2013-05-24 15:39:59

Pellegrinaggio militare a Lourdes. Mons. Pelvi: Santi anche in divisa


È in corso il 55.mo pellegrinaggio militare internazionale a Lourdes, ispirato all’Anno della Fede. Ad accompagnare il folto contingente italiano in uno dei luoghi mariani più frequentati al mondo è l’ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi. Alla vigilia dell’evento, Luca Collodi lo ha intervistato:

R. – E’ un pellegrinaggio significativo per il cammino spirituale delle famiglie dei nostri militari e dei militari stessi. Quest’anno, il pellegrinaggio vede la partecipazione di oltre 3.500 militari italiani ed ha connotazione speciale, l’Anno della Fede. Lourdes è una delle tappe del nostro cammino di quest’anno che si unisce anche al pellegrinaggio fatto a Capodanno in Terra Santa, la porta della fede. Maria ci fa entrare in Gesù, ci accompagna in lui e ci guida attraverso la sua materna vicinanza al Signore vivente e risorto.

D. – Il pellegrinaggio di quest’anno ha come riferimento alcuni testimoni del mondo militare che sono Santi. Si può essere Santi anche vivendo un’esperienza militare?

R. – Sì, perché l’anno della Fede e Lourdes vogliono essere per noi l’occasione per rivolgere l’attenzione ai Santi che nel firmamento della storia militare sono come stelle di orientamento. E’ l’attualità dei nostri Santi militari di ogni Forza Armata, cappellani militari ma anche fedeli laici, che hanno vissuto la loro professione militare. Negli anniversari che il mondo civile si appresta a celebrare, in riferimento alle due grandi guerre mondiali, non può mancare quella centralità di vita. Possiamo dire che i nostri Santi militari sono coloro che uniscono insieme la scienza della fede e la scienza dell’amore, nella carne donata dai nostri Santi militari per il bene e la gioia del mondo. Vorrei sottolineare la loro attualità. Se penso a come si è immolato Salvo d’Acquisto, del quale celebriamo a settembre il 70.mo dalla morte. O faccio riferimento alle missioni di sicurezza, all’immolarsi per gli altri. Penso a Carlo Gnocchi, la speranza di una vita che supera la fragilità. Penso al finanziere Gabbana, e allora dico che è possibile oggi uno stile di fraternità umana sul suo esempio, andando oltre quelli che sono i parametri di immediatezza della stessa fede. Perché Gabbana ha veramente salvato, come altre cappellani, gli ebrei. Ha cercato di mettere pace in una terra come quella istriana. Oppure, la tragedia recente di Genova mi porta al pensiero di Egidio Bullesi, l’“angelo del tabernacolo” per la sua fede eucaristica, apostolo dei giovani nella zona di Trieste. Ricorderei Semeria, un patriota cristiano, che ha cercato di conciliare fede e vita.

D. – La dimensione internazionale del pellegrinaggio a Lourdes può rafforzare l’esperienza delle missioni di pace all’estero?

R. – Certamente. I nostri militari sono persone che posseggono il Vangelo della solidarietà e dell’accoglienza. Se mi riferisco a Giovanni XXIII, il “cappellano” della Pacem in Terris, direi che questo pellegrinaggio a Lourdes invita tutti a guardare fuori i confini del nostro Paese. A Lourdes, preghiamo per la pace nel mondo ma preghiamo anche per il delicato momento che attraversa l’Italia. Mi pare sia significativo il richiamo, in questo senso, a Papa Giovanni XXIII che, celebrando il centenario dell’Unità d’Italia, disse che la storia tutto vela e tutto svela. Dobbiamo cioè voltare pagina sulle divisioni e incoraggiare la vita democratica dell’Italia e, aggiungerei, una parola bella di preghiera che facciamo nostra a Lourdes che è di Semeria. Impegnato nella riconciliazione tra la Chiesa e la Patria, convinto che l’ingresso dei cattolici nel sociale, poteva rinnovare umanamente e spiritualmente l’Italia. L’incoraggiamento ai nostri soldati è quello di essere fieri per portare a tutti il senso della misericordia della tenerezza e della pace.

D. – Il pellegrinaggio a Lourdes richiama l’impegno del laicato cattolico nel sociale al servizio della democrazia?

R. – I militari vengono da esperienze ecclesiali e credo che come istituzione siano una cerniera molto solida e robusta di intesa tra quelli che sono i veri valori e quella che è la crisi del relativismo, del permissivismo, dell’egoismo. I militari mostrano, con la testimonianza familiare e personale, che vale la pena andare avanti sapendo che la storia è fatta di coraggio, determinazione, ma anche di consapevolezza che nulla va perso di quello che diamo agli altri nella vita.

D. – Il pellegrinaggio a Lourdes arriva alla vigilia della festa della Repubblica italiana del 2 giugno, celebrata con la tradizionale parata militare. Cosa significa festeggiare la Repubblica pensando a quanti sono caduti per l’istituzione repubblicana in missione di pace, o ai due marò ancora bloccati in India?

R. – Credo che la Festa della Repubblica sia una manifestazione di affetto, di vicinanza per coloro che sono testimoni di una carità fatta di rinunce, di sacrificio fino alla vita, di una carità che diventa linfa di speranza per un futuro sereno dei popoli. Credo veramente che i nostri militari diano tutto quello che hanno. Fino ad offrire la loro vita, perché ci sia speranza nel mondo. E qui il pensiero va alle famiglie che soffrono i loro caduti in missione di pace. C’è chi muore in servizio come i nostri militari, come anche i civili che hanno perso la vita recentemente nel porto di Genova. Un pensiero poi a Salvatore e Massimiliano, che saranno presenti spiritualmente a Lourdes e ai Fori imperiali a Roma con la loro fede e anche con il loro coraggio di salvaguardare l’interesse dell’Italia, pur restando in India. Il nostro pensiero a tutti quanti, 24 ore su 24, ci mettono nella possibilità di potere vivere una vita serena, una vita fatta di incontro, dialogo, condivisione e fraternità.







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