L’Unione Europea media le tensioni tra Kosovo e Serbia
Kosovo e Serbia si incontrano in Belgio. Oggi, a Bruxelles, i leader di Pristina e
Belgrado, con la mediazione Ue, siedono insieme intorno ad un tavolo per riuscire
a trovare un'intesa sull'attuazione dell'accordo raggiunto lo scorso aprile. Al centro
dell'incontro, lo smantellamento, nel Nord del Kosovo, delle strutture parallele di
governo serbe. Nel pomeriggio, la rappresentante per la politica estera Ue, Catherine
Ashton, avvierà i colloqui bilaterali con il primo ministro serbo, Ivica Dacic, e
poi con il primo ministro kosovaro, Hashim Thaci. Massimiliano Menichetti ha
raccolto il commento di Matteo Tacconi, esperto dell’area:
R. – Il contesto
è quello dell’implementazione degli accordi che sono stati sottoscritti il 19 aprile
a Bruxelles, su mediazione della Ashton stessa, tra la Serbia e il Kosovo. Questa
intesa, per sintetizzare, crea uno status quo accettabile nel nord del Kosovo, che
era la fonte di maggiore di attrito tra i due Paesi.
D. – Nodo spinoso dunque
il nord del Kosovo a maggioranza serba, che non riconosce l’autorità di Pristina…
R.
– L’accordo sottoscritto il 19 aprile scorso prevede un parziale smantellamento. La
Serbia smantella la sua polizia parallela e la fa confluire in quella kosovara, mantenendo
però il diritto di nomina sul comandante, che sarà un serbo, dei distretti a maggioranza
serba. Stessa cosa per la giustizia. I tribunali paralleli serbi confluiscono in quelli
kosovari, però ci sarà una speciale Corte d’appello, con una maggioranza di giudici
serbi che decide sui reati commessi dai serbi stessi. Quindi, la Serbia – se uno va
a guardare la fotografia reale della situazione nel nord del Kosovo – smantella in
parte le sue istituzioni parallele, ma ottiene in cambio il più ampio grado di autonomia
che una minoranza possa vedere per ora in Europa. Dall’altra parte, il Kosovo non
riesce a dispiegare totalmente la sua sovranità statuale però, di fatto, un po’ la
ottiene. E' un accordo quindi che non accontenta del tutto nessuno, ma nemmeno scontenta
del tutto le parti.
D. – Dunque, si fortificherà questo accordo, si implementerà?
R.
– Personalmente, credo che l’implementazione andrà a buon fine, anche perché la Serbia
a giugno può ottenere il via libera per l’avvio dei negoziati per l’ingresso nell’Unione
Europea. Quindi, significa che se non l’implementa, i negoziati non partono. Questi
accordi, anche per il Kosovo, hanno aperto un dialogo serio e concreto con l’Unione
Europea, tant’è che si parla di firma degli accordi di associazione e stabilizzazione,
che significano area di libero mercato, possibilità di esportare e potenziale liberalizzazione
del regime dei visti. Questa, per il Kosovo, è una questione di vitale importanza.
D.
– Gli oppositori all’indipendenza del Kosovo rimangono Russia, Cina…
R. – Il
fronte non è cambiato. Il punto è che questo accordo che c’è stato non va a sbloccare
la situazione dei riconoscimenti e la questione della Russia e della Cina, così come
la Serbia. La Serbia non riconoscerà ufficialmente il Kosovo, anche se questo accordo
ha creato una sorta di riconoscimento de facto di alcune strutture dello Stato
kosovaro. Però, queste sono questioni che verranno decise in un futuro e credo nemmeno
tanto prossimo. Per adesso, la cosa importante era raggiungere un modus vivendi
nel nord del Kosovo. Mi pare che da parte di entrambi gli Stati ci sia stato un passo
importante in termini di responsabilità e questo grazie anche alla Ashton, che li
ha messi davanti a un bivio: firmare questo accordo, oppure rimanete nell’isolamento.
Questo dimostra anche che l’Unione Europea, quando decide di negoziare, riesce a far
valere le sue ragioni, soprattutto se riesce a evocare uno spazio concreto di dialogo
europeo e di integrazione.