Femminicidio: più centri anti-violenza e un cambiamento di mentalità
Una proposta di legge sul femminicidio e le violenze in famiglia è stata presentata
nella sala stampa della Camera da parlamentari del Centro Democratico e dall’Associazione
“Valore donna”. Ma di violenza sulle donne si è parlato anche in un incontro promosso
a Roma dal ministro per le Pari opportunità, Josefa Idem, al quale sono intervenuti
i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Tanti gli aspetti
analizzati per un fenomeno complesso che oltre a norme adeguate, richiede misure di
prevenzione, di protezione delle vittime e un cambio di mentalità collettivo. Adriana
Masotti ne ha parlato con Emanuela Moroli, presidente dell’associazione
“Differenza Donna”:
R. – Noi abbiamo
preso parte alla riunione di cui lei parla e abbiamo fatto le nostre proposte. Se
mi chiede quale sia la cosa più urgente, la cosa più urgente è aumentare il numero
dei centri antiviolenza. Noi, infatti, ne abbiamo ben 5 a Roma e ciò nonostante tutti
i giorni dobbiamo dire a donne che sono in pericolo di vita che non possiamo accoglierle
perché non abbiamo posto. Quindi, la prima cosa, la più urgente, è aumentare il numero
dei centri antiviolenza. Inoltre, è necessario anche rendere possibile la loro vita
perché in Italia i centri antiviolenza sono strutture che vengono sostenute pochissimo
e questo è gravissimo. Non si più lavorare senza un sostegno economico da parte delle
istituzioni quando il tema è la violenza sulle donne, il femminicidio.
D.
– Il presidente del Senato, Grasso, ha assicurato il suo massimo impegno perché venga
costituita al più presto una commissione parlamentare per studiare il fenomeno. Ma
c’è ancora bisogno di studiare?
R. – Sì, c’è bisogno di questa commissione.
L’abbiamo chiesta noi di "Differenza Donna" per prime e ci teniamo molto che si metta
in piedi questa Commissione perché ci sono tante cose da studiare. La prima è capire
come evitare ancora che le forze dell’ordine quando una donna arriva in questura o
negli uffici dei carabinieri, e chiede di essere in qualche modo aiutata e protetta
perché rischia la vita, la denuncia di questa donna finisce dentro un cassetto e lì
giace con il risultato che torna a casa e magari ci rimette la pelle. Bisogna capire
come portare avanti ancora molte cose. Questa di formare le forze dell’ordine a un
diverso atteggiamento nei confronti delle donne che subiscono violenza è una delle
più urgenti.
D. – Poi, c’è forse da formare anche il personale sanitario…
R.
– Sicuramente. Anche i tribunali hanno bisogno di una sensibilizzazione e non parliamo
dei Pronto Soccorso per i quali noi abbiamo messo a punto un codice rosa, proprio
per aiutarli ad intervenire con le donne che hanno subito violenza, in modo diverso
da chi ancora crede che sono cadute dalle scale. Ci sarebbero molte cose da dire in
proposito.
D. - Ci sono poi aspetti che sembrano più lontani, non direttamente
attinenti; quello, ad esempio, educativo, dell’informazione, della pubblicità.
R.
– Certo, è una cosa fondamentale. Se non si cambia la cultura dei più giovani, non
avremo mai una condizione diversa per le donne del nostro Paese e questa è un’altra
delle cose fondamentali. Ma, come vede, complessivamente, c’è una cultura da ribaltare
perché finora il valore di una donna contenta, felice e libera non è stato considerato
un valore. Invece, una donna in grado di esprimere tutte le sue potenzialità è una
grandissima risorsa per tutta la società. E una donna che subisce violenza e quindi
è rassegnata, svalorizzata, incerta, non può mai esprimerle.
D. – Concludiamo
allora proprio su questo perché, tornando all’incontro di oggi, Pietro Grasso ha detto
anche: la nostra è ancora una società maschilista…
R. – Ha ragione, ha assolutamente
ragione. Noi lo tocchiamo con mano tutti i giorni, incontrando ogni giorno decine
e decine di donne che di questa società maschilista sono vittime.