2013-05-23 14:25:11

Congo. Visita di Ban Ki-moon, tregua tra M23 ed esercito. Migliaia in fuga dai campi profughi


E’ tregua temporanea in Congo, alle porte di Goma. I ribelli del Movimento M23 hanno cessato il fuoco per la visita di Ban Ki-moon, il quale dopo l’incontro con il presidente Joseph Kabila ha ribadito che “ora è il momento per la pace e lo sviluppo''. Oggi il Segretario Generale Onu farà tappa a Goma. In questo scenario migliaia di persone sono scappate dai campi profughi vicino ai quali si stanno scontrando l'esercito regolare e gli ammutinati del Movimento 23 Marzo che lottano, a loro dire, per lo scarso impegno del governo nel Paese. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente a Goma don Piero Gavioli, direttore del Centro giovanile Don Bosco NGangi: RealAudioMP3

R. – Oggi sembra che la tregua sia rispettata. Non ho sentito nessuno sparo, nessun tiro. Noi siamo abbastanza vicini al fronte a 5, 6 km, quindi si sentono i colpi. Ieri alcune bombe sono cadute nel quartiere vicino Mugumba, quartiere in cui c’è il campo profughi. Sono morti una bambina e un ragazzo e ci sono stati feriti. Molti sono scappati. Secondo statistiche, un campo si sarebbe svuotato del 45 per cento e l’altro del 70 per cento.

D. - Ma quante persone sono in questi campi profughi?

R. – Complessivamente si parlava di 120 mila persone. Sono tre campi profughi.

D. – Sono tutti nell’area vicino a voi?

R. – Dal lato opposto della città. Noi siamo verso il confine con il Rwanda, invece i campi profughi ufficiali sono su una strada che va verso Bukavu che fa il giro del lago Kivu.

D. - Queste persone sono venute anche da voi a cercare ospitalità?

R. – Da noi sono venuti quelli che vengono dal nord, cioè dalla zona dei combattimenti, della guerra. Da lì abbiamo ricevuto 500 persone. Noi abbiamo una scuola, quindi abbiamo dato i campi di calcio all’esterno del centro, però può darsi che in giornata vengano altri e che quindi si debba organizzare gli aiuti per queste famiglie.

D. – La popolazione come vive questa situazione?

R. – C’è abbastanza calma. I combattimenti sono a qualche km a nord… E’ chiaro che c’è paura perché ci possono essere morti attraverso le bombe o pallottole vaganti, cose del genere, ma ormai la gente si è abituata.

D. – Cosa servirebbe secondo lei per fermare questa violenza che sta di fatto insanguinando il Congo?

R. – Il gruppo ribelle è chiaramente sostenuto dal Rwanda e in parte forse dall’Uganda, quindi, per noi, la prima cosa è una pressione internazionale molto forte. Poi anche una pressione forse su Kabila, sul nostro governo, perché non ha un atteggiamento molto chiaro. Qualche volta ci sembra quasi che ci siano accordi segreti per far prolungare la situazione e per non risolverla. Quindi pressione dei due lati senz’altro. E poi i gruppi armati vengono perché lo sviluppo è indietro. Il nostro governo anche se si pronuncia per una politica sociale, qui, nella zona non l’ha fatta finora. Ci dovrebbe essere tutto uno sviluppo economico che permetterebbe ai vari giovani di trovare lavoro e di non iscriversi troppo facilmente nei gruppi armati. Le due cose, pressione internazionale e sviluppo.

D. - Viene vissuta con speranza la visita di Ban ki-Moon?

R. – Speriamo perché è un passo in più. Le sue dichiarazioni sono belle però c’è anceh molto scetticismo.

D. - Ban ki- Moon si è espresso anche per un’azione maggiore della Amonusco, la forza di interposizione dell’onu in Congo?

R. – Finora la Amonusco è stata a guardare. Non è che si impegni nella guerra. Per adesso son i congolesi, è l’esercito congolese che si batte.

D. - La popolazione appoggia di più i ribelli M-23 oppure il governo centrale?

R. – La popolazione è stanca da tutte due le parti perché non è che i ribelli siano esemplari. Cercano anch’essi i loro interessi e sfruttano la popolazione e qualche volta anche massacrano. Quindi la popolazione è stanca, non è stata trattata bene e con rispetto. Si spera che la guerra finisca e la guerra finisce quando i ribelli saranno sconfitti o rimandati in Rwanda da dove molti vengono.

D. – Vuole lanciare un appello dai microfoni della Radio Vaticana?

R. – Parlatene perché la gente sappia che qui si continua a morire per niente. I gruppi armati fanno i loro interessi, l’esercito di Kinshasa ha pure i suoi interessi, ma la gente qui vorrebbe soltanto un po’ di pace per coltivare la propria campagna, fare il proprio commercio e fare le proprie cose. Fate pressione sui governi, che si arrivi a una soluzione.







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