Oltre 2500, nel 2012, gli assistiti dall'associazione "Avvocato di strada": sempre
di più gli italiani
Oltre 2500 cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari sono stati assistiti,
nel 2012, dall’Associazione “Avvocato di strada”. E’ quanto emerge dal rapporto annuale
di questa associazione Onlus. Rilevante l’aumento delle pratiche dei migranti a seguito
dell’emergenza Nord Africa, con l’arrivo di persone dalla Tunisia e dalla Libia, come
conferma il presidente dell’Associazione, Antonio Mumolo, al microfono di Elisa
Sartarelli:
R. – Noi abbiamo
sempre avuto molte pratiche relative ai migranti. In questo caso, però, ci sono state
tantissime domande di rifugio politico e protezione internazionale. Ovviamente, queste
domande devono essere seguite dal punto di vista giuridico.
D. – Oltre alle
pratiche legate all’immigrazione, vi occupate anche del diritto alla residenza e al
lavoro dei senza dimora...
R. – Il fatto che affrontiamo tante di queste questioni
ci dice anche che è cambiata la tipologia delle persone che sono in strada. Un tempo
in strada avevamo persone che erano diventate povere ma insieme a questo avevano altre
problematiche: ad esempio problemi di tossicodipendenza, di alcolismo e problemi di
natura psichica. Oggi in strada ci sono persone che non hanno questi problemi. Il
numero degli italiani negli ultimi tre anni è raddoppiato. Ci sono persone in strada
che semplicemente sono diventate povere e che mai si sarebbero aspettate di finire
in strada. Ci sono, quindi, padri separati, imprenditori falliti, piccoli artigiani
che hanno dovuto chiudere, lavoratori a 50 anni licenziati, pensionati al minimo che
non ce la fanno più a pagare affitti, bollette e che se non hanno persone intorno
finiscono in strada. Tra l’altro, sono i soggetti più difficili da aiutare, perché
si vergognano di questa situazione. L’aumento di quelle pratiche, relative alla residenza
e al lavoro, è frutto di questa nuova situazione. La situazione attuale è un generale
impoverimento degli italiani e un’enorme difficoltà delle persone che diventano deboli
ad ottenere un qualsiasi tipo di aiuto dallo Stato.
D. – E’ corretto dire che
molti "senzatetto" preferiscono restare senza residenza e senza diritti, perché a
loro carico ci sono debiti crescenti, dovuti al mancato pagamento di tasse e imposte?
R.
– Per quanto riguarda la nostra esperienza, questa cosa è vera relativamente, perché
restare senza residenza significa non avere nessun diritto e nessuna possibilità di
intraprendere un percorso lavorativo. Senza residenza, infatti, non si può lavorare,
non si può percepire una pensione, anche se si ha il diritto a quella pensione, e
non si può usufruire del Servizio sanitario nazionale. Noi abbiamo fatto tantissime
pratiche sulla residenza, perché è un diritto individuale, soggettivo, che deve essere
tutelato, tanto che con queste pratiche siamo riusciti a far uscire molte persone
dalla strada. Certo, nel momento in cui una persona prende la residenza, se ha dei
debiti, il creditore glieli può chiedere. E’ una cosa, però, molto, molto relativa.
Intanto, perché se uno non ha soldi e vive in un dormitorio o in strada, gli si può
chiedere qualsiasi cosa, ma non si ottiene nessun risultato, non avendoceli. In secondo
luogo, molti di questi debiti possono essere cancellati, per tantissimi motivi.
D.
– In che modo riuscite a farvi conoscere da persone ormai ai margini della società
e dai suoi canali di comunicazione?
R. – Noi apriamo uno sportello di avvocato
di strada solamente all’interno di associazioni di volontariato laiche o cattoliche,
che però si occupino realmente delle persone senza dimora. L’associazione, quindi,
fa da tramite tra lo sportello, che è un servizio a bassa soglia, senza filtri e aperto
a tutti, e la strada. Inoltre, quando apriamo uno sportello, lo apriamo all’interno
di un’associazione, ma è un servizio per tutta la città, per i servizi sociali e per
tutte le altre associazioni e, quando lo apriamo, cerchiamo nel nostro piccolo di
pubblicizzare questo evento, organizzando una presentazione pubblica dello sportello
di avvocato di strada e invitando tutte le associazioni di volontariato del territorio
che si occupano delle persone senza dimora. Poi, c’è l’altro mezzo di diffusione della
notizia, che è il tam tam tra le persone che sono in strada, che effettivamente funziona,
perché quando si rendono conto che è un servizio utile all’uscita dalla strada, e
non solo alla tutela dei diritti, le persone arrivano.