2013-05-15 07:58:21

Siria: stimati oltre 94mila morti. Faccia a faccia sulla crisi tra Putin e Netanyahu


Sono oltre 94mila le vittime del conflitto siriano. Ad affermarlo gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, correggendo al rialzo la stima di due giorni fa, che contava 82mila persone uccise. Il bilancio, in realtà, potrebbe essere ancora più grave, arrivando fino a 120mila vittime, vista la reticenza di entrambe le parti a fornire dati completi. Marina Calculli:RealAudioMP3

L’osservatorio siriano per i diritti umani fa un bilancio delle vittime al rialzo rispetto alle ultime stime divulgate dell’Onu: i morti dal 15 marzo 2011 sarebbero ormai oltre 94mila. Fame, povertà e frustrazione all’interno di un Paese martoriato danno sfogo ad atti di bestialità. Intanto mentre la diplomazia internazionale fa pressione su Bashar Al Assad, lo stato dell’opposizione politica e militare al regime assomiglia sempre più a un complesso mosaico. Ieri “l’Unione dei democratici siriani” ha annunciato la sua nascita. Questo gruppo, che comprende alcune note figure intellettuali come Michel Kilo, si è posto l’obiettivo di controbilanciare il montare del discorso islamista tra le varie anime dell’opposizione. Il moltiplicarsi di gruppi però sfugge alla concretezza: la Lega Araba - che pure aveva concesso alla Coalizione siriana di sedere alle assemblee nel posto occupato dal regime prima del 2011 - ha annunciato che fino a quando non si formerà un governo il seggio siriano rimarrà vuoto.

E di Siria si è parlato ieri pure a Sochi, durante l’incontro tra il presidente russo Putin ed il premier israeliano Netanyahu. I due leader hanno parlato del rischio di destabilizzazione per l’intera regione e della necessità di un’azione politica per risolvere la crisi. Sentiamo Giuseppe D’Amato:RealAudioMP3

Evitare azioni che “possano ulteriormente destabilizzare il conflitto siriano”. Questo il consiglio di Vladimir Putin al premier Netanyahu. Mosca si è mostrata particolarmente preoccupata per i recenti attacchi aerei israeliani in territorio siriano. Netanyahu gli ha risposto che il suo Paese mira alla pace con tutti i vicini, ma “sappiamo per esperienza, ha detto il premier, che la pace la si fa solo con i forti, con quelli che sono in condizione di difendersi”. Queste le dichiarazioni ufficiali. Nel corso dell’incontro a porte chiuse, durato un’ora più del previsto, i russi sono stati messi al corrente della situazione militare sul campo. Un autorevole quotidiano israeliano, citando una fonte anonima nella propria delegazione, asserisce che si sarebbe parlato di armi chimiche usate contro gli oppositori di Assad. Netanyahu avrebbe chiesto ai russi di non consegnare i sistemi anti-missilistici SS-300, già acquistati dai siriani.

Intanto c’è un clima d’attesa per la conferenza internazionale sulla Siria, annunciata da Obama, probabilmente per giugno a Ginevra. Damasco aspetta di conoscere i dettagli del summit, prima di decidere se aderire o meno, mentre un nuovo vertice dei cosiddetti “Amici della Siria” si terrà la prossima settimana ad Amman, in Giordania, proprio per preparare l’appuntamento di Ginevra. Francesca Sabatinelli ne ha parlato con Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale:RealAudioMP3

R. - Evidentemente, non è ancora chiaro in cosa consisterà questa Conferenza internazionale: non è chiaro, per esempio, quali saranno le differenze con l’attuale consesso internazionale che è quello degli “Amici della Siria”, e non è ancora chiaro neanche quali saranno i veri protagonisti e i partecipanti a questa Conferenza. Il Comitato nazionale siriano, che un po’ raggruppa tutti i ribelli contro il regime di Assad, ha fatto chiaramente intendere che qualora non fosse reso esplicito nelle intenzioni di questa Conferenza di cacciare Assad, o comunque di immaginare un futuro senza Assad per la Siria, non è disposto a partecipare.
D. - Che è poi la posizione della Turchia e di alcuni Paesi arabi, come l’Egitto, l’Arabia Saudita e il Qatar: nessuno intende accettare una transizione politica in Siria con la presenza di Bashar al-Assad...
R. - Gli attori regionali sembrano essere molto più propensi a una risoluzione anche armata, come stanno dimostrando nel conflitto, e molto più intenzionati a far sì che il regime di Assad cada o, nel caso di altri attori internazionali come l’Iran, che il regime di Assad resti. E’ chiaro come le potenze e gli attori regionali sentano molto più vicino questo conflitto e partecipino poi, in un modo o nell’altro, al conflitto molto più di attori internazionali per i quali le ripercussioni del conflitto siriano, per il momento, sono comunque abbastanza indirette.
D. - Prendiamo la posizione degli Stati Uniti: dopo l’incontro con il premier britannico Cameron, il presidente Obama ha ribadito come la linea rossa sia indicata dall’uso o meno di armi chimiche. Queste sono dichiarazioni che sono in ballo ormai da settimane…
R. - Sì. La famosa "linea rossa" che Obama aveva tracciato, oltre la quale - si diceva - non si sarebbe potuto tollerare ancora l’azione repressiva del regime di Assad, non si capisce neanche bene se sia stata superata realmente o no. Pochissimi giorni fa, settimane fa, gli Stati Uniti hanno ufficialmente accusato il regime di Assad di aver effettivamente fatto ricorso alle armi chimiche e molti analisti e osservatori hanno fatto notare che forse non è stato un caso che soltanto un paio di giorni dopo sia stato compiuto il famoso raid da parte di Israele all’interno della Siria - quasi un "messaggio", per interposta persona, da parte degli Stati Uniti. Certo è che, nonostante tutto e nonostante le minacce anche e gli avvertimenti fatti da Washington, sembra abbastanza chiaro che in questo momento gli Stati Uniti non abbiano intenzione di intervenire direttamente nel conflitto. Una delle motivazioni principali è quella di carattere strategico-economico: negli ultimi dieci anni, gli Stati Uniti si sono già impegnati su due fronti - quello iracheno e quello afghano - e le perdite umane, ma anche le risorse in termini finanziari ed economici spese sono state tante, al punto tale che gli Stati Uniti oggi non potrebbero permettersi il coinvolgimento in un altro conflitto. La mediazione più efficace potrebbe essere soltanto quella - evidentemente - con la Russia, che a livello internazionale è quella che è più di tutti è restia ad abbandonare completamente il regime di Assad.
D. - E’ evidente, in ogni caso, la terribile situazione di stallo in cui si è finiti, con un conteggio ormai neanche più quantificabile di morti…
R. - Sì. Secondo cifre ufficiali dell’Onu, siamo ormai a più di 80 mila morti, secondo alcuni abbiamo addirittura superato i 100 mila. E’ chiaro che non è neanche più tanto il numero, la quantità in sé il vero nodo della questione, purtroppo. Il vero problema è questa situazione di stallo completo che si è venuta a creare e che fatica a trovare una soluzione di qualsiasi tipo. Se la situazione dovesse restare così, e quindi tutto dovesse essere deciso soltanto dalle forze in campo, purtroppo credo che dovremmo aspettarci ancora molte migliaia di vittime e chissà quanti mesi ancora di combattimenti, prima che l’una o l’altra parte prevalga sull’altra.







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