Siria: le forze di Assad in campo per la ripresa di Qusseir, almeno 13 morti
In Siria raid aereo sulla città di Qusseir, nel centro del Paese. Almeno 13 le vittime
secondo fonti umanitarie, che parlano anche di incursioni via terra con l’appoggio
di miliziani di Hezbollah libanesi. E secondo il Sunday Times, Damasco ha spostato
le proprie batterie di missili Tishreen puntandole contro Tel Aviv e avverte Israele:
colpiremo in caso di un nuovo raid in territorio siriano. A livello diplomatico anche
l’Iran ha minacciato Israele di aprire il fronte di guerra delle Alture del Golan,
mentre il presidente Assad – che ha detto di non avere notizie sulla sorte del giornalista
italiano, Domenico Quirico - è tornato ad escludere la sua uscita di scena. La Russia,
invece, è impegnata in una serie di incontri diplomatici in vista della Conferenza
Internazionale sulla Siria in programma a giugno a Ginevra. Mosca, però, conferma
anche la fornitura di armamenti a Damasco in chiave anti-israeliana. Sull’atteggiamento
russo, Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Torelli, esperto di Medio Oriente
dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI):
R. – La Russia
sta, evidentemente, dicendo alle controparti occidentali che in questo momento ancora
non vi sono forse le condizioni necessarie per arrivare ad un’intesa sulla Siria.
La dichiarazione di Mosca di fornire armi a Damasco in parte, secondo me, può essere
una risposta non tanto alle dichiarazioni degli Stati Uniti, ma a quelle del premier
britannico Cameron, che ultimamente hanno spinto molto di più verso un sostegno più
concreto ai ribelli. E' vero, per Damasco c’è anche la questione di Israele... Però
a me sembra più un pretesto che altro.
D. – L'atteggiamento di Mosca è motivato
dal timore che il fronte abbastanza indecifrabile degli insorti possa essere un rischio...
che gruppi estremisti possano riversarsi nelle zone calde del territorio russo?
R.
– La Russia, di fatto, è uno degli obiettivi dei fronti del cosiddetto Jihad internazionale:
la questione cecena è sempre lì e le reti del jihadismo internazionale non smettono
mai, nei loro proclami, di nominare anche la Cecenia, come uno dei più importanti
teatri di scontro, insieme alla Siria. La preoccupazione di Mosca può essere anche
quella che un lasciar fare agli islamisti in Siria possa "gonfiare" ancora di più
le reti del Jihad internazionale che poi, un domani, finito il conflitto siriano,
potrebbero riversarsi su altri fronti ancora aperti. La Cecenia sicuramente è uno
di questi fronti. Del resto con la guerra in Iraq è successo lo stesso.
D.
– Anche gli Stati Uniti sembrano temporeggiare in attesa di capire meglio la composizione
del fronte degli insorti...
R. – Sì, questo è vero E c’è da ripetere sempre
che, se gli Stati Uniti continuano a temporeggiare, è anche perché evidentemente in
questo momento non hanno le risorse necessarie per intervenire direttamente in un
ennesimo conflitto mediorientale.