Otranto: le Caritas di Italia e Mediterraneo si incontrano a "MigraMed"
Torna “MigraMed”, l’incontro annuale tra le Caritas europee e del bacino del Mediterraneo,
in particolare nordafricane e mediorientali, che si svolge a Otranto da ieri al 24
maggio. Presenti oltre 60 Caritas italiane, con oltre 100 operatori. Per la prima
volta, anche volontari provenienti da Svizzera, Svezia, Ucraina, Austria e Armenia.
Al centro di questa edizione, il tema della protezione internazionale. Nell’intervista
di Elisa Sartarelli, il direttore della Caritas di Otranto, don Maurizio
Tarantino:
R. – La produzione
internazionale consiste in realtà nell’accoglienza dei rifugiati politici o delle
persone che scappano da situazioni di violenza. Siccome le aree di crisi stanno aumentando
notevolmente nel mondo – pensiamo alla situazione in questo periodo, in modo particolare
della Siria – è evidente che i Paesi che accolgono devono in qualche modo strutturare
questa accoglienza, tenendo conto che non si tratta di migranti, lo dico in maniera
brutale, ma si tratta di persone che scappano da situazioni alcune volte drammatiche.
D. – Dopo la "primavera araba", scaduta l’ultima proroga concessa dal governo,
molti rifugiati sono rimasti in Italia senza l’assistenza che avevano ricevuto in
un primo momento. Come stanno operando le Caritas italiane a questo riguardo?
R.
– Le Caritas in Italia stanno continuando ad assicurare evidentemente l’accoglienza
di queste persone, ma è evidente che ciò diventa un problema molto grande. Noi non
possiamo ovviamente dire: “E’ finita la fase dell’emergenza, andatevene via!”. Si
tratta quindi di trovare strumenti legislativi, perché possa essere assicurato a queste
persone, adesso, un percorso di reinserimento. Oppure, possano essere aiutate, laddove
questo sia possibile, a ritornare nei loro Paesi.
D. – Quest’anno è la Puglia
ad ospitare il Meeting internazionale e si parlerà della passata vicenda albanese,
dopo 20 anni dall’immigrazione che ha interessato in particolare questa terra...
R.
– Sì, questa terra ricorda ormai da 20 anni i grandi sbarchi, quelli avvenuti nel
’91 con gli albanesi e poi l’emergenza del Kosovo. Questa terra si conferma, però,
in qualche misura, per la posizione geografica, una terra di accoglienza. In realtà
è, molto spesso, il primo approdo per le persone che arrivano. Credo che da questo
punto di vista, per quanto ci riguarda come Caritas, siamo chiamati a ricordarlo anche
nei progetti pastorali ordinari. Io credo che la pastorale debba partire proprio dall’attenzione
concreta al territorio, lì dove si trova. Allora, la Puglia diventa da questo punto
di vista una specie di avamposto, perché l’accoglienza diventi sempre più una realtà
ordinaria nel cammino delle nostre chiese.