No alla violenza verbale: così Napolitano nel giorno delle vittime del terrorismo
sottolinea i rischi “eversione”
Dagli anni di piombo si devono trarre lezioni: così il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano ha ricordato la Giornata delle vittime del terrorismo, che coincide
con l’anniversario del delitto Moro. Il primo insegnamento – dice – è sul legame tra
violenza verbale e eversione. Il servizio di Fausta Speranza:
“La violenza
va combattuta e fermata prima che si trasformi in eversione”: l’appello di Napolitano
è forte e chiaro: non possiamo essere tranquilli – dice - di fronte a estremizzazioni
violente, anche solo sul piano verbale o della propaganda politica”. E il presidente
del Senato, Grasso, aggiunge: “negli anni di piombo la politica lasciò correre troppe
parole: capì la portata del fenomeno terrorista con colpevole ritardo solo dopo il
rapimento e l'uccisione di Aldo Moro”. Sul fenomeno successivo di corrosione dei partiti,
lo storico Eugenio Capozzi, docente di culture politiche e ideologie all’Università
Suor Orsola Benincasa di Napoli:
l’approfondimento di tutti gli aspetti
e i retroscena del caso Moro ci riconducono a un nodo storiografico fondamentale:
il significato di quell’evento nel cambiamento del sistema politico e della dialettica
politica italiana, la fine di una stagione politica, quella della cosiddetta 'Repubblica
dei partiti', l’inizio di una decadenza del sistema politico che ha il suo culmine
all’inizio degli Anni 90, con la fine della cosiddetta 'Prima Repubblica'”.
Dunque,
il filo rosso del crollo dei partiti e di riforme sempre evocate e mai realmente attuate
fino al disorientamento di oggi. Ma la forza delle parole di Napolitano a 35 anni
dall’eccidio Moro è nell’accostamento per la prima volta della terribile parola “eversione”
al sottovalutato termine dell’antipolitica.