Pakistan al voto: prima transizione democratica, fortemente osteggiata dai talebani
Sono cominciate da qualche ora le operazioni di voto in Pakistan, per il rinnovo dell'Assemblea
nazionale e quattro assemblee provinciali. Circa 89 milioni le persone aventi diritto.
Ma anche ieri l’ennesimo episodio di sangue: ucciso un candidato indipendente a karachi,
nel sud. La campagna elettorale, in particolare nelle zone tribali al confine con
l’Afghanistan, è stata segnata dalla violenza e fino all’ultimo i talebani hanno cercato
di tenere la gente lontano dai seggi con minacce di morte. Il servizio di Maurizio
Salvi:
“Le operazioni
di voto sono in corso da alcune ore in tutto il Paese al termine di una campagna elettorale
caratterizzata da forti tensioni e da un gran numero di vittime. Lo scontro è stato
particolarmente acuto fra un certo numero di partiti che difendono con diverse sfumature
il sistema democratico ed i talebani pachistani che ne accusano alcuni di voler utilizzare
la democrazia come cavallo di Troia per rafforzare un modello di Stato secolare contrario
ai principi dell’Islam. Hanno anche promesso alla vigilia di voler fare tutto il possibile
per sabotare il processo elettorale, suggerendo alla popolazione di non avvicinarsi
ai seggi per non rischiare la vita. Questa situazione ha un po’ offuscato la soddisfazione
delle autorità per il fatto che ci si trovi di fronte alla prima transizione democratica
di un governo che ha completato il suo mandato quinquennale in un Paese, come il Pakistan,
potenza nucleare, che ha vissuto oltre la metà dei suoi 66 anni di indipendenza sotto
regimi dittatoriali. E a questo si aggiunge anche l’incertezza per un risultato difficilmente
prevedibile considerato che 40 milioni di persone votano per la prima volta. E la
cancellazione dalle liste elettorali di ben 35 milioni di votanti risultati inesistenti.
Da Islamabad, Maurizio Salvi per la Radio Vaticana”.
Dell’importanza di queste
elezioni generali che sono le più incerte e violente della storia recente del Pakistan,
Lidia O’Kane, ha parlato con padre Robert Mc Culloch, sacerdote della
Società di San Colombano per le missioni estere, missionario in Pakistan da oltre
32 anni:
R. – It’s a
very historical significant event in the political life of Pakistan … E’ un evento
storico ed importante nella vita politica del Pakistan come Paese: il fatto che ci
sia stato questo completamento, coronato di successo, da parte del governo precedente
– un governo civile che ha lavorato per cinque anni – e non solo. Infatti, c’è stata
anche una transizione di successo che ha portato a queste elezioni. Questo dà un’indicazione
in merito alla maturità del procedimento politico in Pakistan; in realtà, la dice
lunga anche sulla maturità riguardo alla comprensione del ruolo dei militari nel tessuto
della vita del Pakistan: significa che non è necessario che intervengano quando nasce
un problema o si verificano delle difficoltà nell’arena politica, perché affrontare
questi ricade ora nell’ambito delle responsabilità del processo politico. Ecco: queste
sono le elezioni che ci troviamo di fronte. Credo che la convinzione della gente in
Pakistan che queste elezioni debbano svolgersi comunque è l’elemento che ha superato
la violenza attuale. Ma ci sono ostilità grandissime sia all’interno degli stessi
partiti politici, sia tra i partiti politici.
D. – Parliamo della comunità
cattolica in Pakistan …
R. – I would say, first of all, there is a problem
within Pakistan, that they themselves … Direi prima di tutto che c’è un problema
all’interno del Paese, ed è che i cristiani stessi non sono sufficientemente organizzati,
per quanto riguarda il voto, in modo da poter essere in grado di influenzare le elezioni.
Se poi si osserva la situazione dei partiti, è necessario considerare la situazione
– dal punto di vista dei cristiani – partendo da fatti passati e dalla retorica del
presente, e poi vedremo quali saranno i risultati. Prendiamo ad esempio Imran Khan:
nel suo partito è un leader molto carismatico; ma è un leader carismatico che sa "suonare
qualsiasi tipo di musica" per qualsiasi tipo di uditorio che vuole sentire quella
specifica musica. In un messaggio particolare rivolto ai giovani della classe media
emergente a Karachi dirà una cosa; alle genti delle zone tribali e nelle zone frontaliere
del Nord del Pakistan dirà un’altra cosa … Recentemente, ancora, circa due settimane
fa, nel Punjab meridionale, egli ha pensato di riesumare la retorica esclusivista
ed escludente dei dittatori militari, ponendo quella domanda: “Cosa significa Pakistan?”,
e per risposta ha citato una risposta musulmana, dicendo – in altre parole: “Pakistan
significa uno Stato islamico”. Ecco, quindi questo tipo di incertezze da parte di
vari leader in realtà credo che rappresentino una minaccia per i cristiani in Pakistan.