2013-05-23 10:59:32

Festival del cinema di Cannes: tre film tra passato e presente


Il 66° festival di Cannes si avvia lentamente alla fine. Ancora tre giorni di proiezioni e poi le varie giurie eleggeranno i vincitori della manifestazione. Nel frattempo il Concorso Internazionale della Selezione Ufficiale ha proposto tre titoli che in una maniera o nell’altra affrontano l’evoluzione dei generi cinematografici, con un occhio al passato e uno alle dinamiche presenti. In “Behind the Candelabra”, rievocazione di un musicista virtuoso, esuberante ed eccessivo tanto sulla scena quanto nella vita privata, Steven Soderberg adotta un dispositivo di travestimento che ben si adatta al personaggio di Liberace e all'epoca che racconta, il passaggio dagli anni 70 agli 80. É un travestimento che si manifesta non solo nell'abbigliamento e nell'estetica «funk» dei protagonisti, ma anche nell'etica comportamentale della loro doppia vita, conforme alle regole sociali puritane in pubblico e ampiamente trasgressiva nel privato. Una sorta di contraddittoria «dolce vita» interrotta bruscamente dall’avvento dell'Aids che, come una bomba, finisce per squassare il tutto, facendo cadere le maschere, individuali e sociali. Nei panni di Liberace, Michael Douglas interpreta benissimo un tale travestimento, giungendo alla perfezione della mimesi. Matt Damon e gli altri attori sono invece un po’ meno efficaci. Quanto a Soderberg, che ancora una volta annuncia il suo ritiro dalla scena del cinema, confeziona un film corretto, talvolta ricco di tocchi umoristici, ma piú spesso malinconico come molti film contemporanei – anche di questa edizione del Festival - che, non potendo trovare motivi di conforto nel presente, ripiegano mestamente sul passato. Anche il regista ciadiano Mahamat Saleh Haroun ha uno sguardo retrospettivo. Il suo film “Griris” non guarda però indietro nel tempo attraverso la storia che racconta, ambientata nell'Africa contemporanea delle metropoli, vere «no man’s land» dove ogni legame di famiglia, ogni tradizione ancestrale, ogni rispetto degli individui è distrutto. Esso guarda al passato trovando il suo dispositivo narrativo nel modello della "blaxlpoitation". Come in questo genere proletario, nato e diffuso fra gli afroamericani negli anni 60, l’intreccio di “Grigris” prevede infatti una ragazza infelice, indotta alla prostituzione, un criminale che controlla il territorio, provvedendo illegalmente ai bisogni della gente, una polizia pressoché invisibile e un eroe segnato dalle difficoltà della vita. Anche se poi questo intreccio di genere si incrocia con la favola africana, con la sua lontana cultura matriarcale, che fa delle donne le vittime e le salvatrici della coesione sociale. Il film convince per la messa in scena essenziale del suo regista, per le ambientazioni – da una parte la città che distrugge i sentimenti e mercifica i corpi, dall’altra il villaggio, che accoglie generosamente i vinti – per l’interpretazione del protagonista, corpo segnato dalla poliomelite e al contempo ballerino acrobata straordinario. C'è poi “La Vie d’Adele” di Abdellatif Kechiche, che si cimenta in una lettura fortemente contemporanea del melodramma. Articolato su due momenti della vita di una donna, la fine dell’adolescenza e l’inizio della vita adulta, il film è un’esplorazione della passione femminile. Adèle legge Marivaux e s’interroga sull’amore. Sente il bisogno di un sentimento forte e alla fine trova nella sessualità femminile ciò che cerca. Il film è interpretato da Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos. (Da Cannes, Luciano Barisone)







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