I migranti soffrono la crisi ma non tagliano i soldi che mandano a casa
Nel 2012, più di 60 milioni di lavoratori provenienti dal continente asiatico hanno
spedito a casa più di 260 miliardi di dollari. Nei Paesi in via di sviluppo arriva
ben oltre la metà del totale di tutte le rimesse degli emigrati del mondo. È quanto
emerge dal Rapporto che l’Ifad presenterà al Forum globale sulle Rimesse che inizia
domani a Bangkok, con la partecipazione della Banca Mondiale e l’International Association
of Money Transfer Networks. L’Ifad, che dal 1978 ha investito circa 14 miliardi di
dollari in donazioni e prestiti a tassi agevolati per finanziare progetti nei Paesi
in via di sviluppo, chiede attenzione per queste risorse e misure concrete come il
taglio dei costi per l’invio del denaro perché le rimesse dei migranti non siano un
business per agenzie internazionali ma vadano davvero tutte a favore delle popolazioni.
Di questo flusso di aiuti, che interessa in particolare l’Asia, Fausta Speranza
ha parlato con Pedro De Vasconcelos, coordinatore dei programmi sulle rimesse
dell’Ifad, Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo:
R. – 450 billion
dollars that are going to developing Countries worldwide … Sono 450 miliardi di
dollari che vanno nei Paesi in via di sviluppo da tutto il mondo, e nel caso particolare
dell’Asia parliamo di 260 miliardi di dollari di rimesse. E’ il più grande flusso
e corrisponde al 63 per cento del flusso mondiale delle rimesse. Vediamo, ad esempio,
che nove Paesi in Asia hanno un prodotto interno lordo nel quale il flusso delle rimesse
corrisponde ad oltre il 10 per cento del Pil, fino a raggiungere, in alcuni casi,
un picco del 50 per cento, come è il caso del Tagikistan. E c’è da dire che quasi
il 40 per cento, in alcuni casi di più, va alle zone rurali: si tratta di povera gente
che riceve 200, 300 dollari tutti insieme dalle famiglie che sono all’estero … L’impatto
che questo produce sulla vita quotidiana di queste persone è immenso! In molti casi,
oltre l’80 per cento di questi importi è destinato al cibo, all’abitazione, al vestiario:
tutte queste necessità di fondo che sono imperative. Un po’ di quel che rimane viene
investito nell’agricoltura, nelle fattorie, nei villaggi e così via. Pagano sempre
tanto, ed è molto difficile ricevere il denaro nelle zone rurali. Se riuscissimo a
ridurre i costi delle rimesse, avremmo già fatto molto.
D. – Cosa fare, quindi?
R.
– Give them more options to use these funds; more options that actually push … Dare
loro più opzioni per l’uso di questi fondi; dare loro opzioni diverse da quelle che
spingono i migranti ad andare via, ad andare nelle zone urbane e in alcuni casi addirittura
a lasciare il Paese ed andare all’estero. Se si creassero, nei Paesi d’origine, le
condizioni per cui non fosse necessario emigrare, questo sarebbe il risultato migliore
ottenibile. Quindi, come fare perché le rimesse producano questo effetto è – credo
– il nocciolo della questione.
D. – Quindi, parliamo delle politiche dei governi,
del ruolo delle banche, delle prospettive di investimento per queste persone …
R.
– Absolutely! As you can see, it’s a multisectoral approach. It’s not just … Certamente.
Come lei vede, si tratta di un approccio multisettoriale. Non si tratta soltanto di
prezzi al mercato, nemmeno soltanto della volontà dei migranti di investire: è una
combinazione di tutto questo. Io credo che questo sia ben rappresentato nel forum
globale sulle rimesse, che si svolgerà la settimana prossima. Sarà rappresentato il
settore pubblico, la società civile e il settore privato, tutti insieme con lo scopo
di cercare strade per migliorare, in questo caso specifico, il mercato delle rimesse
verso l’Asia e per garantire il massimo valore alle rimesse che vengono fatte ogni
anno.
D. – Per quanto riguarda la crisi, cosa emerge dal Rapporto?
R.
– Regarding the crisis actually in Asia, we see that they were not affected that … Per
quanto riguarda la crisi in Asia, abbiamo potuto constatare che il settore non è stato
toccato eccessivamente. I soldi sono cruciali per chi riceve: questo è quelo che pensa
chi manda i soldi a casa. E dunque l’assorbimento dello shock della crisi è avvenuto
a livello delle famiglie che inviano il denaro. Loro vivono con il meno possibile
per garantire alle loro famiglie di ricevere di più. E questo nel massimo sacrificio
che stanno compiendo, che è quello di lasciare a casa i loro cari, venire per cercare
di avere una vita migliore, per essere in grado di mandare denaro a casa. Quindi,
in effetti la crisi in quella particolare zona del mondo non è stata sentita tanto
quanto magari in altre aree. Ma ovunque si tratta dello stesso fenomeno mondiale:
in tutta la crisi finanziaria alla quale abbiamo assistito negli anni – nel mondo,
in Europa – abbiamo visto che il flusso delle rimesse può scendere fino al 10 per
cento, ma poi si riprende, perché la necessità, a casa, c’è veramente.