’ l’attualità dei nostri Santi militari di ogni Forza Armata, cappellani
militari ma anche fedeli laici, che hanno vissuto la loro professione militare. Negli
anniversari che il mondo civile si appresta a celebrare, in riferimento alle due grandi
guerre mondiali, non può mancare quella centralità di vita. Possiamo dire che i nostri
Santi militari sono coloro che uniscono insieme la scienza della fede e la scienza
dell’amore, nella carne donata dai nostri Santi militari per il bene e la gioia del
mondo. Vorrei sottolineare la loro attualità. Se penso a come si è immolato Salvo
d’Acquisto, del quale celebriamo a settembre il 70.mo dalla morte. O faccio riferimento
alle missioni di sicurezza, all’immolarsi per gli altri. Penso a Carlo Gnocchi, la
speranza di una vita che supera la fragilità. Penso al finanziere Gabbana, e allora
dico che è possibile oggi uno stile di fraternità umana sul suo esempio, andando oltre
quelli che sono i parametri di immediatezza della stessa fede. Perché Gabbana ha veramente
salvato, come altre cappellani, gli ebrei. Ha cercato di mettere pace in una terra
come quella istriana. Oppure, la tragedia recente di Genova mi porta al pensiero di
Egidio Bullesi, l’“angelo del tabernacolo” per la sua fede eucaristica, apostolo dei
giovani nella zona di Trieste. Ricorderei Semeria, un patriota cristiano, che ha cercato
di conciliare fede e vita.
D. – La dimensione internazionale del pellegrinaggio
a Lourdes può rafforzare l’esperienza delle missioni di pace all’estero?
R.
– Certamente. I nostri militari sono persone che posseggono il Vangelo della solidarietà
e dell’accoglienza. Se mi riferisco a Giovanni XXIII, il “cappellano” della Pacem
in Terris, direi che questo pellegrinaggio a Lourdes invita tutti a guardare fuori
i confini del nostro Paese. A Lourdes, preghiamo per la pace nel mondo ma preghiamo
anche per il delicato momento che attraversa l’Italia. Mi pare sia significativo il
richiamo, in questo senso, a Papa Giovanni XXIII che, celebrando il centenario dell’Unità
d’Italia, disse che la storia tutto vela e tutto svela. Dobbiamo cioè voltare pagina
sulle divisioni e incoraggiare la vita democratica dell’Italia e, aggiungerei, una
parola bella di preghiera che facciamo nostra a Lourdes che è di Semeria. Impegnato
nella riconciliazione tra la Chiesa e la Patria, convinto che l’ingresso dei cattolici
nel sociale, poteva rinnovare umanamente e spiritualmente l’Italia. L’incoraggiamento
ai nostri soldati è quello di essere fieri per portare a tutti il senso della misericordia
della tenerezza e della pace.
D. – Il pellegrinaggio a Lourdes richiama l’impegno
del laicato cattolico nel sociale al servizio della democrazia?
R. – I militari
vengono da esperienze ecclesiali e credo che come istituzione siano una cerniera molto
solida e robusta di intesa tra quelli che sono i veri valori e quella che è la crisi
del relativismo, del permissivismo, dell’egoismo. I militari mostrano, con la testimonianza
familiare e personale, che vale la pena andare avanti sapendo che la storia è fatta
di coraggio, determinazione, ma anche di consapevolezza che nulla va perso di quello
che diamo agli altri nella vita.
D. – Il pellegrinaggio a Lourdes arriva alla
vigilia della festa della Repubblica italiana del 2 giugno, celebrata con la tradizionale
parata militare. Cosa significa festeggiare la Repubblica pensando a quanti sono caduti
per l’istituzione repubblicana in missione di pace, o ai due marò ancora bloccati
in India?
R. – Credo che la Festa della Repubblica sia una manifestazione di
affetto, di vicinanza per coloro che sono testimoni di una carità fatta di rinunce,
di sacrificio fino alla vita, di una carità che diventa linfa di speranza per un futuro
sereno dei popoli. Credo veramente che i nostri militari diano tutto quello che hanno.
Fino ad offrire la loro vita, perché ci sia speranza nel mondo. E qui il pensiero
va alle famiglie che soffrono i loro caduti in missione di pace. C’è chi muore in
servizio come i nostri militari, come anche i civili che hanno perso la vita recentemente
nel porto di Genova. Un pensiero poi a Salvatore e Massimiliano, che saranno presenti
spiritualmente a Lourdes e ai Fori imperiali a Roma con la loro fede e anche con il
loro coraggio di salvaguardare l’interesse dell’Italia, pur restando in India. Il
nostro pensiero a tutti quanti, 24 ore su 24, ci mettono nella possibilità di potere
vivere una vita serena, una vita fatta di incontro, dialogo, condivisione e fraternità.