Congo. Visita di Ban Ki-moon, tregua tra M23 ed esercito. Migliaia in fuga dai campi
profughi
E’ tregua temporanea in Congo, alle porte di Goma. I ribelli del Movimento M23 hanno
cessato il fuoco per la visita di Ban Ki-moon, il quale dopo l’incontro con il presidente
Joseph Kabila ha ribadito che “ora è il momento per la pace e lo sviluppo''. Oggi
il Segretario Generale Onu farà tappa a Goma. In questo scenario migliaia di persone
sono scappate dai campi profughi vicino ai quali si stanno scontrando l'esercito regolare
e gli ammutinati del Movimento 23 Marzo che lottano, a loro dire, per lo scarso impegno
del governo nel Paese. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente
a Goma don Piero Gavioli, direttore del Centro giovanile Don Bosco NGangi:
R. – Oggi sembra
che la tregua sia rispettata. Non ho sentito nessuno sparo, nessun tiro. Noi siamo
abbastanza vicini al fronte a 5, 6 km, quindi si sentono i colpi. Ieri alcune bombe
sono cadute nel quartiere vicino Mugumba, quartiere in cui c’è il campo profughi.
Sono morti una bambina e un ragazzo e ci sono stati feriti. Molti sono scappati. Secondo
statistiche, un campo si sarebbe svuotato del 45 per cento e l’altro del 70 per cento.
D.
- Ma quante persone sono in questi campi profughi?
R. – Complessivamente si
parlava di 120 mila persone. Sono tre campi profughi.
D. – Sono tutti nell’area
vicino a voi?
R. – Dal lato opposto della città. Noi siamo verso il confine
con il Rwanda, invece i campi profughi ufficiali sono su una strada che va verso Bukavu
che fa il giro del lago Kivu.
D. - Queste persone sono venute anche da voi
a cercare ospitalità?
R. – Da noi sono venuti quelli che vengono dal nord,
cioè dalla zona dei combattimenti, della guerra. Da lì abbiamo ricevuto 500 persone.
Noi abbiamo una scuola, quindi abbiamo dato i campi di calcio all’esterno del centro,
però può darsi che in giornata vengano altri e che quindi si debba organizzare gli
aiuti per queste famiglie.
D. – La popolazione come vive questa situazione?
R.
– C’è abbastanza calma. I combattimenti sono a qualche km a nord… E’ chiaro che c’è
paura perché ci possono essere morti attraverso le bombe o pallottole vaganti, cose
del genere, ma ormai la gente si è abituata.
D. – Cosa servirebbe secondo lei
per fermare questa violenza che sta di fatto insanguinando il Congo?
R. – Il
gruppo ribelle è chiaramente sostenuto dal Rwanda e in parte forse dall’Uganda, quindi,
per noi, la prima cosa è una pressione internazionale molto forte. Poi anche una pressione
forse su Kabila, sul nostro governo, perché non ha un atteggiamento molto chiaro.
Qualche volta ci sembra quasi che ci siano accordi segreti per far prolungare la situazione
e per non risolverla. Quindi pressione dei due lati senz’altro. E poi i gruppi armati
vengono perché lo sviluppo è indietro. Il nostro governo anche se si pronuncia per
una politica sociale, qui, nella zona non l’ha fatta finora. Ci dovrebbe essere tutto
uno sviluppo economico che permetterebbe ai vari giovani di trovare lavoro e di non
iscriversi troppo facilmente nei gruppi armati. Le due cose, pressione internazionale
e sviluppo.
D. - Viene vissuta con speranza la visita di Ban ki-Moon?
R.
– Speriamo perché è un passo in più. Le sue dichiarazioni sono belle però c’è anceh
molto scetticismo.
D. - Ban ki- Moon si è espresso anche per un’azione maggiore
della Amonusco, la forza di interposizione dell’onu in Congo?
R. – Finora la
Amonusco è stata a guardare. Non è che si impegni nella guerra. Per adesso son i congolesi,
è l’esercito congolese che si batte.
D. - La popolazione appoggia di più i
ribelli M-23 oppure il governo centrale?
R. – La popolazione è stanca da tutte
due le parti perché non è che i ribelli siano esemplari. Cercano anch’essi i loro
interessi e sfruttano la popolazione e qualche volta anche massacrano. Quindi la popolazione
è stanca, non è stata trattata bene e con rispetto. Si spera che la guerra finisca
e la guerra finisce quando i ribelli saranno sconfitti o rimandati in Rwanda da dove
molti vengono.
D. – Vuole lanciare un appello dai microfoni della Radio Vaticana?
R.
– Parlatene perché la gente sappia che qui si continua a morire per niente. I gruppi
armati fanno i loro interessi, l’esercito di Kinshasa ha pure i suoi interessi, ma
la gente qui vorrebbe soltanto un po’ di pace per coltivare la propria campagna, fare
il proprio commercio e fare le proprie cose. Fate pressione sui governi, che si arrivi
a una soluzione.